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L'iniziativa

Giulia Cataldi Madonna a Wine Moment: “Io li chiamo vini concettuali, non naturali”

04 Maggio 2020
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“Se tu chiudi gli occhi e pensi a un vino rosa diventa un rosa, se pensi a un rosso diventa un rosso… In base a come lo abbini e in base ai tuoi desideri può diventare un po’ ciò che vuoi”.

Giulia Cataldi Madonna è stata la protagonista del nostro Wine Moment di oggi, condotto da Federico Latteri. La cantina Cataldi Madonna, a Ofena, in provincia de l’Aquila, è un punto di riferimento non solo per la viticoltura abruzzese.  “Il rosato nasce con una tecnica particolare – ha spiegato Giulia – Questa tecnica si chiama Svacata perché è la tecnica utilizzata ai tempi dal contadino della mia zona, deriva da “vaco” che vuol dire acido. I contadini dovevano adattarsi perché tantissimi anni fa nella mia zona faceva molto più freddo di oggi”.  Un contesto naturale unico che da queste parti chiamano il “forno d’Abruzzo”, un anfiteatro naturale che giace sotto il Calderone, l’ultimo ghiacciaio degli Appennini.

“Noi ci troviamo in un altopiano che sta sotto il Gran Sasso, e viene definito “forno d’Abruzzo” perché di giorno fa molto caldo, ma sotto c’è il Calderone, quindi tra giorno e notte c’è un’escursione termica di circa 20 gradi, il che ovviamente aiuta i vigneti”. Un vino, quello della Cataldi Madonna che alla definizione di “naturale” preferisce “concettuale”. “Questa definizione nasce un po’ per caso – racconta Giulia – perché inizialmente, quando uscì la moda dei vini naturali, noi non c’eravamo trovati troppo d’accordo con la parola “naturale”. Io avevo 14 anni e mi ricordo che ad un Vinitaly attaccai i manifesti “Vini NON naturali”, perché mio padre è un provocatore. Quindi abbiamo rilanciato con vini concettuali, un termine in cui ci ritroviamo molto di più. Il rosa viene definito spesso come un vino senza progetto, e non è assolutamente vero”.
Il rosato, o meglio, il rosa, ha infatti avuto un’impennata negli ultimi anni.

“Vedo che c’è una grandissima risposta, non solo per la Cataldi Madonna, – ha sottolineato Giulia – ma in generale si vende più vino rosa. Anche sotto quarantena sto vedendo un incremento, quindi sono felicissima”.  Montepulciano, Trebbiano e Pecorino, i vitigni sono tutti autoctoni abruzzesi e tra i Pecorini troviamo anche il noto “Super Giulia”, amato da molti. “Realmente non è stato un vino dedicato a me – dice sorridendo – E’ nato perché noi abbiamo fatto questo Pecorino, oltre al Frontone che però con le gelate degli ultimi anni non ha dato il meglio. Quindi per compensare alla mancanza del Frontone abbiamo lavorato su quest’altro vigneto, quindi per scherzo abbiamo iniziato a chiamarlo Super Giulia, solo che al momento dell’imbottigliamento eravamo troppo affezionati per cambiarlo”. 

Simbolo dell’azienda è il guerriero di Capestrano. “Sul guerriero di Capestrano da queste parti potremmo raccontare mille leggende – ha indicato – Però quella tramandata di generazione in generazione narra che uno dei contadini del mio bisnonno trovò la statua vicino ai vigneti, per questo motivo mio nonno la riprodusse in etichetta. Quando trovarono questa statua, ne staccarono il cappello, la riempirono d’acqua e ci facevano bere l’acqua alle galline”. La storia della cantina comincia nel 1920 quando il barone Luigi Cataldi Madonna fonda la sua azienda agricola. Il rinnovamento del progetto aziendale avviene nel 1968 quando Antonio ne promuove l’ampliamento, il reimpianto dei vigneti, il rinnovamento delle strutture. Un luogo, dunque, aperto a 360° al suo pubblico.

“Io mi sto organizzando perché voglio continuare a portare gente, anche se è chiaro che ci saranno modalità diverse. A tal proposito ho già messo in sicuro la cantina. Le persone, infatti, si sposteranno dove si sentiranno sicure. Farò fare visite in cantina con poche persone e a più turni se necessario, adottando tutte le misure di sicurezza necessarie. Già ho in mente tantissime idee, spero dall’1 giugno di poterle realizzare”. E, infine, un occhio di riguardo per il suo territorio: l’Abruzzo. “Per ora mi sto riposando, sto bevendo meno dato che prima bevevo tutti i giorni, anche perché ora si avvicina l’estate, cerco di depurarmi. Bevo un sacco di Abruzzo, anche per aiutare i miei colleghi in questo momento di difficoltà”.

Giorgia Tabbita