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L'azienda

Sassicaia, il successo, il futuro

11 Ottobre 2013
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Intervista a Nicolò Incisa della Rocchetta “In Svizzera ne bevono quanto in Cina. La qualità è il segreto di tutto. Quella volta che ce lo chiese un detenuto…”.

di Fabrizio Carrera

A Taormina Gourmet uno dei protagonisti assoluti sarà il Sassicaia.

In poche ore la verticale di sei annate che abbiamo proposto è andata letteralmente a ruba con le prenotazioni. Non potevamo non tentare di raccontare questo vino facendo parlare chi questo vino lo ha fatto nascere e lo produce, ovvero gli Incisa della Rocchetta. Una intervista con visita in una delle aziende più belle d'Italia. Quel viale di cipressi di Bolgheri intanto vale il viaggio. Poi c'è ancora tutto il resto. L'accoglienza, i sorrisi, l'arrivo del marchese Nicolò in una stanza sobria quasi spartana. Perchè la classe non é mai sfarzo. Nicolò Incisa della Rocchetta parla piano e lento. Non c'è frenesia. E parte subito da suo padre Mario, perchè tutto è partito da lì. “Mio padre – dice – ha sempre avuto una fissazione per il vino di qualità e la viticoltura italiana deve a lui questa creazione”.
 
Ma perché il Sassicaia è il Sassicaia?
“Bella domanda. Ce lo chiediamo anche noi. In Italia negli anni '60 si facevano 70 milioni di ettolitri ma il 90% del mercato era rivolto verso vini di bassa gamma. Il Lambrusco era uno dei vini più esportati, senza voler disprezzarlo. Mio padre, in Piemonte fece un esperimento col Pinot nero, andato male per la grandine che distrusse le vigne. Poi qui in Toscana ci riprovò, ebbe questa intuizione e trovò il terreno giusto per fare un vino molto particolare. Già dai primi anni con vinificazioni molto artigianali, il vino ha subito avuto quelle nota di eleganza e di classe che non erano assolutamente scontati. Oggi non c'è un vino nel bene o nel male che assomigli al Sassicaia, in tutti i Paesi del mondo, chi lo beve trova qualcosa di unico in questo vino. Abbiamo francesi che bevono praticamente solo Sassicaia ed è tutto dire”.
 
Il 1968 è il primo anno di commercializzazione. Poi come si evolve la storia…
“In realtà le prime sperimentazioni sono a cavallo tra la fine degli anni Quaranta e gli anni Cinquanta. Il risultato era una piccola produzione consumata da noi stessi. Fino al 1994 il Sassicaia era un vino da tavola, non era sottoposto a controlli e avremmo potuto fare qualsiasi intruglio se lo avessimo voluto, ma forse il segreto è stato proprio quello: non aver mai utilizzato un grappolo che non fosse nostro”.
 
È cambiata la clientela del Sassicaia? Dove si sposta il mercato?
 “Sicuramente è aumentata la percentuale di venduto negli Stati Uniti. Sta venendo fuori la Cina, quando prima importavano solo Taiwan e Hong Kong. Ma il 40% viene mantenuto in Italia, anche se molte bottiglie vengono acquistate da turisti stranieri. La quota italiana resiste e siamo fieri. Se un prodotto non è presente nel paese d'origine non è credibile. Cerchiamo di non sacrificare i mercati tradizionali. Per esempio vendiamo in Svizzera tanto Sassicaia quanto in Cina, nonostante le diverse proporzioni degli abitanti”.
 
C'è un identikit di chi beve Sassicaia?
 “Nel 1990, quando Giovanni Paolo II è andato in Messico, tornando a casa le aerolinee messicane gli allestirono un pranzo. Poi i giornali pubblicarono le foto e sul tavolo del Pontefice c'era una bottiglia di Sassicaia. Contemporaneamente un detenuto di Regina Coeli ci scrisse una lettera dicendo: “Il mio più grande sogno è poter comprare Sassicaia”. E noi glielo mandammo. Ecco l'identikit: dal Papa al detenuto. O se vogliamo utilizzare un'altra metafora cara a noi, andiamo al mondo dei cavalli. Noi abbiamo avuto una celebrità del galoppo come Ribot, lo conoscevano tutti, gli appassionati di ippica e chi non era mai stato alle corse. Il Sassicaia è così: ne hanno sentito parlare anche gli astemi”.
 
L'Italia del vino è ripartita probabilmente dal Sassicaia. Sentite un po' il peso della responsabilità di avere un'icona del made in Italy d'eccellenza?
“No, sappiamo che lo bevono le persone più disparate. I cantanti pop più famosi, ogni volta che vengono in Italia chiedono nel contratto 6 bottiglie di Sassicaia, è finito sulle tavole di fantini francesi. E poi recentemente mi ha chiamato un importatore inglese, era ospite di un grande produttore di vino in Corsica che beve solo Sassicaia”.
 
Cosa c'è nel futuro di Sassicaia…
“Cercare di non crescere in quantità, ma di mantenere il livello qualitativo. Per il momento non pensiamo ad acquisizioni, mi son reso conto dell'impegno che rappresenta andarsi ad allargare. Il vino è molto legato alle persone, va seguito in prima persona e non lascia molto tempo per andare da altre parti, pensare ad altro”.