di Giuseppe Martorana
Vino, in una parola tutto: storia, cultura, tradizioni, sapori. Ma cos’è il vino? Sappiamo riconoscere davvero un «buon vino»?
Sappiamo scegliere tra le miglia di etichette che ci vengono presentate sugli scaffali di enoteche e supermercati?
La passione per i vini è ormai in crescita da diversi anni. Sono aumentati gli estimatori, sono aumentati coloro che preferiscono «bere poco, ma bene». Sono aumentati anche coloro che vogliono realizzare una «piccola cantina» fra le mura domestiche. Che consigli dare?
Intanto bisogna precisare che è complesso realizzare una cantina. Il perché è presto detto: una cantina non si realizza dall’oggi al domani, ma ci vuole tempo e soprattutto denaro. La scelta di quanto si vuole spendere diventa indispensabile per iniziare. I profani sappiano che vi sono bottiglie da pochi euro, ma bottiglie che da sole valgono quanto un’automobile di lusso.
Poi c’è da scegliere quale tipo di vino. In Sicilia negli ultimi anni, al tradizionale Cerasuolo di Vittoria si è affiancato il Nero d’Avola. Un ottimo vino che è spopolato sulle tavole del mondo intero conquistando mercati che anni addietro erano nel mondo dei sogni dei produttori siciliani. Il mercato, però, va mantenuto e allora il Nero d’Avola deve continuare a mantenersi, se non migliorare, sui livelli al quale si trova.
Poi, per chi desidera, una discreta cantina, occorre rivolgersi ai vini del nord Italia. A salire sui tre gradini del podio, in ordine dal primo al terzo posto, sono Brunello di Montalcino, Barolo ed Amarone. Tra loro lo scettro di Re dei vini, anche se forse meno conosciuto del Barolo spetta al Brunello e tra i brunelli il Biondi Santi. Quest’ultimo è lo storico Brunello.
Ferruccio Biondi Santi
Fu Ferruccio Biondi Santi prima e il figlio Tancredi dopo a «inventare» questo nettare. Un vino che più passano gli anni e più acquista in pregio. A guidare l’azienda da diversi anni vi è Franco Biondi Santi, 90 anni compiuti l’11 gennaio, il quale ha mantenuto con forza e determinazione quanto suo padre e suo nonno prima avevano fatto.
Veduta vigneti di Biondi Santi
Una curiosità: il Brunello esce ogni cinque anni, dopo alcuni anni trascorsi in botte e poi per l’affinamento in bottiglia. Quest’anno arriva nelle enoteche il Biondi Santi del 2007, ma anni fa non ci fu quello del 2002. Franco Biondi Santi stabilì che non raggiunse il massimo e pertanto lo «declassificò» in Rosso di Montalcino fascia rossa. Una scelta che fece calare i guadagni, ma confermò serietà e onestà.
Ritornando in Sicilia discorso a parte meritano i vini «storici» e allora dobbiamo spostarci nella zona del Trapanese e a Marsala in particolare. Lì resistono i cosiddetti vini marsalati o passiti, quelli che si accompagnano benissimo con i dolci della nostra terra.
Un consiglio che tutti gli estimatori di vino dovrebbero rispettare è quello di non abusare. I francesi, che rispetto agli italiani, sono ancora un gradino sopra (non tanto quanto qualità di vini, ma come cosiddette «relazioni pubbliche») nelle loro etichette hanno aggiunto la scritta «non abusare» e hanno ragione, abusando non si apprezza il valore del vino. E allora, aprite una buona bottiglia, riempite un bicchiere adatto, sollevatolo, guardatelo controluce e poi sorseggiate e sognate.
Quella siciliana si conferma sempre più terra di grandi vini. Duemilavini, il libro guida ai vini d’Italia, registra questa eccellenza raggiunta assegnando diversi cinque grappoli, il massimo riconoscimento, a diverse grandi etichette prodotte nell’Isola. E anche quest’anno rimangono buone le performance del mercato del vino siciliano nelle prime settimane di gennaio. L’isola si trova, infatti, in controtendenza rispetto al panorama nazionale, dominato da una sostanziale stabilità di prezzi e contrattazioni, dopo la pausa natalizia.
