(La brigata di cucina – ph Butturini)
Una serata speciale, un po’ anni ’80, totalmente sold-out. Per comprenderne il calibro, compreso quello dei quattro interpreti della cena-evento di lunedì 2 settembre, è necessario allargare l’orizzonte spazio-temporale.
Accoglienza raffinata oltre l’ordinario: il luogo della cena è nelle isole Eolie, a Salina, la stessa che l’emittente televisiva statunitense Cnn ha definito qualche settimana fa “Italy's secret gourmet island”. Qui Clara e Michele Caruso hanno concepito presso l’hotel di famiglia, il Signum, un nuovo standard nazionale: accoglienza e servizi taylor-made, comfort assoluto, design italo-siciliano, terme all’aperto, ristorazione gourmetstellata, berebene oltre i confini fisici, di pensiero e di pudore. La generazione più giovane dei Caruso, Martina e Luca, non sono stati risparmiati dalla fatica e si trovano in trincea da marzo a novembre, la prima come executive-chef, il secondo direttoreresponsabile della struttura e head-sommellier. I fuochi d’artificio all’orizzonte, quelli concessi gratuitamente dallo Stromboli, sono la ciliegina sulla torta dell spettacolo.
(Luca Caruso, Martina Caruso, Arturo Pallanti, Giusepplina Milazzo, Saverio Lo Leggio, Pino Cuttaia – ph Butturini)
Vini di Sicilia
La storia della azienda agricola Milazzo attraversa cinque generazioni di viticoltori. Giuseppina Milazzo e Saverio Lo Leggio, coppia nella vita, curano 85 ettari di vigna sulle colline di Campobello di Licata, nell’entroterra agrigentino, a circa 400 metri di altitudine. I primi passi vengono compiuti tra la fine degli anni ’60 e ’70, l’assestamento dei vigneti negli anni ’80, le prime bottiglie sono sul mercato nel 1991. I vitigni utilizzati sono i migliori autoctoni siciliani, Nero d’Avola, Nero Cappuccio e Perricone per i rossi, Inzolia e Catarratto Lucido per i bianchi, ma si innesta anche Chardonnay, fondamentale per una produzione spumantistica che è storia. L’approccio alla viticoltura è artigianale, bio, sostenibile, massima la tutela verso il territorio e il verde.
(Pino Cuttaia ai fornelli – ph Butturini)
Vini d’Italia
Il primo Merlot italiano di successo di cui si ha memoria si chiama L’Apparita. È di una cantina presso Gaiole in Chianti in provincia di Siena, in Toscana. Castello di Ama, così si chiama l’azienda condotta da Lorenza Sebasti e Marco Pallanti, sforna nel un capolavoro enologico dalla sommità del vigneto Bellavista da cui si scruta, anzi, “appare” Siena. Un millesimo fortunato il 1985 giacché Robert Parker, per la stessa annata, consacrava la Toscana assegnando il voto di 100/100 ad un altro rosso in crescita, un Cabernet, che si chiamava Sassicaia. Oltre l’anomalia e il geniale intuito, il Sangiovese resta il cuore della produzione e l’espressione più alta per uno dei simboli del Chianti Classico.
(Martina Caruso prepara i piatti della cena – ph Butturini)
Ristoranti d’Italia
La Madia di Licata è uno tra i ristoranti più famosi d’Italia. Pino Cuttaia, classe 1967, patron e chef, è un cuoco della memoria, visiva e gustativa, dalla semplicità minimale come le scaloppe al limone, all’Uovo di Seppia, al Cannolo di melanzana perlina in pasta croccante, forse il piatto che ha acceso i riflettori. Complesso comprendere come e perché sia arrivato ad aprire nel 2000 insieme alla moglie La Madia. I suoi anni ’80 li aveva passati nelle fabbriche piemontesi e Al Sorriso di Soriso (No), all’epoca uno dei pochi Tre Stelle Michelin della penisola.
(Foto di gruppo di rito – ph Butturini)
La cena
Firmata dagli chef Martina Caruso e Pino Cuttaia, “Storie di Terre e di Mari” è il tema del menù che ha visto a braccetto Mar Mediterraneo e Mar Tirreno, assieme ai vini dell’azienda Milazzoda un lato e di Castello di Ama dall’altro.
(Bagna cauda con ricci di Martina Caruso – ph Butturini)
L’apertura è di Martina, la Bagna Càuda con ricci di mare è l’overture di rito della stagione 2019 del Signum. Ha tutte le suggestioni piemontesi armonizzate in Sicilia, tanto da sembrare cucine gemelle. Lo accompagna il Brut Nature di Milazzo, un Metodo Classico da Inzolia e Chardonnay, dal colore paglierino brillante e dal bel perlage. Verde e teso al naso, nel bicchiere passa gradatamente a note giovani più fruttate, senza mollare le note minerali. Corrisponde la bocca a cui si aggiungono durezze sapide.
