E tra le cifre interessanti il prezzo dell'uva nei vigneti ormai dichiarati patrimonio dell'Unesco, che può anche raggiungere sette euro al chilo
(Domenico Avolio e Thibaut Le Maillouse)
da Milano, Michele Pizzillo
Quarantatré banchi di degustazione riservati ad altrettanti marchi, per un totale di 120 cuvée, allestiti nel grande salone degli specchi dell’elegante Principe di Savoia di Milano, per l’annuale appuntamento che il Bureau du Champagne Italia organizza per chiamare a raccolta i professionisti del settore.
Appuntamento che questa volta porta una novità straordinaria: l’ingresso della Champagne nel Patrimonio mondiale dell’umanità tutelata dall’Unesco. Ma nella bella sala dell’albergo meneghino forse nessuno se ne è accorto di questo importante traguardo che dovrebbe assicurare la tutela di una terra straordinariamente fortunata per i frutti che offre all’uomo, probabilmente perché impegnati a saltare da un banco all’altro forse per timore che terminassero le bottiglie offerte in degustazione da distributori e produttori di ottime bollicine.
D’altronde, pur con importanti defezioni (mancavano Mumm e Krug, per esempio), il parterre di proposte ha suscito l’interesse di sommelier, ristoratori, enotecari, venditori di un prodotto che a quanto pare non conosce la parola crisi. Che sintetizza, molto efficacemente Hsam Eldin Abou Eleyoun, delegato dell’Ais milanese: “C’è di tutto e, forse, anche di più”. Mentre il presidente nazionale dell’Ais, Antonello Maietto, era impegnato in una degustazione probabilmente riservata a pochi “eletti”.
Le cifre, intanto. Nel nostro paese arrivano 5.795.957 su 144.870.262 di bottiglie esportate “che inseriscono l’Italia al settimo posto nella classifica mondiale dell’export – sottolinea Thibaut Le Maillouse che del Comité interprofessionel du vin de Champagne è il direttore della comunicazione – dopo Gran Bretagna, Stati Uniti, Germania, Svizzera, Belgio, Emirati Arabi e Giappone”, ma con la differenza che gli italiani preferiscono di più gli champagne millesimati. “Ed è una tendenza che si va consolidando, visto che nel 2015 l’attuale 20 % di cuvéees de prestige sarò superato”, evidenzia Domenico Avolio, direttore del Bureau du Champagne Italia, tant’è vero che alla giornata milanese dedicata allo champagne, viticoltori e maison, hanno proposto in degustazione da uno a due etichette di champagne millesimati o cuvée speciali. A maggior ragione per le previsioni sulla vendemmia 2015, ufficialmente conclusa il 28 di settembre, che dovrebbe essere una di quelle annate da ricordare per lungo tempo. “È stata una bella vendemmia –dice Le Mailloux – grazie alle favorevoli condizioni climatiche che hanno caratterizzato il nostro territorio, preservando la salute dell’uva, e permettendo così di ottenere un mosto molto equilibrato tra aroma e acidità”. Aggiunge Le Mailloux: “Questi parametri equilibrati sono la migliore premessa per le future cuvée e molti già prevedono un grande millesimo, sebbene sarà necessario aspettare le prime degustazioni di vini fermi all’inizio della primavera per confermare queste attese”.
Secondo l’uomo che il Comité interprofessionel du vin de Champagne ha inviato da Eparnay alla grande degustazione milanese per evidenziare l’importanza del mercato italiano per le bollicine francesi, il prezzo dell’uva non dovrebbe scostarsi di molto dalle quotazioni del 2014, quando fu calcolato in 6,05 euro al chilo. Nelle zone più pregiate si ha notizia che sarebbero stati superati i 7 euro a chilo, anche perché molti viticoltori non avrebbero raggiunto la resa massima di 10 mila chilogrammi per ettaro stabilito dal Comité nel luglio scorso. “Per conoscere l’esatto costo di un chilo di uva bisognerà attendere ancora qualche settimana – dice Le Mailloux -, quando gli uffici preposti avranno a disposizione tutti i dati di vendita per fare poi la media del costo di un chilo d’uva del vigneto champenois”.
Mentre è stata accentuata la politica di sostenibilità del vigneto della Champagne, iniziata nel 2000. Negli ultimi anni, secondo Le Mailloux si è pensato a riciclare l’acqua e a ridurre la CO2, oltre che preservare il terroir e tutto l’ambiente dove è inserito il vigneto champenois”. Una esigenza avvertita di viticoltori, ma, soprattutto, richiesto dalle comunità che vivono in questa regione della Francia. Tant’è che è stato dimezzato l’utilizzo di fitosanitari “e abbiamo notizia che entro qualche anno dovrebbero essere completamente eliminati”, aggiunge Avolio. Anche perché è stato studiato un sistema di riduzione dell’attività sessuale degli insetti capace di arginare la procreazione di questi animali che poi richiedono l’utilizzo di fitosanitari per essere eliminati. Insomma, un sistema per mettere al “bando” i prodotti chimici in modo veramente naturale e contestualmente preservare la salute dell’uva. Secondo il rappresentate di vignerons e maison, oggi l’80 per cento del vigneto bio francese si trova in Champagne.
Intanto a Milano, tra defezioni e nuovi arrivi come la Feudi di San Gregorio che da 15 giorni importa champagne, la degustazione durata 8 ore è stato un successo. Quindi, le divisioni fra i produttori di champagne – “noi abbiamo invitato tutti”, dice Avolio – non interessano intanto i professionisti del settore e poi i consumatori che nemmeno avvertano eventuali dispetti e sgarri fra addetti ai lavori.