Sul palco Roberto Burdese, Giancarlo Gariglio, Fabio Giavedoni, Marco Bolasco
L'Italia un modello da esportare per rispondere al più grande quesito e sfida del mondo: la fame.
E il mondo del vino è l'esempio più eclatante e che può dare le risposte. Ma cosa può rimanere del Paese se la politica svende i territori a chi cementifica, a chi costruisce inceneritori? Queste alcune delle riflessioni con cui Roberto Burdese, presidente di Slow Food Italia, ha presentato il lancio della guida Slow Wine 2014 alla Biennale del Gusto a Venezia insieme ai curatori Giancarlo Gariglio e Fabio Giavedoni. Ha parlato e ha chiamato in causa i tanti produttori di vino accorsi da tutta Italia, sottolineando il loro ruolo di ambasciatori di un mondo sostenibile, perché portatori di valori sani e garanti di un futuro. “Partiamo da questo assunto – ha esordito -. I luoghi del vino sono il paesaggio della nostra identità e non si può essere felici in una comunità che non è felice. I nostri sindaci per fare quadrare i conti stanno svendendo il territorio. Rischiano di compromettere per sempre quello sguardo lungo di cui abbiamo bisogno invece in questo momento – dice con toni duri il presidente -. Acconsentono alla costruzione di inceneritori, ma in quei luoghi noi dobbiamo fare vino, praticare l'agricoltura. Per pagare le scuole danno i terreni a chi cementifica – e più tranchant – I politici citano il Made in Italy ma ci usano!”. Parole chiare per denunciare un sistema che, citando ancora le parole di Burdese, “sta mangiando le risorse dei nostri figli”. La questione della ricchezza della biodiversità sarà uno dei temai portante dell'Expo 2015 e sul clima con cui ci si sta preparando al più importante evento del mondo Burdese ancora una volta non risparmia critiche. “Vedo in giro la gente che considera l'Expo 2015 come un grande luna park, una mega fiera dove andare a vendere i prodotti. Così facendo perderemo l'occasione che ci dà l'esposizione. Dobbiamo invece pensare a presentare un modello Italia che può dare le soluzioni su come nutrire l'umanità. Abbiamo il know how, l'asset per dare le risposte giuste – per Burdese le tante realtà del vino hanno dimostrato che un altro mondo è possibile – È questo il successo: tanti vitigni, tanti territori, tante famiglie, tanti piccoli imprenditori, una piccola ricchezza diffusa soprattutto in quei territori considerati dall'economia marginali. Signori, il vino si fa in Irpinia no a Milano! È inutile aspettare la politica. La differenza la dobbiamo fare noi e a casa nostra”.
E sempre ai vigneron si rivolge Giancarlo Gariglio, curatore della guida: “Vivete nelle zone più belle del nostro territorio, non solo per le vigne stesse, ma spesso anche per gli edifici, le chiese e le bellezze nascoste, che voi contribuite a far rinascere. E se le istituzioni e i politici non capiscono che voi siete la punta dell’iceberg di un settore fondamentale per l’economia e lo sviluppo sociale del nostro Paese, allora dobbiamo fare di tutto per sensibilizzarli su questo tema”.
Contro uno Stato che continua a rivolgere lo sguardo altrove e lontano da quel settore che sta progredendo con numeri più che positivi, e con non poca fatica, rincara Fabio Giavedoni: “Oltre agli aspetti puramente commerciali, secondo noi di Slow Food ci sono due questioni da affrontare: quella, annosa, della burocrazia che attanaglia i produttori, e la mancanza di ricerca per cui non siamo all’avanguardia e per cui sarebbe necessario lavorare. Se noi fossimo produttori di vino, aderiremmo senza esitare alla Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti (FIVI), che porta avanti una complicatissima lotta contro la burocrazia nel mondo del vino. E noi siamo qui proprio per questo, per collaborare insieme”.
Manuela Laiacona