di Michele Pizzillo
Il rispetto della tradizione è perentorio al Savini, da 150 anni luogo simbolo della cultura culinaria della città, ubicato in Galleria, a Milano, tra il Duomo e il Teatro alla Scala.
Ed è proprio il tempio della musica che impone il rispetto della tradizione e, cioè, la proposta di un menù speciale dedicato ai protagonisti del grande teatro meneghino. Che sono passati tutti da questo storico ristorante che dieci anni fa è stato rilevato da Giuseppe Gatto, ristoratore originario di Agrigento ma milanese dal 1974. Il menù speciale per la prima della Scala, il 7 dicembre – in scena l’opera “Madama Butterfly” di Giacomo Puccini – è dedicato a quattro protagonisti del mondo della lirica. Così lo chef Giovanni Bon, ispirandosi alla cucina milanese ma rivisitata secondo il proprio estro, propone quattro piatti che racchiudono un po’ la vera anima del Savini, dove cultura, tradizione e modernità rappresentano un mix unico. Dice Bon: “La tradizione si esprime nella proposta di piatti tipici lombardi, sempre scelti seguendo stagionalità ed estrema qualità e modernità, che si concretizza nella scomposizione e rivisitazione delle ricette, nella scelta di ingredienti con influenze straniere o in una differente tipologia di cottura”.
(Giovanni Bon)
Vediamoli questi piatti.
Partendo da quello dedicato a Maria Callas, l’antipasto “rognone trifolato al Porto con crema di polenta e germogli di salvia peruviana”, che avevauna vera passione per la cucina ed era una grande estimatrice di carne e polenta, sempre richiesti quando cenava al Savini.
A Giuseppe Verdi è dedicato un classico, “Risotto alla milanese”, il suo piatto preferito.
Il secondo è dedicato a Giacomo Puccini “piccione royale cotto al caramello salato con castagne” visto che il compositore toscano, da abile cacciatore, al Saviniera solito ordinare piatti a base di selvaggina.
Il dessert, invece, è riservato ad Arturo Toscanini, “pera cotta al Barolo Chinato e grappa con cioccolato e sbrisolona”. Il grande maestro non si faceva mai mancare un dolce a fine pasto ed era solito recarsi al Savini perché lo riteneva locale molto attento alla presentazione dei piatti ma anche all’atmosfera chic che qui si respirava.
E, poi, il Savini è stato sempre un punto di incontro di molti illustri nomi del mondo culturale e artistico, da Giuseppe Verdi a Giacomo Puccini, da Pietro Mascagni ad Arturo Toscanini, da Eleonora Duse a Luigi Capuana, da Arrigo Boito a Gabriele D’Annunzio, da Giuseppe Verga a Mosè Bianchi, da Emilio Praga a Filippo Tommaso Marinetti che qui organizzò la prima cena Futurista. Negli anni ’50 il Savini, appena risorto dagli orrori della guerra, vede le sue sale affollate da personalità come Maria Callas e Luchino Visconti, Charlie Chaplin e Lana Turner, Ranieri e Grace di Monaco, Erich Maria Remarque e Jean Gabin, Frank Sinatra e Ava Gardner, Carla Fracci e Henry Ford, Totò e Peppino de Filippo. Mentre il poeta Eugenio Montale disse che “La passione per la perfezione arriva sempre troppo tardi, a volte, per certe imprese non bastano cento anni, ma si manifesta sempre come passione per la poesia. In questo locale ho incontrato quella della cucina”.
(Una foto storica del Savini: Luchino Visconti e Maria Callas)
Da quando lo hanno acquistato, Giuseppe e Sebastian Gatto, hanno sempre creduto nella possibilità di far tornare la splendida stagione di quando il mitico Savini una sorta di cuore culturale ed artistico di Milano. E da buoni immigrati, con Giuseppe che ha fatto la gavetta prima di diventare proprietario del Savini, sono orgogliosi di aver salvato un grande locale che una decina di anni fa era avviato ad un declino inesorabile.
Da raccontare anche la storia di Giuseppe Gatto che arriva a Milano nel 1974, cominciando a lavorare come assistente barman in un piccolo locale del centro. Nel 1980, con l’aiuto della moglie Rosita, riesce ad aprire, in zona periferica, un proprio bar. Un successo inaspettato, che lo porta nell’anno seguente a decidere di proseguire nella sua avventura vendendolo per acquistare un locale più grande in una posizione più centrale. Così, nell’arco di un decennio, sempre a Milano, Gatto compra, restaura e rivende più di 10 bar; smette nel 1994, con l’acquisto del Cafè dell’Opera, a due passi dalla Scala.
L’espansione dell’attività imprenditoriale avviene un primo lustro del nuovo Millennio – quando a Giuseppe si affianca il figlio Sebastian che dopo la laurea in economia all’università Bocconi, decide di seguire le orme del padre nel business di famiglia – non solo ritornando a far funzionare realtà fino al loro arrivo in equilibrio precario, ma anche facendo crescere la propria società grazie alla creazione di una catena di caffè-ristoranti tra Milano e l’hinterland che attorno alla mitica Scala, per esempio, comprende Caffè Mercanti, Caffè Martini e il Caffè Aperol.
Nel 2007, il grande salto: la famiglia Gatto rileva il leggendario Ristorante Savini, restaurandolo e riposizionandolo con successo nel gruppo dei locali-mito di Milano. Al Savini si dedica Sebastian che ha contribuito alla guida dell’azienda attraverso un programma di accreditamento e consolidazione del brand che ha visto la nascita di un nuovo brand “Granaio” e dei rispettivi punti vendita. Ma la visione imprenditoriale di Sebastian non si limita all’Italia. Nei suoi progetti è prevista anche un’espansione diffusa, a livello globale, che coinvolgerà il Ristorante Savini. L’idea è infatti quella di far diventare il Savini un brand internazionalmente ancora più affermato.