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L'evento

Chiude “Perù, feeds your soul”: la cucina degli Incas fa impazzire i milanesi (e non solo)

21 Ottobre 2015
Luis_Arvalo Luis_Arvalo


(Luis Arévalo)

da Milano, Michele Pizzillo

“Perù, feeds your soul”, evento parallelo ad Expo 2015 voluto dal ministero del commercio estero e turismo del Perù per far conoscere la ricca cultura culinaria del paese degli Incas, ha concluso l’esperienza milanese come si suol dire, con il “botto”.

Con la cucina di Luis Arévalo, chef-patron del ristorante Kena di Madrid, conosciuto come il precursore della cucina nikkei in Spagna, ma in particolare per la sua abilità di fare un tutt’uno della tradizione peruviana con quella dei paesi dove, di volta in volta, apre ristoranti o è chiamato per consulenza di locali che vogliono proporre piatti di quella che oggi è giustamente ritenuta la più importante cultura gastronomica del mondo. E chi ha avuto la fortuna di visitare “Casa Perù” nel periodo di Expo se n’è potuto rendere conto visto che sono passati tutti i grandi chef del paese sudamericano: da Gaston Acurio a Hector Solis, da Edgardo Umeres a Pedro Miguel Schiaffino, da Diego Oka a Virgilio Martinez, da Mitsuharu Tsumura a Monica Huerta. Spesso elaborando menu a quattro mani con Daniel Canzian, che ha ospitato i colleghi peruviani nel suo raffinato ristorante “Daniel” nel cuore di Brera.


(Amora Carbajal Schumacher)

Alla serata conclusiva di “Perù, feeds your soul” – “ma noi restiamo perché ci saremo sempre a Milano”, dice la direttrice dell’ufficio economico-commerciale del Perù per l’Italia, la simpaticissima e cordialissima Amora Carbajal Schumacher -, Arévalo con il suo omonimo-figlio Luis, ha proposto sei piatti da tramortimento immediato per sintetizzare una cucina molto variegata in base ai microclima che caratterizzano tutto il paese andino, e la disponibilità di materia prima sconfinata e “scrivilo” – obbliga Amora -, fantastica. “Ci manca solo la mozzarella di bufala”, aggiunge il nuovo console peruviano a Milano, Ricardo Morote con nonna originaria di Santa Margherita Ligure; e uno degli ospiti commenta, se producessero dell’ottimo vino il cerchio si chiuderebbe alla grande per la grande cucina peruviana.


(Luis Arévalo figlio)

All’“operazione piacevolissimo tramortimento” ci pensa prima Rafael Rodriguez – se tutto va bene da fine novembre avrà un locale tutto suo a Monza – con i suoi Pisco sour per accompagnare gli antipasti preparati da Arévalo e, cioè, il biscotto di causa limena con chicharro (pesce azzurro, insomma) e alioli di wasabi e terra di olive botija, in questo caso ricciola condita anche con una salsa dove è presente il miso giapponese. Siamo solo all’antipasto e già ci si libra verso il paradiso del gusto. Dove si sprofonderà dopo che i Luis, padre e figlio, faranno servire la zuppa di gambero rosso al curry con annessi uova di quaglia, pezzitini di tofu e brodo fatto con succo di mais nero, soffritto di peperoncino giallo, curry e l’erba conosciuta con il nome wakatia. Tutto condito dalla parlantina di uno chef molto colto, tant’è vero che prima di iniziare il suo percorso di cuoco, ha studiato ingegneria agronomica e amministrazione d’impresa, che dettagliatamente spiega i suoi piatti. Alla zuppa segue un piatto tipico dell’Amazzonia, la sua terra: picadillo de paiche con tabule di manioca integrale, cioè pesce di fiume (paiche) che da queste parti è una sorta di baccalà visto che viene anche essiccato per conservarlo il più allungo possibile, anche perché si pesca in una zona del Perù praticamente irraggiungibile e quindi la gente consuma solo quello che coltiva o raccoglie nella foresta amazzonica e pesca nei fiumi. C’è anche la carne, con un piatto che arriva dal Nord Est del Paese, dumpling di coda di manzo alla nortena, che ai peruviani presenti alla cena non vedendo il riso a tavola si chiedono “come mai non c’è il riso”?  


(Rafael Rodriguez)

Ma la maestria di Luis ne ha fatto un’altra delle sue perché quella specie di retina che riveste la carne è fatta con il riso: tutto in un piatto e un solo aggettivo: fantastico. E non è finita, perché le altre sorprese arrivano dal dessert, gelatina di mazamorra morada, spuma di riso zambito e umeshu: un dolce che si fa solo nel mese di ottobre, il mese viola cioè sacro per la tradizione andina, perché in occasione di un violento terremoto che distrusse tutte le abitazioni, rimase in piedi solo la parete raffigurante una grande immagine di Cristo. Il Cristo dei miracoli a cui è dedicato appunto il mese di ottobre.


(La tavolata pronta per la cena di chiusura)

Insomma, una serata eccezionale dove ha parlato, attraverso i piatti di Arévalo, la tradizione culinaria peruviana confermando di essere la più grande del mondo. “Con i nostri chef richiesti dappertutto”, aggiunge la simpaticissima Amora, una donna che ti fa amare il Perù al punto che appena la saluti, vorresti correre in un’agenzia per prenotare un viaggio in questo paese dalle grandi risorse alimentari. Se poi non basta Amora e Arévalo, c’è il vice ministro dell’agricoltura, Cesar Sotomayor, presente alla serata, a completare l’opera: “a parlare della nostra gastronomia sono gli chef, il 97% dei peruviani che lavorano la terra, e la passione nostra e degli amici del Perù”.