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L'evento

Petrini: “I giovani faranno la rivoluzione del vino. Stop ai punteggi, sì al naturale”

27 Marzo 2022

di Giorgio Vaiana, Bologna

Erano i più attesi. E non hanno deluso. Don Luigi Ciotti, di Libera e Carlin Petrini, papà di Slow Food hanno chiuso la plenaria che ha dato il via ufficiale alla prima edizione di Sana Slow Wine Fair, in programma alla fiera di Bologna fino al 29 marzo.

L’atmosfera non è certo quella del Vinitaly. E d’altronde non poteva essere altrimenti. Il mondo del vino “sano, pulito e giusto” è ancora di nicchia. Seppur gli organizzatori siano riusciti a mettere dentro questa fiera 542 cantine provenienti da 18 paesi. E come edizione numero 1 non c’è male. Ma, ammonisce Petrini, “la rivoluzione è già iniziata”. E questo termine, rivoluzione appunto, nel suo intervento, durato circa dieci minuti fitti fitti, lo ripete più e più volte. Quasi a voler sottolineare come i tempi presenti siano l’inizio di qualcosa di diverso che vedremo a breve (?). La transizione ecologica, per Petrini è ormai in atto. Quanto durerà? “Da pochi anni a forse oltre un secolo”, spiega Petrini che aggiunge: “Ma questa transizione cambierà il nostro modo di pensare. Finalmente torneremo in armonia con la Natura e sarà un processo di liberazione, un periodo che va affrontato con gioia, non come dice qualcuno, un periodo brutto e difficile”.

La storia delle novità legate al mondo di Slow Food, Petrini la fa risalire agli anni ’80, “quando iniziammo a valutare il lavoro di alcuni produttori – dice – Spingendo questi piccoli produttori a fare il salto di qualità”. Allora “come adesso d’altronde, il prezzo delle uve, per rimanere in tema, non lo decidevano di certo i contadini stessi. E oggi loro hanno sempre l’ultima parola sulla questione prezzi. Ed è assurdo”. I tempi sono cambiati. “Oggi è davvero difficile fare un vino cattivo, ci si deve davvero impegnare – dice – Sono convinto, però, che sono finiti i tempi delle valutazioni con i numeri dei vini. Ormai le guide devono avere il compito di raccontare storie, far conoscere quel produttore o quella cantina”. Una nuova epoca per il mondo enologico italiano “che deve essere in grado di produrre in armonia con l’ambiente e nel rispetto dei lavoratori”. E Petrini ha ben individuato chi saranno gli artefici di questo cambiamento: “I giovani della generazione che oggi è in piazza e chiede alla politica di darsi una mossa su alcune tematiche”. Sembra chiaro il riferimento di Petrini a Greta Thumberg, anche se non la cita mai. “Sono i giovani che poi non chiederanno quanti punti ha un determinato vino, ma chiederanno che trattamenti chimici vengono fatti in vigna. Chiederanno se i lavoratori hanno dei contratti regolari”.

E’ vero, dice Petrini “che questa pratica del biologico e dell’etica costa di più – ma mi girano un po’ quando sento lamentare dei produttori di Barolo, solo per fare un esempio, che vendono la loro bottiglia di vino a 50 euro. A questi di solito li mando a quel paese”. Insomma Petrini non ha dubbi: “Questo nuovo modo di fare vini avrà il consenso dei giovani”. Ma attenzione: “Vedo, però, troppi giovani o produttori più grandicelli che pensano di più a fare marketing che stare in vigna. Non va bene. La terra bisogna conoscerla prima di poter vendere questo o quel vino”. Sui vini naturali aggiunge: “Mi ricordo quando assaggiavo certi vini – dice – A volte era uno strazio. Barolo che sapeva di Marsala o di merdino (intende puzze, ndr). Questo era dovuto per pratiche di travaso così così, damigiane che facevano ossidare il vino. Ma già allora notavo un certo rispetto per chi sceglieva di produre vini in questa maniera. E’ vero che questi vini erano brutti, ma adesso non è più così. Le loro spigolature non sono difetti, ma elementi caratterizzanti. La qualità è la loro diversità. Non devono essere vini omologati, ma vini che rispecchino il territorio, in cui in vigna non ci sia uso della chimica e la presa di coscienza che si tratta di vini diversi, ma non per questo meno buoni. E lo dico senza paura di essere smentito. Il vino naturale sarà il vino del futuro”.