La scuola si trova a Taormina, in via Luigi Pirandello 61.
Facilissima raggiungerla se si prende la funivia. Pochi passi e davanti agli occhi si vedrà campeggiare un’ autorevole insegna: “Pietro D’Agostino. COOKING LAB. Sicilian food Academy”. Il nome è scritto di proprio pugno, l’altro in caratteri digitali. Come dire: ci ha messo la faccia e pure la firma. L’armonia della scrittura di quella firma, dicono i grafologi, è segno di intelligenza, cioè di capacità di elaborare modelli propri. E aggiungono: “i caratteri grandi, della “P” della “D” e della “A”, significano che chi scrive così, sa cogliere il lato suggestivo delle cose”. E se le altre lettere sono molto curvilinee “vuol dire che si sta parlando di una persona altruista e serena”.
Avrebbero parlato altrettanto bene, come i grafologi, per descrivere il suo carattere, e la sua storia, sia i suoi piatti che la sua cultura. Ma Pietro D’Agostino è inesauribile a fornirci emozioni e sentimenti sempre nuovi. Il claim di quella insegna potrebbe poi, continuare così: “La cucina accoglie e racconta il sapere di chi la pratica, è un sorprendente veicolo di partecipazione, forse è il primo modo per entrare in contiguità con culture diverse”. Insomma un esplicito invito a studiarci sopra tutti insieme. Perché, per lui, insegnare a cucinare vuol dire saper connettersi con gli altri per “saper apprendere dagli altri per istruire se stesso”. E’ solo uno dei dieci comandamenti scritti sulle tavole, non di Mosè, ma su quelle che ogni giorno Pietro D’Agostino apparecchia nelle graziose salette del suo “Capinera”, un ristorante stellato affacciato sul litorale jonico della Sicilia orientale, a Spisone ai piedi di Taormina. Ma non è una norma morale prescritta direttamente da Dio. E’ semplicemente un desiderio di tramandare, con questa scuola appena inaugurata, la storia millenaria di una cucina, e di come si sia formato quel pensiero gastronomico siciliano e in particolare il suo. Pensiero che pare che già elaborasse quando ancora non portava neanche i pantaloni alla zuava e giocava nascondendosi sotto il tavolo per “rubare” e respirare, il sacro odore dei tortelli della nonna. Fu proprio quel gioco il primo pilastro della sua filosofia, l’ultimo lo ha assorbito da Ferran Adrià che amava ripetere “Per cucinare bene occorre pensar bene”.
E allora come tramandare questa lunga teoria di dottrine maturata poi da Pietro D’Agostino, con lunghi peregrinaggi attorno al mondo alla ricerca non tanto di nuove culture quanto di se stesso? Semplicemente attraverso un vero laboratorio, anzi un collegio di pensiero e di pensieri. Che Pietrino definisce con un termine anglosassone ma poi dissemina di una sicilianità traboccante di genialità creativa. Sino a diventare un’ampia, solida e profonda espressione di uno smisurato patrimonio di conoscenze. Che si definisce ancor più chiaramente, con due limpidi e semplici concetti: cucina totale e cucina ricreativa. Ma anche laica e democratica. Totale perché non esclude niente e nessuno, perché è fatta e pensata sia per chi coltiva il pensiero debole del “mangiare come un arte manuale”, sia per chi del mangiar bene vuole farne un mestiere, anzi una professione se non proprio una missione. E anche per chi, roso dalla curiosità di sbirciare fra le pagine di un ricettario scritto da un abile amanuense, brama per saperne di più. Totale, dunque questa sua cucina, e poi ricreativa per sottolineare il vero senso delle sue ricette, che rispettano l’anima della tradizione ma si vestono di nuovi paramenti in quel “rifare e produrre di nuovo” mentre si esplicita l’atto di ristorare, riconfortare, “ricreare e ricrearsi”. Soprattutto nel rispetto di quell’etimo siciliano che sta per “arrichiarsi” nel senso lato di provare piacere, o anche essere sazio, satollo, del tutto rifocillato. Insomma una scuola a 360 gradi, pronta ad ospitare nei suoli locali attrezzati, verticali e degustazioni di vini, corsi di analisi sensoriali, “battesimi” e presentazioni di nuove etichette. Per poi cambiare pelle e istruire sull’arte del ricevere, dell’accoglienza e del servizio in sala. E qui entrano in scena tre figure, insostituibili e femminili, la compagna di Pietro, Morena, e le sorelle Cinzia e Giorgia.
Un segmento fondamentale quest’ultimo, anzi una materia elettiva, fondamentale per esaltare il successo di ogni esercizio di ospitalità. Che sia declinato in un ristorante o nel corso di un semplice convivio familiare. Un protocollo che tende a valorizzare l’importanza del lavoro preliminare, e quasi occulto, che si nasconde dietro l'organizzazione di un pranzo, di una cena, o semplicemente dietro un compiuto ricevimento.
Chi meglio di uno chef stellato può svelare i segreti di una perfetta composizione del menu, il modo di apparecchiare la tavola, la scelta dei vini, le disposizioni da dare al personale, la sequenza delle portate, la successione di quei piatti che strappano un applauso e lasciano in trepida attesa per il successivo. Insomma creare a casa propria le suggestioni che sempre si vivono “Al Capinera” di Pietro D’Agostino val la pena di un corso al “Cooking Lab Sicilian Food Academy.
Stefano Gurrera