Il mercato siciliano dei vini da tavola ad alta gradazione ha risentito positivamente della distillazione facoltativa. Buono l’andamento anche dei vini a denominazione d’origine. In Sicilia il mercato è stato vivace. Scarse le difficoltà collocazione del prodotto anche per i vini a bacca rossa.
Nelle cantine si lavora per i primi travasi del vino prodotto nel 2011, considerata una buona annata. Una lavoro che deve essere eseguito con maestria per evitare il danneggiamento del vino. Un primo travaso per far poi riposare il vino nelle botti. Botti che si dividono in due correnti di pensiero: barrique e botti grandi. Le prime di importazione francese contengono poco più di duecento litri di vino, le altre possono raggiungere anche diversi ettolitri. Le botti grandi sono «amate» dai vecchi produttori, da quelli per intenderci legati alla tradizione che il vino non deve prendere troppo legno. Gli altri, i cosiddetti ”barricati” sono i più ”moderni” produttori di vino, quelli i quali affermano che il vino deve invece essere nella botte piccola per assorbire maggiormente gli odori e i sapori del legno, quelli che sostengono il detto che «il vino sta nella botte piccola», botte che deve essere sostituita allorquando il vino viene messo in bottiglia per l’affinamento.
Cantina Contucci
Personalmente non sono legato a questa corrente, anzi, sono piuttosto di opinione contraria e seguo le indicazioni dei ”tradizionali” produttori toscani come Biondi Santi per il Brunello di Montalcino e di Contucci per il Nobile di Montepulciano, i quali fanno maturare il loro vino in grandi botti, conservate nelle loro storiche cantine.
Le storiche cantine della famiglia Contucci di Montepulciano, curate da cinquant’anni da Adamo Pallecchi, prezioso e fidato cantiniere, si articolano su tre piani, offrendo al visitatore un magnifico colpo d’occhio. La capacità è di 2500 quintali in tini in cemento per la vinificazione e di 2300 quintali in botti di rovere e castagno per l’invecchiamento; qui maturano tutti i vini prodotti dall’azienda: il Vino Nobile (classico, Pietra Rossa, Mulinvecchio, Riserva), il Rosso di Montepulciano, il Sansovino (dallo scultore e architetto Andrea Contucci detto “Il Sansovino” 1467-1529), il Vin Santo, il Bianco della Contessa, fatto in onore delle donne di famiglia, per un totale di circa 100.000 bottiglie annue. La vendita per circa il 60% viene fatta direttamente in cantina ai privati, per il resto avviene per esportazione in Austria, Germania, Svizzera, Irlanda, Olanda, Belgio, Danimarca, Giappone e Usa.
Bottaia della Cantina Contucci
In Sicilia la vinificazione per la commercializzazione è recente rispetto a quella Toscana e anche per questo che i metodi sono completamente diversi. Non per questo i vini debbono essere disprezzati anzi, in alcuni, ma solo in alcuni casi, sono anche superiori a quelli tradizionali toscani e piemontesi. E poi si sa è il palato che segna la differenza. E il palato che fa il mercato e in questi ultimi i vini siciliani hanno un grande successo.
Ma ritornando in Toscana non si può fare a meno di parlare del «Nobile». Il Vino Nobile di Montepulciano, tanto apprezzato dal poeta enoico Redi, che lo definì «d’ogni vino è il re», era molto conosciuto nel Medio Evo, tanto che lo stesso Papa Paolo III Farnese, raffinato bevitore, lo preferiva ad ogni altro e se lo faceva portare direttamente da Montepulciano per rifornire la sua cantina. In seguito tale vino, anche se non dimenticato da tutti, perse molta della sua notorietà a causa del plurisecolare abbandono della produzione e solo in questo scorcio di secolo gli agricoltori locali ne hanno ripreso la produzione.
Il Vino Nobile di Montepulciano fin dai tempi remoti veniva prodotto dalle famiglie più facoltose di agricoltori poliziani in piccolissime quantità (solo qualche damigiana) ed era riservato per le grandi occasioni, quindi per solo uso privato e non commerciale.
In Sicilia stiamo lavorando per giungere a quei livelli. In qualche caso siamo anche molto ma molto vicini. Potremmo anche fare il sorpasso? Tentar non nuoce.