(Quadro di alici di Pino Cuttaia – ph Butturini)
Il piatto successivo, il Quadro di Alici, sempre del maestro Cuttaia, è una icona. Le alici sono marinate in aceto e acqua di mare, si aggiungono del carbone di nero di seppia, pomodori verdi e una maionese di bottarga di tonno, guarniscono anelli di cipolla di Tropea. Il ghiaccio l’ingrediente segreto che non compare. Il Selezione di Famiglia 2015 è uno Chardonnay elegante che ricorda il fascino dei migliori Chablis, il vitigno nella sua energica pienezza isolana è smussato da un colto lavoro sui legni, riconoscibili in note di crema di vaniglia e nocciole.
(Risotto cozze e capperi di Pino Cuttaia – ph Butturini)
Il primo, il risotto cozze e capperi di Pino Cuttaia, merita un approfondimento. “Negli anni ’80 – racconta Pino – lavoravo con dei napoletani in Piemonte. Facevano le cozze scoppiateaggiungendo i capperi per esaltare il sapore del mare. Quando qualcosa ti colpisce e ti piace te lo porti addosso, poi magari per interpretarlo e farlo tuo ci vogliono degli anni”. L’iperbole: “Cozze e capperi al principio sono entrambi amari, ma il sale – il luogo dove sono nati, il Mar Mediterraneo – li addolcisce”. Le cozze sono aperte a crudo, per recuperarne l'acqua e per preservarne la morbidezza. Vengono aggiunte alla fine della cottura, nel mantecare il risotto. Del cappero, invece, viene utilizzato il fiore ma anche i suoi tenerumi, le foglie che sono amare e vengono usate come fossero alghe. Al risotto, una volta impiattato, viene aggiunta polvere di cozza disidratata e cappero essiccato. Lo accompagna il Castello di Ama, Purple Rose 2018, un rosato a base di Sangiovese con una piccola aggiunta di Merlot. Ciliegie e fragoline anticipano una bocca fresca e setosa che smorza la pungenza sapida dei capperi e rinfresca le rotondità del risotto.
(Mezzi paccheri con totano e tuma persa di Martina Caruso – ph Butturini)
A seguire, i Mezzi Paccheri con totano, Tuma Persa e bieta croccante di Martina Caruso. Un piatto del nuovo menù 2019 pensato da Martina per esaltare il totano, un mollusco molto usato dalle famiglie dell’isola. La Tuma Persa evoca un’altra battaglia, quella in favore del produttore caseario Passalacqua rimasto isolato, fisicamente e istituzionalmente, qualche mese fa. Magnifica la riduzione ottenuta con le interiora del totano e col suo nero, anche il brodo di mantecatura è ottenuto con i ritagli del totano, bieta e acetosella, quel fiorellino giallo il cui gambo, se masticato, rilascia un succo acido e rinfrescante. In abbinamento, il Chianti Classico Gran Selezione San Lorenzo 2011 di Castello di Ama, un vino che matura per un anno in barrique e che è espressione della tradizione del Chianti. La Gran Selezione, in particolare, è il vertice della piramide di qualità del Chianti per questa azienda.
(Capocollo di suino nero dei Nebrodi di Pino Cuttaia – ph Butturini)
Il secondo è una golosità di Pino, il Capocollo di Suino Nero dei Nebrodi al sugo domenicale, dove l’acqua di pomodoro usata per la preparazione esalta le componenti dolci-acide del sugo della tradizione, qui pensato per i due diversi tagli, la fetta spessa di capocollo e la costoletta di maialino arrostita alla griglia. Necessario in abbinamento un rosso strutturato, perfetto il Duca di Montalbo 2007, un Nero d’Avola e Nerello Cappuccio con quattroanni di affinamento in legno (barrique per il primo e botte grande per il secondo), più ulteriori due in bottiglia dopo i tagli finali. In questo specifico caso, tuttavia, sono 12. Il colore è rubino-granato. Al naso è ancora fresco ed elegante, con note di frutta rossa tra cui prugna e confettura di more. Ricco il tannino, al palato è pieno, elegante, succoso.
(Crostata di limone di Martina Caruso – ph Butturini)
Chiudono il Caprino di Capra Girgentana dell’azienda agricola Montalbo, con una stagionatura di 15 mesi, e la Crostata di Limone con meringa bruciata all’italiana e gel alla liquirizia di Martina. In abbinamento l’ultimo nato dell’azienda, il Terre Tardive 2017 di Milazzo, uno Chardonnay-Inzolia nel quale le uve, raccolte tardivamente, sono macerate a freddo per 24 ore e lasciate fermentare sempre a bassa temperatura. Luminoso, i riflessi ambrati sono appena percettibili. Il naso è ampio, ricco, tropicale, ananas maturo, papaia, mango e arancia candita. In seconda linea, fieno, basilico e ortica. In bocca è morbido e vellutato, freschezza e sapidità confermano una grazia indossata con grande naturalezza.
C.d.G.