Franco Arcidiaco di Reggio Calabria e Alessandro Romano di Partinico, in provincia di Palermo, (nell'ordine nella foto) sono i vincitori di aprile di Vota il ristorante e vinci il vino.
Franco Arcidiaco possiede una casa editrice e dirige un periodico culturale. In questi giorni si trova a Torino per la Fiera del Libro. Ama il buon cibo e la lingua italiana. “Trovo che le recensioni di alcune riviste enogastronomiche non siano scritte molto bene e così ho deciso di scriverne una io. Io e mia moglie siamo due gastronauti, appassionati del buon cibo. Non amo la cucina sperimentale e quella molecolare che invece mia moglie difende. Ho la fissazione del territorio, devo sempre mangiare dei cibi che lo rappresentino”.
Alessandro Romano è un insegnante di lingue. Si definisce un “buongustaio”. Ama il cus cus, gli spumanti rosé e Calvino. “Apprezzo i ristoranti che propongono una cucina tradizionale, autentica con ingredienti scelti e magari anche un po’ dimenticati. Anche il vino mi appassiona. Amo moltissimo le bollicine che danno alla vita la giusta dose di allegria”.
Trattoria Al Padrino – Messina
di Franco Arcidiaco
Messina è una città di grandi tradizioni gastronomiche di livello popolare, come del resto tutte le città portuali. Qui però non ci troviamo al cospetto di una città con un grande porto, ma di un porto con una città attorno; qualcuno ha scritto che a Messina ti trovi sempre sul punto di partire, in realtà la città ti trasmette un senso straniante di provvisorio e di precario, ti senti di passaggio anche quando hai in programma di fermarti. In casi come questi il cibo diventa rifugio e consolazione. Fino a vent'anni fa Messina ti offriva, oltre a un buon numero di serie trattorie popolari, tre veri templi di alta ristorazione, il mitico Alberto, il Galeone, dall'impareggiabile location sullo Stretto, e il classicissimo Nunnari, dove sembrava che il tempo si fosse fermato agli anni '50. Oggi sono scomparsi tutti e il testimone della buona cucina messinese è rimasto nelle mani di poche trattorie resistenti. Una di queste è senza dubbio Al Padrino, il mio caro amico Pietro Denaro è andato in pensione anzitempo e ha lasciato il locale nelle mani dei volenterosi nipoti. Ugo ha mantenuto la tradizione dell'urlo di benvenuto, la tonalità è diversa ma la carica di simpatia è identica. Certo lo sguardo fiero di Pietro superava di gran lunga l'atteggiamento canzonatorio, il locale era il suo palcoscenico e lui vi si muoveva con consumata maestria. Oggi come ieri se sei un cliente abituale, quando varchi la soglia il tuo ingresso è annunciato a squarciagola con tanto di nome, cognome e professione; se sei un cliente di passaggio ti devi accontentare di un generico urlo di benvenuto. La qualità della cucina è immutata negli anni; mangi come a casa di una vecchia sapiente zia. I cavalli di battaglia sono la pasta con legumi riposata nel coccio, i maccheroncini alla norma, le sarde a beccafico e il sontuoso bollito ammollicato, che da solo vale un viaggio a Messina. Super affollato per il pranzo d i mezzogiorno, per una cena a due decisamente meglio la sera!
Voto: 4 stelle
Kus-Kus – Palermo
di Alessandro Romano
Arriviamo presto in questo ristorantino palermitano nato come costola di un take-away; abbiamo prenotato ma è sabato e si capisce che il locale si riempirà. Ci accomodiamo ad uno dei pochi tavolini vicini tra loro. E una certa fretta nel servizio sarà l'unica nota “in minore”: l'idea è quella di far presto perché altri arriveranno. Ma non siamo in un locale da serate romantiche, quindi passiamo senz'altro a parlare di cibo. Partiamo con un assaggio di bruschette: paté di olive nere, macco di fave, alici marinate, pesto alla trapanese (a grana grossa, ricco di mandorle, non la pappetta frullata tristemente proposta in tanti altri posti finto-tipici). Poi due cuscus di pesce: magistrali, incocciatura perfetta, grossa e irregolare. La semola è profumata di cannella e abbondante di mandorle trite (tipici tocchi trapanesi). Denso e sapido il brodo di pesce; non troppo abbondante invece il pesce sul cuscus, anche se sodo e fresc o. Io prendo una rianata, la pizza trapanese per cui è famoso “Calvino”: soffice (cottura perfetta, pasta morbida ma non appiccicosa), ricoperta da uno strato unico di pomodoro, prezzemolo, aglio e pecorino: sapore forte, deciso, un grande piatto “popolare”. Cediamo alla curiosità e proviamo un kebab “de noantri”: non il bustone precotto ma fettine sottili di maiale (be', non il massimo dell'ortodossia!) speziate e condite in loco, servite con crostoni di pane tostato e insalata. Gradevole, non indimenticabile. Terminiamo con gelo di limone, anche questo buono e soprattutto non smodatamente carico di zucchero, e la immancabile cassatella calda alla ricotta. Usciamo dopo un'ora per una cena frettolosa ma soddisfacente, con i picchi qualitativamente alti dei magnifici cus-cus e rianata. Per quanto descritto, più birra e soft-drink abbiamo pagato settanta euro in quattro. Il marsala all'uovo (esiste ancora!) era offerto dalla casa. Servizio velocissimo, come detto, ma sempre gentile e sorridente. Raccomandato se non cercate la lunga cenetta intima.
Voto: 4 stelle