di Giorgio Vaiana
A parlare è Rosaria Tarantini, avvocato che insieme al collega Marco Pisano si è occupata della difesa dell’Igt Isola dei Nuraghi nel ricorso presentato al Tar da quattro consorzi della Sardegna.
Alla fine, come raccontavamo in questo articolo>, il Tar ha dato ragione alla Igt. Quindi sarà possibile mettere in etichetta il nome del vitigno utilizzato per produrre quella bottiglia. “Una sentenza che chiarisce il rispetto della disciplina della trasparenza e delle nuove metodologie di etichettatura in funzione della disciplina europea – dice l’avvocato – Una informazione che non riguarda solo il settore vitivinicolo, ma che riguarda tutta l’agricoltura e che propende per un’etichettatura che indichi cosa si trova all’interno di un determinato prodotto”. Il vecchio disciplinare dell’Igt Isola dei Nuraghi, non prevedeva di poter scrivere in etichetta l’uva o il blend di uve utilizzate per produrre quel vino. Nel 2013 allora fu fatta la richiesta di modifiche del disciplinare per poter indicare la percentuale di uvaggi: “La Regione Sardegna – spiega l’avvocato Tarantini – ha fatto una istruttoria e ha preso atto delle osservazioni fatte dai 4 consorzi. Ma quella non era la sede giusta per poter valutare le osservazioni che, secondo normativa, vanno fatte dopo la pubblicazione in gazzetta ufficiale. E ci sono state varie conferenze procrastinate nel tempo, oltre 4 mesi, in cui la Regione ha avviato delle trattative per far mettere d’accordo tutti i produttori, attraverso anche una proposta transattiva che i consorzi hanno deciso di ignorare e non prenderne atto. Non è vero che avevano proposto caratteri più piccoli da inserire in retroetichetta, ma non volevano l’approvazione delle modifiche al disciplinare. Daniela Pinna, nell’intervista che vi ha rilasciato, omette di dire che avevano richiesto di non indicare mai il monovitigno (quindi Vermentino o Carignano)”.
Per l’avvocato questa nuova situazione non sarà un inganno verso il consumatore, così come dicono dai consorzi: “Ma quale inganno – dice l’avvocato – Una cosa è un vino Igt, una cosa sono i vini Doc o Docg. Sono vini diversi. I consorzi lavorano quasi sempre in purezza. Nell’Igt c’è molta più sperimentazione. Non so quanti dell’Igt punteranno sui monovitigni. Sono diverse le metodologie di produzione, ma anche nei consorzi ci sono aziende che fanno Igt. I disciplinari sono diversi e quelli delle denominazioni sono più stringenti. Ma questo non vuol dire che ci sia una qualità inferiore o superiore. Sarà il consumatore a scegliere se acquistare un vino Igt o un vino Doc o Docg”. I consorzi sostengono, però, questa confusione nei consumatori: “Lo hanno sempre detto – dice il legale – ma non hanno mai saputo dimostrarlo. Il consumatore è molto preparato rispetto a quello che si dice. Noi siamo sempre stati aperti al dialogo e anche la Regione ha cercato un tavolo di conciliazione. Ma la trattativa prevedeva che tutti dovessero rinunciare a qualcosa. E così non è stato. L’igt non vuole fare la guerra alle denominazioni, ci sono anche produttori che fanno Doc e Docg quindi non avrebbero alcun interesse. Ma il mercato si evolve e così tutto si deve evolvere nel rispetto della normativa delle marche che è un sistema molto complesso. L’indicazione all’esterno di una bottiglia è molto importante”.
Sorpreso della decisione del Tar Giovanni Pinna, presidente del consorzio di tutela Vermentino di Sardegna doc, che rappresenta una ventina di soci e una produzione di oltre 2,4 milioni di bottiglie da circa 500 ettari di vigneti: “Non ce l’aspettavamo – dice – Tra l’altro proprio stamattina ho già visto in vendita le prime bottiglie di Vermentino Igt. Il prezzo non era stracciato a dire il vero. Loro sicuramente stanno facendo dei tentativi. Noi, in verità, confidavamo in una giustizia giusta, se mi passa il termine. Invece credo che l’Europa stia cercando di dare a tutti le cose migliori ad un prezzo minimo. E non è possibile. La sensazione è che si voglia standardizzare tutto, un po’ come era accaduto con il “caso vongole della Sardegna” che non rispettavano le misure imposte dalla comunità europea”. Per Pinna, però, “bisognerebbe ricordarci di specificità e peculiarità di ogni singolo territorio – dice il presidente – Questa sentenza grida vendetta, ma non so se andremo al Consiglio di Stato, perché poi perseverare diventa diabolico. Ne parleremo con gli altri presidenti. Io so solo che l’80, 90 per cento dei produttori della Sardegna erano contrari a questa scelta dell’Igt. Una proposta che è stata portata avanti da tre produttori principalmente (Argiolas, Dolianova, Mario Pala) insieme ad altri raccattati qua e là – prosegue Pinna – Noi non eravamo contrari all’utilizzo del nome del vitigno, ma siamo contrari all’utilizzo del nome del vitigno in maniera sconsiderata e incondizionata. Pe questo avevamo detto che il nome andava inserito in retroetichetta con un formato specifico (tre millimetri di altezza e due millimetri di larghezza), per dare le giuste informazioni al consumatore che compra Igt e che non sa cosa sta bevendo esattamente. Ma una cosa è dire che vitigno c’è dentro la bottiglia, una cosa è scriverlo a caratteri cubitali. Non è più una informativa, è un’attrattiva e secondo me è concorrenza sleale. Ora vedremo che fare. La pandemia ha un po’ rallentato tutto. Ci incontreremo, magari virtualmente per decidere cosa fare”.
Secondo Pinna il problema è che in Sardegna ci sono poche denominazioni territoriali (Alghero Doc, Arborea Doc, Cagliari Doc e Mandrolisai Doc) a fronte di molte varietali; e ci sono invece molte Igt territoriali (una quindicina). “Il rischio è che ogni Igt potrebbe rivendicare quello che ha rivendicato Isola dei Nuraghi e sarebbe un caos – dice – Non c’è una differenza di qualità diversa fra Igt e Denominazioni? Beh, basta leggere le rese per rendersene conto. Ora vedremo che fare. Magari costituiremo una nuova Igt”.