(Muretto a secco e ricovero per pastori)
di Maristella Vita, Imperia
C’è bisogno di fare un grande sforzo per rilanciare una nostra grande radicata produzione agricola, che ci caratterizza nel mondo, l’olivicoltura.
Sono ben 538 le cultivar di olivo italiane (censite da una pubblicazione della Fao del 1998, nessuno ne ha tante come noi), un dato che la dice lunga su quanto questa pianta segni da secoli, meglio da millenni, il territorio italiano. E se poi pensiamo al ruolo che questo albero riveste anche dal punto di vista culturale e religioso, non solo per cristiani ed ebrei, allora capiamo che è poca l’attenzione che gli dedichiamo. Per capirne di più consigliamo la visita al “Museo dell’olivo Carlo Carli” ad Imperia, dove è documentato come queste fronde ed i suoi frutti hanno punteggiato ed affiancato storia, usi e costumi della vicenda umana dai primordi ad oggi. Questo ed altro è emerso nello scorso weekend nell’entroterra della provincia di Imperia, un territorio difficile, spesso scosceso, rafforzato però dalle antiche piantagioni di olivo, varietà taggiasca, difese a loro volta da migliaia e migliaia di chilometri di muretti a secco (qualcuno li ha contati, dice che si può far più volte il giro del mondo…).
(Il museo dell'olivo Carlo Carli)
Un connubio mutualistico a tre, su cui sono stati scritte migliaia di pagine, che comunque non rendono giustizia ad un’arte costruttiva riconosciuta l’anno scorso dall’Unesco patrimonio immateriale dell’umanità. I tre soggetti sono il Muretto, l’Olivo e l’Uomo. Ma il muretto a secco è stato realizzato dall’uomo, quindi che c’entra? No, la sua presenza va oltre al lavoro del singolo contadino/muratore, si porta sulle spalle un passato, un presente ed un futuro che si aliena dai realizzatori e svolge una funzione che si fissa nel tempo. Il muretto a secco è una storia, una presenza parlante e rassicurante. È per questo che il Consorzio dell’Olio Riviera ligure Dop, per questa prima edizione di Oliveti Aperti, ha voluto mostrare a tutti come si costruisce un muretto a secco, arte che richiede sapienza e materia, quelle pietre che in questa provincia sono facilmente rintracciabili (non a caso alcune località si chiamano “Pietra”, Pietra Ligure, Pietrabruna…). Un evento inedito quindi, originale, dedicato alla valorizzazione dell’Olio Extra Vergine di oliva Riviera Ligure Dop e del turismo esperienziale legato al territorio e alla grande vocazione olivicola della regione. Ma un numero zero, per una manifestazione che vuole diventare nazionale, così si è espresso Mauro Rosati, Direttore di Fondazione Qualivita, organizzatore con il Consorzio della kermesse.
(Costruzione di un muretto a secco con i partecipanti a Oliveti Aperti)
Un viaggio fuori dai tradizionali itinerari turistici, alla scoperta del mondo rurale e dell’enogastronomia tipica della Riviera Ligure, fatta di oliveti, frantoi, aziende agricole, agriturismi, muretti a secco e panorami mozzafiato chiusi tra le colline e i pendii a picco sul mare. Nel week-end del 15-16 giugno le 32 aziende aderenti alla Dop guidata dal presidente Carlo Siffredi, hanno quindi accolto i visitatori nelle loro suggestive location; un’iniziativa che ha voluto legare tradizione dell’olivicoltura “eroica” e futuro, con l’originalità anche di un evento dedicato ai Giovani Chef degli Istituti Alberghieri italiani attraverso un Contest culinario le cui ricette hanno raccontato l’eccellenza dell’Olio di qui. Un progetto di formazione che ha coinvolto le nuove generazioni di futuri Chef e Maître attraverso laboratori svolti in 110 classi di 25 scuole, tra Liguria, Piemonte e Lombardia, per un totale di 90 lezioni e il coinvolgimento di circa 2.500 allievi.
(Uliveti su terrazzamenti)
La finale tra i cinque migliori, si è tenuta proprio in quest’occasione a Imperia ed ha visto vincente l’alberghiero “Giolitti” di Torino, con un intrigante “Incontro tra il pesto alla genovese e il branzino”. La mission di Oliveti Aperti era quindi la valorizzazione dell’Olio Evo della Riviera Ligure e del turismo esperienziale legato al territorio, alla riscoperta del mondo rurale e dell’enogastronomia tipica della Riviera Ligure. Un esempio per tutti il territorio di Lucinasco (IM), nel cuore del ponente ligure dell’oliva taggiasca e delle colline colorate di verde e di grigio che degradano fino al mare. Qui, con ottima intuizione, è stato realizzato una sorta di “museo diffuso” di arte sacra e vita contadina. Il percorso espositivo, intitolato allo scultore e “pattiere” (commerciante di panni) Lazzaro Acquarone nativo di Lucinasco (sec. XVI-XVII), è organizzato in sezioni e luoghi diversi come primo nucleo di un futuro sistema, diretto a valorizzare il patrimonio culturale del territorio e a leggerne la storia attraverso le sue testimonianze più significative, ad iniziare dall’Olivo.