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L'iniziativa

Startup delle tecnologie agroalimentari, a Milano presentato il progetto “Startupbootcamp”

26 Settembre 2016
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(Peter Kruger, Paolo Cuccia e Giancarlo Addario)

Se c’è un settore dove l’Italia ha potenzialità senza rivali, è senz’altro l’agroalimentare. 

Oggetto, oltretutto di un’attenzione che potrebbe sembrare quasi ossessiva, ma necessaria visto che nel 2020 si vogliono raggiungere 50 miliardi di euro di valore. L’agroalimentare italiano, però, è anche un settore dove c’è ancora spazio per l’innovazione, per migliorare i processi produttivi a monte, cioè nella produzione degli alimenti e nella fase di trasformazione nonché di commercializzazione delle eccellenze che è capace di proporre il nostro paese. Poco più di cinque anni fa queste considerazioni li hanno fatte i manager di cinque aziende, alcuni presenti su molti mercati mondiali – Gambero Rosso, LVenture Groupe, Monini, Cisco e M3 Investimenti – dando poi vita a Startupbootcamp FoofTech “il primo programma globale indipendente di accelerazione per startup operanti nel food tech”, sottolinea Paolo Cuccia che alla guida del gruppo Gambero Rosso dal 2015 quotato alla Borsa Italiana-Aim, ha aggiunto la presidenza di questa struttura che sta dando ottimi risultati per il futuro di un settore strategico per l’economia non solo italiana. Tant’è vero che alla scadenza – di una sorta di bando globale – della presentazione delle idee imprenditoriali, di progetti ne sono arrivati oltre 300. “E, da tutti i paesi del mondo – confida Peter Kruger, ceo di Startupbootcamp – con una decisa prevalenza di India, Stati Uniti, Turchia e Francia”.“Anche perché, prima della tappa conclusiva di Milano di quello che è stato indicato come Fast Truck World Tour, i seguaci dell’incubatoio presieduto da Cuccia sono stati a Londra e Bangalore, Berlino e Parigi ma, anche, nella Silicon Valley “dove abbiamo incontrato oltre 100 startup leader nel foodtech globale”, dice Cuccia.

L’incontro che, a quanto pare, sta più a cuore al presidente dell’incubatoio e agli altri quattro soci fondatori di Startupbootcamp, è quello di Milano perché ha registrato l’adesione di Barilla come main sponsor della società, con l’obiettivo di selezionare startup foodtech in tutto il mondo. “La nostra partnership punta a consolidare l’Italia come destinazione leader per il foodtech globale – spiega Giancarlo Addario, manager della multinazionale parmense -. E, poi, questa partneship consolida il ruolo di Barilla come leader globale nell’innovazione lungo l’intera catena di valore del food” sottolineando anche la “provata capacità di Startupcamp di individuare e selezionare le idee più valide, mettendole a contatto con i leader più rilevanti e di forte impatto del proprio settore. D’altronde con 15 programmi, ciascuno con la propria specializzazione verticale, tra Amsterdam e Barcellona, Berlino e Eindhoven, Istanbul e Londra e New York, Singapore e Silicon Valley, Startupbootcamp conta una rete di mentor e alunni in più di 30 paesi,  accelerando centinaia di startup di cui il 78% ancora attive. “Con l’arrivo di Barilla, poi – dice Kruger – abbiamo la conferma che la nostra scelta di lanciare in Italia il primo acceleratore globale e indipendente specializzato nel foodtech già nel 2010 era un’intuizione valida” anche perché “l’Italia, con la sua biodiversità è un laboratorio ideale per la sperimentazione nel settore agroalimentare – aggiunge Cuccia -. Se una innovazione va bene da noi, può essere adottata ovunque, perché la disomogeneità del nostro territorio, dal clima alla morfologia del terreno, è praticamente una sintesi del globo. Se succede in Italia, insomma, può funzionare in ogni parte de globo”. Di questo Cuccia ne è convintissimo, anche perché ritiene che era giunto il momento di offrire opportunità ad un paese ricco di piccole aziende molto valide e non sempre supportate da adeguate risorse finanziarie.

E chi meglio di Cuccia conosce questo straordinario mondo? Visto che Gambero Rosso nei suoi trent’anni di attività è diventato il punto di riferimento del settore wine travel & food grazie alla redazione e pubblicazione di guide, riviste, libri e servizi multimediali in Italia e all’estero attraverso i quali diffonde il “saper vivere italiano” nel mondo e supporta la crescita delle piccole e medie imprese agroalimentari italiane. E, contestualmente, queste aziende le accompagna verso i mercati più importanti per l’export dei propri prodotti. Senza sottovalutare poi l’esperienza di un altro protagonista di Startupbootcamp, Monini, azienda all’avanguardia per strutture, tecnologia e controllo qualità, sia dal punto di vista ambientale che sociale ed etico. In più, l’olio extra vergine di Monini è il più venduto in Italia, sia per quota a volume che a valore, ha accertato Nielsen nel corso di ricerche effettuate durante l’estate appena conclusa.
Intanto dal 20 al 22 ottobre, a Roma, durante i selection days, verranno individuate le 10 startup foodtech che dal 21 novembre prossimo saranno coinvolte nell’accelerazione vera e propria. Nel frattempo si vedranno assegnate una dotazione di 15mila euro, nonché servizi di tutoraggio e mentoring, 6 mesi di ospitalità – inclusi tre mesi di accelerazione – e l’ammissione ad un network di partner di settore, investitori e fondi di venture capital internazionali come Facebook, Amazon, Guala, Cisco, Monsanto, Google, Intel, Salesforce, The Fork; un migliaio di business angel e oltre 200 attori influenti nelle industrie alimentari nonché leader esperti del settore foodtech. Le startup migliori avranno anche la possibilità di aggiudicarsi 35.000 euro sotto forma di convertible notes sottoscritti da LVenture e PiCampus.
Insomma, una bella opportunità per chi ha qualche bella idea da offrire agli operatori del settore agroalimentare, non solo italiano.

Michele Pizzillo