di Manuela Zanni
Esistono tanti modi di reagire alla violenza, fisica o morale. C’è chi diviene, a sua volta, violento cercando di perpetrare all’infinito lo schema della violenza subìta, e chi, al contrario, riesce ad affrancarsi dal circolo vizioso in cui, suo malgrado, è caduto, creando qualcosa di bello per sé e per gli altri, che del male non porta che il ricordo lontano.
E’ questo il caso di quattro donne palermitane, le “Cuoche combattenti” che hanno deciso di fare della propria esperienza di vita un brend di rinascita, cominciando a produrre confetture e conserve le cui etichette contengono messaggi antiviolenza fino ad arrivare alla tanto agognata apertura di un vero e proprio laboratorio gastronomico dotato di tutte le attrezzature necessarie come frigoriferi, forni, sterilizzatori e cucine industriali con annesso uno shop dedicato alla vendita di conserve, prodotti da forno e piccola pasticceria. La sede è a Palermo in piazza Generale Cascino, 11 ed è stata inaugurata lo scorso venerdì 27 settembre. Alla guida dell’esercito delle cuoche combattenti, Nicoletta Cosentino, palermitana di 47 anni, vittima di violenza domestica, riuscita ad emergere da una vita da incubo grazie al supporto del Centro Antiviolenza Le Onde Onlus, grazie al cui aiuto ha deciso di aprire un'impresa tutta sua. Dopo un travagliato percorso che l'ha prima supportata con assistenza legale e psicologica e uno stage formativo nell'azienda “I peccatucci di Mamma Andrea”, la “cuoca combattente” ha, infatti, capito che questo era ciò che voleva fare “da grande”.
“Esiste un tipo di violenza latente che non lascia lividi o meglio che lascia segni invisibili agli occhi esterni. E’ fatta di continue mortificazioni e denigrazioni che tendono a minare l’autostima della vittima da parte del carnefice, spesso vestito sotto le mentite spoglie di persona stimata e rispettabile. Solo cominciando a parlarne e a confrontarmi con gli altri ho capito di essere vittima inconsapevole di una violenza indicibile. Ed è stato allora che ho capito che dovevo salvarmi” spiega Nicoletta. Ha, così, deciso di produrre con le sue mani, e con l’aiuto di altre donne che come lei hanno subìto violenze, conserve e prodotti che portassero in etichetta una ventina di messaggi antiviolenza tutti diversi come “Tu vali e sei libera sempre”, “Chi ti ama non ti controlla”, “Senza paura sei molto più bella”, “Chi ti ama vuole solo che tu sia felice”, “Chi ti ama non ti critica continuamente”, “L'amore non ammette minacce, mai”, che fungessero da monito a chi li legge accendendo una lampadina di consapevolezza del male che spesso si subisce senza neanche rendersene conto.
Il progetto di Nicoletta ha ricevuto l’appoggio e il sostegno di tante associazioni e persone che l’hanno incoraggiata e aiutata a realizzare il suo sogno chiedendo un microcredito di ventimila euro il cui 20 per percento di copertura è stato ottenuto grazie al fondo per le “doti di libertà” di D.I.Re (donne in rete contro la violenza). Dopo alcuni mesi Nicoletta insieme ad altre donne che hanno un destino analogo ha aperto un'associazione tutta al femminile. Sugli scaffali dell’allegra bottega in cui i colori hanno fatto impallidire il ricordo nero della violenza subìta che è il filo conduttore che lega Nicoletta alle altre cuoche combattenti, si troveranno confetture preparate con materie prime di stagione come quella extra di cipolle rosse, extra di prugne settembrine, extra di pere e noci, ma anche conserve come il pesto di melanzane e poi di carciofi e arance, confettura di pere e cannella. Tra i lievitati non mancheranno i muffin e tanti altri dolci da forno e biscotti su ordinazione.
Grazie a questo percorso di rinascita Nicoletta ha acquistato l’indipendenza economica, la cui assenza è uno dei tanti espedienti utilizzata dai compagni per soggiogare le proprie donne, riconquistando così la libertà di vivere la propria vita in modo pieno e completo. Questo traguardo per Nicoletta è stato, in realtà, un trampolino di lancio che ha suscitato in lei il desiderio di fare della propria passione una professione riuscendo, al contempo, ad aiutare tutte le altre donne che stanno percorrendo lo stesso cammino di rinascita dalla violenza. Ecco che l'immediatezza di un’etichetta scritta in maniera efficace diventa un modo per svegliare la consapevolezza veicolando il motto del progetto: “Se ne può uscire”. Tutte le etichette, 24 per l'esattezza, intendono sfatare quegli stereotipi che tendono a mascherare gli abusi, difficili a volte da percepire perché camuffati sottoforma di premure e verso l’altro ma che, in realtà, ne nascondono il desiderio di sopraffazione e dominio. Il cibo diviene così un metodo per comunicare e condividere, un mezzo attraverso il quale veicolare i saperi e distribuire i compiti in una concezione di reciprocità e “sorellanza” che crea senso di unione e appartenenza e apre la mente ad una “possibilità di Libertà”.
Tutti i prodotti sono realizzati artigianalmente secondo ricette tradizionali utilizzando materia prima a “Km 0” proveniente da coltivazioni biologiche per garantire il rispetto della Terra e la genuinità del prodotto finale, conservando le risorse che la Natura ci offre, come si faceva un tempo, per godere dei gusti stagionali tutto l’anno per la riaffermazione della cultura del territorio con attenzione alla sostenibilità ecologica e ad un consumo critico. Un bell’esempio di resilienza che merita rispetto e ammirazione e che dimostra che dalla violenza si può uscire con la forza di volontà e determinazione, proprio quella che le cuoche combattenti hanno “da vendere” insieme a tante golosità.