di Emanuele Scarci
A Milano wine week, Mozzarella e Aversa Asprinio Doc fanno fronte comune.
In occasione della manifestazione milanese che si concluderà il 16 ottobre, Obicà Mozzarella Bar di via Cusani (21 ristoranti nel mondo) ha selezionato alcune eccellenze campane (mozzarella di bufala, pizza, filetti di alici e burrata) abbinandole ai vini del Consorzio di Caserta, espressione dell’Asprinio Aversa Doc. Noto in regione per essere adatto alla produzione di bianchi longevi e spumanti, l’Asprinio Aversa – che ha avviato il suo iter per la candidatura all’Unesco come patrimonio immateriale dell’umanità – è un vitigno che si estende tra le province di Napoli e Caserta e che si caratterizza per l’Alberata Aversana, antico metodo di coltivazione che s’incrocia col pioppo e che vede le viti raggiungere altezze fino a 10 metri.
Evento in onda
“Il Consorzio Vitica – osserva il presidente Cesare Avenia – è impegnato nel programma di promozione della denominazione Aversa Asprinio e Milano wine week è un’occasione per lanciare a un pubblico più ampio questi vini prodotti da uve Asprinio, frutto di un’agricoltura eroica e caratterizzata dalle famose Alberate Aversane”. L’Asprinio è un vitigno autoctono dalle origini greche ed etrusche, fu valorizzato dai Romani ed è iscritto al registro nazionale delle varietà di vite del 1970. Quest’uva a bacca bianca deve il suo nome alle caratteristiche organolettiche e sensoriali dei vini ed è coltivato soprattutto in terreni sabbiosi e tufacei, in gran parte di matrice vulcanica nell’areale dell’Agro-Aversano.
Il vino di Soldati
Il Consorzio Vitica conta appena 15 produttori di Asprinio che coltivano 250 ettari di vigneto, di cui 50 di Alberata. La produzione è ristretta, 200 mila bottiglie. Mario Soldati descriveva così l’Asprinio: “Non c’è bianco al mondo così assolutamente secco come l’Asprinio. Perché i più celebri bianchi secchi includono sempre, nel loro profumo più o meno intenso e più o meno persistente, una sia pur vaghissima vena di dolce. L’Asprinio no. Profuma appena, e quasi di limone: ma, in compenso, è di una secchezza totale, sostanziale, che non lo si può immaginare se non lo si gusta. Che grande piccolo vino”.