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L'iniziativa

Suino Nero dei Nebrodi, il piano di allevatori e produttori su valorizzazione e commercializzazione

28 Aprile 2014

È da sempre il re indiscusso della fama agroalimentare dei Nebrodi, ma c’è ancora tanto da fare per valorizzare i prodotti di Suino Nero.

Questo e molto altro è emerso dall’incontro “Fare impresa nell'agroalimentare: metodi, strumenti e prospettive” che si è tenuto a Longi, nel cuore dei Nebrodi, giovedì scorso. Il convegno, realizzato col sostegno dell’assessorato regionale all’Agricoltura -di cui è dirigente generale Rosaria Barresi- e con  la collaborazione delle Soat dell’area, ha radunato allevatori e produttori della filiera con lo scopo di rilanciare le numerose carni di qualità che si ottengono dal Nero dei Nebrodi.

Una filiera che non è fatta solo di salumi, ma anche di altri derivati alimentari di altissima qualità, quali ragù e porchetta. Prodotti di assoluta eccellenza che vanno sempre collegati al brand territoriale dei Nebrodi, che riscuote sempre maggiore successo non solo in Italia, ma anche all’estero. Secondo Pino Gullo di Legacoop, infatti, “i prodotti devono esprimere sempre l'identità del territorio. All'estero piace mangiare italiano e conoscere le tipicità gastronomiche siciliane: solo esprimendo un'identità si possono penetrare i mercati”. Perché, ha evidenziato Pietro Cami, amministratore di una catena di supermercati, “solo con un valore aggiunto identitario un prodotto può competere con quelli delle multinazionali”. Ma “per valorizzare un territorio -ha sottolineato Melita Nicotra, ricercatrice all'Università di Catania- occorre anche innovare non solo gli strumenti, ma tutto il sistema di produzione. Inoltre, bisogna cavalcare, e non subire, l'onda della globalizzazione intercettando, nel mondo, consumatori intelligenti interessati alle nostre nicchie”. Mercati che vanno aggrediti con la qualità, ma anche con la massa, secondo Gaetano Li Pomi, direttore dell'area commerciale Unicredit di Messina che ha sottolineato, inoltre, come ci sia grande attenzione da parte di Unicredit all’agricoltura: “È il settore dove il tasso di default e di insolvenza in Italia è più basso. Gli agricoltori hanno imparato a gestire i finanziamenti”.

Fondamentali diventano anche strumenti come la formazione aziendale “da considerare un investimento e non un costo” ha detto Saverio Leanza di EuroSoluzioni e coperture assicurative per proteggere le proprie esportazioni, ha affermato Roberto Lio di Atradius indicando anche una strada: “Organizzazioni produttive riescono a fare massa critica con grandi benefici sui mercati nazionali e internazionali. Nel mio lavoro ne ho avuto dimostrazione”.

Un momento, dunque, di riflessione e confronto tra i vari produttori e allevatori della filiera che ha portato all’elaborazione di una idea vincente: organizzarsi tutti insieme sotto forma associativa per sfruttare al massimo i canali di vendita verso i mercati nazionali ed esteri. “L'importante – ha detto il giornalista del Sole 24 Ore Nino Amadore, tra i promotori dell'iniziativa – è non avere paura a mettersi insieme, ma seguire modelli virtuosi come quelli emiliani, toscani e trentini”. L’obiettivo che si sono prefissati i produttori dovrebbe vedere la luce nel più breve tempo possibile. Intanto si auspica un ruolo più attivo delle banche locali nel sostegno delle varie iniziative e, perché no, un macello locale che potrebbe dare ulteriore slancio alle attività. 

Simona Barbera