di Ambra Cusimano
Gaspare, Raffaele, Benedetto, Durak, Alessio, Antonino, Shadet, Giuseppe.
Sono questi i nomi degli otto uomini detenuti all’interno della Casa di Reclusione Calogero di Bona – Ucciardone a Palermo che hanno partecipato al corso per l’acquisizione delle competenze tecnico-professionali di pizzaiolo. Il corso fa parte del progetto “Mani in pasta” finanziato dall’assessorato regionale della Famiglia, delle Politiche Sociali e del Lavoro e gestito dall’Ente Infaop (Istituto Nazionale Formazione Addestramento e Orientamento Professionale). Obiettivo, quello di dare una possibilità concreta di reinserimento sociale e lavorativo a queste persone. Il reinserimento sociale dei detenuti è un tema delicato e ancora parzialmente affrontato. Il riscatto sociale passa quindi anche dall’istruzione e dai corsi di formazione ed il reinserimento sociale non rimane più mera utopia ma diviene qualcosa di concreto. Il progetto “Mani in pasta” che comprendeva, oltre al corso di pizzaiolo, anche quello di addetto panificatore, pasticciere e quello di pastaio, è stato promosso in stretta collaborazione tra la Direzione del carcere, la responsabile dell’area educativa Carla Fortino e la responsabile per l’Infaop del progetto in questione Barbara Scira. Come insegnante è stato scelto lo chef Rosolino Garofalo, conosciuto come Ron, affiancato dalla tutor Alida Di Giovanni. “I detenuti desiderano fortemente partecipare a questi progetti che, oltre a tenere impegnati corpo e mente, danno loro una preparazione – dice il Direttore della Casa di Reclusione Calogero di Bona – Ucciardone Fabio Prestopino – Il reinserimento sociale rimane comunque una scelta del singolo individuo, noi ci atteniamo a fare la nostra parte garantendogli delle possibilità che, in alcuni casi, non avevano mai avuto. Ciò che possiamo fare è accompagnarli alla porta, una volta scontata la loro pena, con gli strumenti che siamo in condizione di concedere. La prospettiva che vogliamo offrire è quella di rendere questi uomini consapevoli delle loro capacità e responsabili del settore che hanno scelto. C’è sempre grande richiesta di formazione e la cucina ha riscosso sempre molto successo”.
(Fabio Prestopino)
Il corso di formazione di pizzaiolo ha avuto una durata totale di 150 ore ed è partito il 20 settembre di quest’anno per concludersi pochi giorni fa. Le attività formative erano suddivise in teoriche e pratiche. Le prime erano incentrate su lezioni che vertevano sullo studio delle norme di igiene e sicurezza nei luoghi di lavoro e sulla teoria legata al mondo della pizza. Successivamente i detenuti hanno messo in pratica ciò che avevano acquisito durante la prima parte del corso. Barbara Scira spiega: “Al termine del ciclo di formazione viene rilasciato l’attestato di qualifica professionale dall’ente che lo ha bandito. La cosa che ho notato è che la maggior parte dei detenuti chiede se nell’attestato è specificato il luogo ove è stato conseguito il corso. Il fine di questa domanda è capire se il datore di lavoro a cui si rivolgeranno una volta affrancati, saprà o meno che di fronte ha un ex detenuto. Queste persone temono molto il giudizio riguardo il loro trascorso e pensano che avranno difficoltà nel trovare lavoro a causa dei pregiudizi”.
(Girolamo Giglio con i tirocinanti)
E’ importante ribadire che la formazione per il detenuto è sì un’occupazione del proprio tempo, ma è soprattutto la soddisfazione di bisogni quali la scoperta di potenzialità, la manifestazione della curiosità, la realizzazione professionale raggiungibile con i propri sforzi. Tutti questi elementi aiutano a rafforzare la fiducia in loro stessi, nel sistema, e li conducono a riflettere sulle reali possibilità lavorative all’esterno. “La riabilitazione diventa quindi qualcosa di fondamentale che va curata e non tralasciata – prosegue la responsabile dell’area educativa Carla Fortino – e per far ciò si punta in primis all’istruzione scolastica e successivamente a quella professionale. Non vi è una censura e potenzialmente tutti i detenuti possono partecipare ai corsi di formazione. I partecipanti però, all’interno delle carceri, possono essere massimo 8 e vengono selezionati dai formatori in base alle loro scelte. Questa sezione è il cuore della crescita personale ed è sinonimo di legalità”. I detenuti, entusiasti del corso di pizzaiolo, non hanno mai “saltato” una lezione. “I ragazzi sono stati tutti i primi della classe, – racconta la tutor Alida Di Giovanni – abbiamo notato il loro impegno attraverso la partecipazione e la collaborazione quotidiana”.
(Il confezionamento della pasta)
Durante questi due mesi i partecipanti hanno appreso nozioni sui vari tipi d’impasti e sulle farine tradizionali; i concetti di lievitazione e stesura, ed i metodi di farcitura e cottura. Inoltre, parte delle ore sono state dedicate alla lavorazione della pizza in teglia, in pala e alle focacce, agli impasti diretti e indiretti, anche con sfarinati diversi (kamut, soia, crusca e farro) e alla cucina senza glutine insieme alle nuove tendenze gastronomiche. Lo chef Ron ha espresso la sua soddisfazione al termine delle lezioni con le seguenti parole: “Ho vent’anni di esperienza nella formazione, ma questa non la dimenticherò mai. E’ la prima volta che “mi trovo dietro le sbarre” ad insegnare. Non nascondo che inizialmente avevo un po’ di timore, ma è svanito quando ho conosciuto meglio questi otto uomini curiosi e capaci di mettersi in gioco. Uno di loro, Raffaele, preso dall’entusiasmo, è stato in grado di ideare una pizza, la Puttanesca, che inserirò nel mio prossimo menù”.
(La preparazione della pizza)
Dal 2017 il penitenziario Ucciardone è anche sede del pastificio a marchio Pasta Ucciardone fondato dall’azienda GiglioLab. All’interno della V Sezione del carcere cinque detenuti lavorano alla produzione di sette formati di pasta secca corta. Uno di loro, Vincenzo, è stato anche assunto a tempo indeterminato mentre Giovanni, Umberto, Antonino, Benito e Giuseppe, sono tirocinanti retribuiti che hanno concluso il corso di formazione di pastaio. Due di loro verranno assunti al termine del tirocinio. “Abbiamo messo a frutto l’esperienza maturata nel corso degli anni per replicare gli elevati standard conseguiti nei nostri stabilimenti con particolare attenzione ai processi di lavorazione della pasta e delle materie prime necessarie sempre con un occhio di riguardo alla qualità”. Questo il racconto di come ha preso vita il progetto Girolamo Giglio, titolare dell’omonima azienda e sovrintendente ai lavori all’interno dell’impianto di produzione dell’Ucciardone. La pasta è prodotta utilizzando farine di grani autoctoni siciliani ed è venduta tramite l’Economia Carceraria alla quale aderiscono negozi e mercati che distribuiscono prodotti realizzati appunto nelle carceri. Il Consorzio Gian Pietro Ballatore certifica la filiera della materia prima ed ha collaborato per i corsi di formazione dei detenuti. L’augurio è che vengano rifinanziati e programmati altri corsi affinché si possa dare una seconda possibilità a coloro che meritano un riscatto.