Il gruppo di produttori dice un fermo “no” alla guerre dei prezzi e annuncia che in molti attiveranno canali e-commerce senza cannibalizzare il canale horeca. Sull’iniziativa c’è già il benestare del Club dell’Excellence che raggruppa molti distributori di vino in Italia
È un appello choc quello firmato da oltre 200 vignaioli italiani. Non solo perché in un manifesto appello lanciano il grido di allarme per la difficoltà del momento e per la preoccupazione che il loro vino resti nelle cantine invenduto. Ma anche perché si è bloccato il flusso dei pagamenti di molto vino che è stato venduto. Ed è un appello rivolto al canale horeca, che per la stragrande maggioranza di questi 215 vignaioli è l’unico canale commerciale attivo, l’unico interlocutore per la vendita del vino.
Nella sostanza i vignaioli che hanno firmato quest’appello, a cui ci si attende l’adesione di molte altre aziende, chiedono ai ristoratori e agli enotecai di pagare il vino venduto e fatturato fino al 31 dicembre 2019, che a quanto pare è ancora tanto, e annunciano innanzitutto che non sono disposti ad accettare guerre di prezzi al ribasso (“la marginalità non si tocca”) e che se molti di loro attiveranno l’e-commerce, lo faranno senza applicare tariffe pirata verso il canale horeca. È fuor di dubbio che i vignaioli sono stati colti all’improvviso da questa crisi dovuta all’epidemia e che non sono per niente attrezzati a gestire un canale commerciale alternativo. E adesso però molti lo faranno perché sarà un canale necessario per sopravvivere e ci si butteranno a capofitto perché adesso la parola d’ordine per il mondo del vino, soprattutto per quelli che hanno affidato mani e piedi al canale horeca, sarà diversificare. In tutti i modi consentiti.
Quest’appello ha già avuto un momento di concertazione importante perché c’è anche il benestare del Club dell’Excellence, il circuito che mette insieme una dozzina tra i principali distributori di vino italiano (Proposta Vini, Cuzziol, Teatro del Vino ecc ecc) e pertanto si gioca a carte scoperte con chi vende il vino poi a ristoratori ed enotecai. È un colpo di frusta dettato dal momento. Colpisce che tra gli oltre 200 vignaioli che hanno aderito all’appello choc ci siano tanti che fanno parte di Fivi, la federazione vignaioli indipendenti, compresa la presidente Matilde Poggi. Ma di fatto la Fivi, dal punto di vista formale, non c’è. Cosa vuol dire? Forse è presto per dare una interpretazione. Ma forse gli addetti ai lavori potranno leggere qualcosa di più.
“L’idea nasce da questa attuale situazione che stiamo vivendo – dice Edoardo Ventimiglia, titolare di Sassotondo e primo firmatario dell’appello – Siamo un gruppo di vignaioli che si conosce da sempre e che si è seduto attorno ad un tavolo virtuale. Dallo stimolo del Club Excellence per tentare di dare delle linee guida sulla gestione finanziaria della crisi. Un’iniziativa che ci è sembrata importante. Da qui l’idea di vederci seppur virtualmente e sentirci. Siamo tutti nella stessa barca. E non ci aspettavamo questa risposta nel giro di 36 ore da quando abbiamo iniziato la raccolta firma, fatta per ora solo con il passaparola da tutti i vignaioli italiani, al di là delle sigle e associazioni di appartenenza. Stiamo partendo proprio dal basso e ci stiamo facendo venire ogni giorno delle idee nuove e buone che ci consentano una ripresa in tempi rapidi. Il nostro obiettivo è quello di creare una filiera completa tra i vignaioli e la parte commerciale. Manca ancora il pezzo finale dell’Horeca, ma cercheremo di mettere insieme tutti, senza pregiudizi, anche quella parte della Gdo finora un po’ messa in disparte. Ma bisognerà essere realisti e vedere come girerà il mondo tra qualche tempo. Mi auguro solo che questa emergenza non si trasformi poi in emergenza burocratica. Sappiamo che paese è l’Italia e non vorrei vedere emergere dal basso tutti quei lacci e laccetti frutto dell’Italia più brutta. Dal punto di vista pratico, si mettano in campo tutte le iniziative necessarie per permettere lo stoccaggio del vino, in bottiglia o sfuso. Non parlatemi di distillazione, per carità: diventeremmo la barzelletta del mondo del vino”.
Gli fa eco Marilena Barbera della cantina Barbera: “Siamo un gruppo di piccoli vignaioli che si confronta da sempre – dice – senza nessuna struttura alle spalle. Ci siamo resi conto che se e quando ne usciremo da questa crisi, è necessario salvaguardare tutta la filiera del vino italiano. E con tutta intendo dal vignaiolo a chi fa arrivare il vino al consumatore. Bisognerà farlo con lealtà e trasparenza. Perché serve garantire a tutti la dignità del lavoro che svolgono, in tutti gli anelli di questa catena che è il mondo del vino, compresi coloro che lo promuovono e lo vendono. Ecco perché per uscire da questa crisi spaventosa serve coinvolgere tutti. Raramente si guarda ai problemi della filera nella sua interezza. Di solito le istanze vengono trasmesse dalle associazioni di categoria, ognuno con le loro richieste da fare. Non ho mai visto un accordo di filiera ben strutturato, ma sempre proposte tutte scollegate tra di loro. Invece siamo consapevoli che l’intera filiera ha tutta una sua importanza. Non sappiamo ancora quante “vittime” farà questa crisi, quanto saremo indeboliti, come sarà la nostra resistenza finanziaria agli investimenti fatti. Soltanto mettendo insieme tutte le forze, ma nel vero senso della parola, potremo essere in grado di venirne fuori. Occhio all’e-commerce. E’ un canale poco frequentato dai produttori di vino, ma ora vedo che molti ci stanno riflettendo in maniera rapida. Ma se non diamo delle regole chiare, questo canale rischia di trasfomarsi in una giungla. Noi ci siamo impegnati fin da adesso a fare in modo che i nostri vini non vengano mai svenduti nei nostri canali di e-commerce. Per fare in modo che questo mercato non possa disturbare quello che di solito viene praticato”.
Fabrizio Carrera
Giorgio Vaiana
IN QUESTO LINK IL COMUNICATO INTEGRALE
IN QUESTO LINK TUTTI I VIGNAIOLI CHE HANNO FIRMATO L’APPELLO