Ogni volta che tra addetti ai lavori si parla di Oltrepò Pavese accade, come avveniva al liceo, che il professore, parlando di un alunno, affermava “ha grande potenzialità ma non si applica”. L’Oltrepò Pavese come comunità vitivinicola sta cercando, non con pochi problemi, di scrollarsi di dosso tutti i luoghi comuni che negli anni hanno accompagnato questo territorio. Utile a smentire i luoghi comuni è stato l’invito di Tenuta Mazzolino, Cantina Pavese nell’antico borgo di Corvino San Quirico nel cuore della doc, 30 ettari di cui 20 vitati e 10 di bosco sulla riva destra del Po. L’invito a degustare i loro vini a Roma in un pranzo di presentazione presso Palazzo Velabro, tra il Campidoglio e la Bocca della Verità, dove i vini della Tenuta sono stati accompagnati dai piatti della chef Penelope Musolino.
A presenziare l’incontro l’enologo Stefano Malchiodi e Francesca Seralvo, nipote del nonno Enrico, che negli anni ’70, trasferito a Milano dalla Borgogna, trova per la sua passione per il vino, terreno in Oltrepò. Terreno che viene trasformato in una piccola Borgogna, per la passione per il Pinot Nero. Il progetto prende definitivamente forma con la figlia Sandra e, successivamente dal 2015 sua figlia Francesca, terza generazione della famiglia, che chiama quello che veniva considerato il migliore vigneron dell’epoca il francese Kyriakos Kynigopoulos di chiare origini greche. E non potevano che venire dalla Borgogna le barbatelle di Pinot Nero e Chardonnay. E dalla Borgogna, con i venti ettari di vigna in corpo vitato unico hanno imitato anche il “Clos”. Se Kyriakos Kynigopoulos si occupava del vino fermo, l’esigenza di trovare uno specialista delle bolle non poteva che ricadere su un altro transalpino, consigliato proprio da Kyriakos, l’amico Dominique Leboeuf direttamente dallo Champagne. La costruzione della storica cantina in mattoni rossi, tipica dell’architettura lombarda e piemontese, dove ancora oggi si svolge l’intero processo di vinificazione e di affinamento, nasce a fine Ottocento. L’edificio, profondamente ristrutturato dalla famiglia Braggiotti negli anni ’80 e ’90 con un esemplare intervento di restauro conservativo, si sviluppa su tre piani: al primo piano i macchinari per la diraspatura e la pressatura, al pianterreno i tini di fermentazione in acciaio, mentre sotto terra scavata nella roccia vi è la cantina che ospita la barricaia, le bottiglie in affinamento e le linee di etichettatura e di imbottigliamento. Grazie allo sviluppo verticale su tre piani la vinificazione avviene per gravità naturale, sena necessità di effettuare movimentazioni meccaniche dei mosti e dei vini con pompe e compressori.
L’esposizione “fresca” delle vigne a Nord e Ovest, l’altitudine tra i 200 e i 400 metri, i venti notturni che spirano dall’Appennino e i terreni argillosi ricchi in ferro sopra la roccia madre gessosa determinano il carattere del Pinot Nero. “Tutti i vini di Mazzolino, non solo il Pinot Nero, sono l’espressione unica e inconfondibile di una collina, di un micro clima, di un suolo, o per dirla alla francese… un Clos, un Climat, un Terroir” afferma Francesca, che non nasce nel mondo agricolo, infatti da Milano, avvocato affermato, decide di cambiare “vestito” abbandonando il foro e dedicandosi alla passione del nonno.