di Clara Minissale
Una visione della cucina e del gusto che va oltre le frontiere fino ad ora esplorate. Creatività, inventiva, etica, professionalità. Sono tanti i motivi per cui bisognava esserci a Gastronomika, uno dei più importanti congressi mondiali di alta cucina che si è svolto i primi di ottobre a San Sebastian, nella Spagna nord orientale.
Parola di Carlo Passera, giornalista di Identità Golose che, di ritorno dalla città basca, sintetizza in tre punti fondamentali l’importanza del congresso che mette insieme chef, cene, cooking show, dibattiti, conferenze e, soprattutto, i più grandi cuochi iberici.
Innanzitutto l’Oriente. Gastronomika quest’anno ha messo a confronto i suoi chef più celebri con un Oriente piccolo e sconosciuto ai più, portando sul tavolo o meglio, sul piatto, la cucina di Singapore e Hong Kong.
“L’Asia – racconta Carlo Passera – è una delle aree maggiormente stimolanti per la cucina mondiale. Singapore è interessante perché è grande un sesto del Molise, non ha praticamente territorio né identità propria di nazione eppure è il concentrato delle culture delle nazioni vicine. La sua identità è fusion. Gli alimenti provengono dalla tradizione cinese, indiana e malaysiana ai quali si aggiunge l’influenza occidentale effetto della colonizzazione britannica. Tutto questo ha, naturalmente, un lato positivo che trova la massima sintesi nel lavoro di quanti stanno cercando di valorizzare la forza locale, quella fusion attraverso la quale creare identità. Il risvolto della medaglia è che alcuni chef, invece, hanno scelto di de-territorializzare del tutto la propria cucina e quindi i loro piatti potrebbero essere stati creati ovunque”.
Il secondo punto di forza di Gastronomika, secondo il giornalista di Identità Golose, “è la dimostrazione che la Spagna rimane sempre estremamente dinamica, come ha dimostrato ad esempio Andoni Aduriz, chef del Mugaritz, che ha creato una terra commestibile sulla quale fa germogliare dei semi di chia con i quali poi realizza un cannellone che riempie con astice. Una coltura commestibile chiamata Canelón vivo, col germoglio che rimane, appunto, vivo fino al momento in cui è ingerito”.
Ultima ma forse più importante in termini di visione complessiva del presente e del futuro della gastronomia, la performance di due dei tre fratelli Roca che, con il loro ristorante di Girona, El Celler de Can Roca, svettano in cima alla classifica dei migliori ristoranti del mondo.
“I Roca sono apparsi dieci scalini sopra tutti gli altri conferenzieri per autorevolezza, capacità, inventiva e rispetto dell’altro”, secondo Passera. “Josep, il sommelier – racconta – ha fatto una conferenza su vino, cultura, ecologia, ambiente, uomo, che ha fatto venire la pelle d’oca a tutti i presenti per la profondità culturale del suo intervento. Poi ha fatto assaggiare poche preziose gocce del vino di Gonzàlez Byass da Jerez, coetaneo della battaglia di Trafalgar del 1805, imbottigliato proprio mentre a Cabo Trafalgar, al largo di Cadice, Nelson portava i suoi uomini verso la vittoria”.
Poi è stata la volta di Joan, il cuoco del Celler, “che ha raccontato gli sviluppi del lavoro con la Rotaval, la macchina in grado di distillare qualsiasi tipo di aroma. La sua cucina, quella sulla quale sta lavorando – dice Passera – sarà la conseguenza dell’estrazione degli aromi più impensabili come ad esempio quello della lana di pecora, diventata appunto un aroma finito in un dolce con gelato fatto con yogurt di latte di pecora. Con il Rotaval sarà possibile creare aromi da qualunque cosa e abbinarli a qualunque bevanda alcolica immaginabile creata con gli stessi principi. Ascoltandoli hai l’esatta sensazione che questa sia l’ultima frontiera della cucina possibile. Come si potrà andare più avanti di così nella ricerca? I Roca – conclude Passera – sono i veri eredi di Ferran Adrià e della sua grande lezione di apertura mentale e la dimostrazione che la cucina non è solo quella della nonna ma un territorio inesplorato del quale si possono ampliare i confini. E loro lo fanno con competenza, cultura e gentilezza d’animo”.