La Sicilia del vino deve molto alle sue donne. Hanno cambiato faccia al vino siciliano. E il vino siciliano ha cambiato faccia alla Sicilia. Cortina ne ha celebrate dieci.
Dieci donne forti, decise, ambiziose, belle e di successo. Dieci gamme di bellezze, di caratteri, di temperamenti. Donne forti e vulnerabili, dure ma che sanno piangere, imperturbabili ma pur facili a commuoversi. Mamme, mogli, imprenditrici, così dolci nel chiedere, così aspre e acide nel rifiuto a piegarsi alle convenzioni del passato. Dalla mite Roberta Lanzara alla scoppiettante José Rallo, un affollato arazzo di personalità, una celeste rappresentazione dell’ enologia siciliana. Celebrato da “Civiltà del Bere” al “Vino Vip” la biennale che officia il vino italiano di qualità, e alle cui “signore del vino” ha dedicato un siparietto “La Sicilia delle donne conquista il mondo”. Come? La spiegazione la troviamo valutando quel «comune denominatore che s’individua – secondo l’analisi del direttore dell’Irvv Dario Cartabellotta – nella loro azione, conoscenza, eleganza e determinazione. E che hanno messo i vini siciliani in una sfera di proiezione per lanciarli lontani nel mondo grazie ad una sensibilità ed una cultura che dobbiamo riconoscere, appartiene molto di più all’universo femminile che non a quello maschile. E questa atmosfera creata dalle donne attorno ai vini siciliani è più bella e simpatica, capace a calamitare un consumatore che va alla ricerca di sentimenti, di emozioni e di cose che hanno a che fare con la terra, la natura e anche capace di raccontare se stessa attraverso i valori e la diversità che sono la vera ricchezza siciliana». In Italia nessuna regione enologica vanta una “quota rosa” così pingue. Conquistata senza lotte sociali, né vertenze sindacali. «La nostra evoluzione femminile si è sviluppata nel più naturale dei modi – ha esordito Lilly Fazio la prima a salire sul proscenio – come naturale è stato il nostro approccio con dei “generi” tutti al femminile, vedi la vite, l’azienda, la vigna, la cantina. Sono comunque tre i pilastri su cui poggia la nostra filosofia aziendale. Promuovere l’immagine di una Sicilia che cambia, promuovere i nostri vitigni autoctoni, salvaguardare il suggestivo paesaggio ericino. E’ vero, a volte ci siamo cimentati con l’ alloctono ma l’esperienza col Müller Thurgau in verità è stata per noi come un gioco. Ma è proprio la ludica allegria a generare le eccellenze. E il nostro Thurgau, fermo e mosso, ci ha sorpresi tutti». Quella di Lilly è una filosofia legata all’anima. E la sua stella polare, un proverbio cinese: “se vuoi un anno di prosperità fai il grano, se vuoi dieci anni di prosperità fai la vite, se vuoi cent’anni di prosperità fai un uomo”. Le ne ha fatti tre. Tutti rigorosamente di genere… “femminile”.
Caterina Tumbarello azienda Pellegrino e Clara Sala “Gorghi Tondi” si sono cimentati con lo “Zibibbo e le sue variazioni”. Due modi di interpretare il vitigno autoctono siciliano, versione 100%. La prima lo ha vestito alla siciliana, finemente rude, maschio con i caratteri della sua terra i profumi fruttati che si confondono con l’odore di una pelle che ha patito le fatiche di un duro lavoro. La seconda lo ha dotato di una divisa alla marinara. Un capitano di lungo corso elegantissimo con una limpida sapidità finale che sa di sasso marino ancora bagnato. I prestigiosi riconoscimenti che ha ricevuto questo vino chiariscono che i successi non arrivano mai per caso. Terza a salire sul palco Tanina Jacono, Valle dell’Acate. Più che i cartoni di bottiglie pare si sia portata dietro due valige piene di terra del suoi suoli, dove fa crescere il suo Frappato. Il suoi vigneti: espressione del territorio; il vino: la sua vita; la terra dove è nata: la sua culla; le sue etichette: terra che si fa il vino. Il suo territorio insomma una “sfida della vita”, una sorta di roulette tutta giocata sul tappeto verde dei suoi vigneti. Ma dalla parte del croupier. Che attira gli scommettitori per farli puntare sul rettangolo verde del “Cerasuolo”. Perché se ”vuoi concretizzare una conquista: sognala!”. Come l’esempio della prima Docg siciliana, vissuta come la nascita di un figlio. Cosa aggiungere? Nel suo “Vittoria classico Docg abbiamo riscontrato tutto di lei. Tranne l’incanto del suo sorriso e la dolcezza del suo sguardo. Mariangela Cambria Azienda Cottanera ha riscosso un lungo applauso, perché aspetta il secondo figlio. L’annuncio è arrivato alla fine quando sul podio è salita José Rallo che lo ha annunciato. Nessuno lo sapeva, forse il suo vino si sarebbe arricchito di un qualcosa che ogni maternità aggiunge. Ma un doc dell’Etna è sempre refrattario ad ogni suggestione. E il suo 2008 nobilita un’annata che per molti invece non è stata tra le migliori.
Due sedie vuote. Vinzia di Gaetano “Firriato” e Francesca Planeta. Impedimenti dell’ultimo momento. Così con un abile travestimento Nino Aiello ha sopperito con bravura a una dell’assenze descrivendo quasi con la stessa passione il “Ribeca” un Perricone 100% Igt 2008 dell’azienda Firriato dopo aver sintetizzata la sua storia e annunciato la novità del ritorno di una vendemmia nelle isole Egadi. Per l’altra ci ha pensato Francesca Martellato sommelier Ais del Veneto che ha raccontato il “Santa Cecilia” di Planeta un Igt 2007 100% Nero d’Avola, apprezzatissimo per come si distingue dagli altri territori, esprimendo molto bene le caratteristiche di quell’area sud orientale dove si trova la contrada Buonivini da cui nasce. Carolina Cucurullo, Masseria del Feudo, quarta generazione di un’azienda nata oltre cent’anni fa, ha portato il suo “Rosso delle rose” un Igt Sicilia 2007,esempio di come si dominano due vitigni arroganti quali il Syrah (70%) e il Nero d’Avola (30%) rendendoli la massima espressione dell’eleganza e dell’equilibrio. E Francesca Curto dell’omonima azienda dell’agro a cavallo di due province Siracusa e Ragusa ha proposto e descritto il suo “Fontanelle”, un’icona pluripremiata dell’enologia sud orientale della Sicilia. Finale pirotecnico con José Rallo. Ha scelto il suo Ben Ryé per spiegare il successo delle Donne di Sicilia nel mondo” vino che rappresenta una sintesi dei valori conservati nello scrigno dell’animo di Donnafugata: “l’amore per il lavoro, per la natura, l’identità, la riconoscibilità, il piacere con la “p” maiuscola. Vino che è un’ apoteosi di tutti i sapori e i profumi catalogati nell’“aromateca” della natura. Un vino che, secondo lei, si può abbinare solo a se stesso.
Stefano Gurrera