Gli “svitati”. Non poteva esserci nome più originale se di mezzo c’è Walter Massa, mitico produttore di Monleale in Piemonte.
Che ha radunato cinque produttori-amici per creare questa associazione, dal nome che è tutto un programma e che sarà presentata alla stampa e ai colleghi il prossimo 6 marzo a villa Sorio di Gambellara (VI). Di cosa si tratta? Di cinque produttori di vino che scommettono sul tappo a vite per i loro prodotti. E così con Walter Massa ci sono Maria Luisa Manna, moglie dello scomparso Franz Haas, Silvio Jermann, Graziano Prà e Mario Pojer. “Come nasce l’idea? – dice Massa – Guardandosi intorno e vedendo ciò che sta accadendo nel mondo del vino”. Un mondo, quello del vino, che ha vissuto mille traversie, dice Massa, “dalla sofisticazione alla fillossera, passando per le crisi economiche e la penuria di materie prime e quindi di contenitori adatti e poi l’ultima maledizione, il gusto del sughero che poi è diventato sentore di tappo”. Una “lotta” dei produttori che per anni hanno tentato di debellare questo odore, “intervenendo sul materiale legnoso del sughero – spiega Massa – creando così un tappo snervato, tappi smidollati. E così si fa brutta figura”. Per Massa, la cosa fondamentale, è che “quando bevo un vino che mi piace magari al ristorante e poi lo compro, a casa deve darmi le stesse emozioni. Ora siamo nel 21° secolo. Abbiamo materiali fantastici che proteggono le birre e le bibite, oppure i liquori e i distillati e non capisco perché il vino che, secondo me, merita più di tutti, non vada rispettato con le chiusure adeguate”. Dagli inizi del Duemila molte cantine hanno iniziato la sperimentazione del tappo a vite: “Non solo ricerche sul tappo in sé – dice Massa – ma anche studi su come affrontare il mercato. Devo dire con discreto successo”. Il problema per Massa è solo uno: “Se bevo una grande bottiglia di Barolo, o Taurasi, o Gavi, o Soave o Verdicchio, o ancora Etna nelle Filippine – dice – devo trovare il vino preciso a quello che ho bevuto a piazza del Campo a Siena. Non si può giocare a testa o croce con il vino. E’ una colonna portante del turismo”. Da anni ormai Massa chiude i suoi vini con il tappo a vite: “Tutti i miei bianchi ce l’hanno – dice – Solo 4 dei miei vini hanno il tappo normale. Ma presto non sarà più così. Per adesso sto facendo dei test con dei tappi a vite con varie membrane sui rossi”.
Gli fa eco Graziano Prà con la sua cantina che si trova a Monteforte d’Alpone (VR) in pieno territorio del Soave. “Il tappo a vite supporta la longevità del vino, gli permette di evolvere correttamente e garantisce una chiusura perfetta – sottolinea il produttore – Sono queste alcune ragioni che sostengono la nostra scelta, una decisione maturata dopo tredici anni di osservazioni e degustazioni comparate di vecchie annate. Oggi siamo certi che il tappo a vite sia la scelta migliore per l’affinamento e la conservazione dei nostri vini, la risposta più forte al nostro desiderio di produrre vini buoni nel tempo, senza difetti ed eleganti”. Oltre alla longevità e alla garanzia dell’evoluzione in bottiglia, attraverso una micro-ossigenazione del vino senza alterazioni, l’azienda sostiene il tappo a vite anche per il suo essere rispettoso e attento nei confronti del cliente. “Comprare una bottiglia di Soave con il tappo a vite – aggiunge Graziano Prà – significa non correre rischi ed essere certi di acquistare un vino che dipende dall’annata, e mai dal tappo. Inoltre, lavorando molto con i mercati esteri, il tappo a vite ci permette di reggere lo stress da trasporto, evitando tutti i problemi legati al posizionamento verticale o orizzontale e agli sbalzi di temperature tra un mezzo e l’altro”.
L’associazione come detto sarà presentata il prossimo 6 marzo con un interessante evento. Sono previsti gli interventi dei produttori e di Fulvio Mattivi (ricerca, tecnologia cultura e didattica sul tappo a vite) e Davide Rampello. Poi una degustazione con il confronto di varie annate dei vini degli Svitati con diverse chiusure.
G.V.