Roja è una valle del comprensorio del comune di Ventimiglia, precisamente a Camporosso, a pochi chilometri dal confine francese. Un’area che possiamo definire particolare per la conformazione geologica del terreno, l’altitudine – 350 metri – le forti correnti che si insinuano dalle Alpi mitigando le temperature e creando un microclima perfetto per una maturazione più lenta delle uve. Fattori che nel 2000 convinsero un ragazzo – aveva appena concluso il ciclo scolastico delle superiori – Roberto Rondelli, di recuperare le piccole vigne del nonno e, per intuito quasi ad entrarci in simbiosi, affezionarsi alla Migliarina – 3,5 ettari -, impiantandovi Vermentino, Pigato ed in particolare il vitigno Rossese di Dolceacqua che ritiene il vitigno giusto per esaltare la bellezza di questa terra, perché già immaginava di farne il vino top di gamma della sua produzione.
Questo dimostra che il giovane Rondelli aveva le idee chiare di quali traguardi voleva raggiungere e ancora prima di avere una cantina per trasformare le uve che avrebbe coltivato. Infatti, la prima vendemmia avviene nel 2009 e la cantina costruita tre anni dopo. Per i suoi vini, Roberto utilizzava solo l’acciaio, poi introdusse il legno, ma fremeva perché voleva produrre dalle uve Rossese di Dolceacqua quella che immaginava essere il suo vino top. E, oltretutto, era consapevole che il Rossese è un vitigno difficile da coltivare per la buccia dell’uva assai fine e la predisposizione a non avere una resa costante nel tempo. Ma Rondelli era convinto di potercela fare. Così dal 2016 si impegna in studi e ricerche per selezionare le parti migliori di vigna Migliarina, una delle Menzioni Geografiche Aggiunte (nomeranze), per avere l’uva ottimale per il suo vino top. Traguardo che raggiungerà nel 2022 con il Roja, Rossese di Dolceacqua Superiore doc prodotto in solo 900 bottiglie. A
desso che è pronto con la seconda uscita, la vendemmia 2023, con una produzione quasi triplicata – 2.500 bottiglie -, Rondelli ha coinvolto Riccardo Gabriele di Pr-comunicare il vino, per presentarsi ad un selezionato gruppo di winelover per presentare il suo “capolavoro” a Milano. Il luogo scelto è il ristorante Il Liberty dove l’attenzione per il vino è indiscutibile. Tant’è che lo chef Andrea Provenzani ha studiato un menù adatto per servire con il Rossese di Dolceacqua superiore 2022 e, cioè, arrosticino di vitello su crema di patate e porro abbrustolito. Però Rondelli ne ha approfittato di questa bella degustazione per presentare tutta la sua produzione che è ulteriormente impreziosita dal fatto che per ogni vino che produce difficilmente supera le 2.000 bottiglie – la produzione media annuale è di 15.000 bottiglie – e per il Rossese la resa è di poco superiore a mezzo chilo di uva per pianta.
Si può dire che con i vini di Rondelli è come fare un viaggio in un micro-mondo dove le componenti naturalistiche sono in perfetto equilibro e che all’uomo non spetta che interpretare e quindi assecondare questa grande bellezza, dove in vigna tutto è svolto in maniera sostenibile e nel rispetto dell’ambiente. Poi, in cantina la parola d’ordine è “semplicità”, quello che si predilige è un approccio “a mano”. Tant’è che le fermentazioni avvengono in piccole vasche per eseguire le follature a mano, la svinatura viene fatta senza l’ausilio di strumenti meccanici, al fine di agire nel modo più delicato possibile. Il vino passa poi in barrique, alcune molto usate e riposa qui per un anno prima di venire imbottigliato, verso settembre dell’anno successivo alla vendemmia. Trascorre alcuni mesi di affinamento in bottiglia prima di essere rilasciato in commercio.
Per Roberto, il Roja “è la sintesi del mio percorso come vignaiolo, nato con l’obiettivo di rivendicare le potenzialità della Liguria di Ponente e di questo vitigno. Un vino pensato per avere una grande propensione all’invecchiamento, coniugando struttura e armonia. La base tannica è importante ma setosa, ho estratto la bellezza del Rossese, il secondo livello alcolico abbastanza elevato e le dolcezze avvolgenti fanno tendere verso una interminabile profondità. Quello che ricerco è l’emozione. Non è per un vitigno che si sa come è difficile da coltivare”.
Se non è viticoltura eroica questa. Con la consapevolezza di Rondelli – assecondato dalla moglie Monica Cinquini che per aiutarlo in vigna e in cantina, fa la spola da Pietrasanta, dove lavora – che dice: “Penso che in un territorio ricco, complesso e dalla storia millenaria come quello italiano, la strategia di noi produttori liguri debba passare attraverso la conoscenza delle denominazioni più importanti, che hanno saputo valorizzare i territori arrivando alla consapevolezza che la bellezza che ci circonda può essere trasmessa con i nostri vini. Valorizzare sempre di più il paesaggio, partire dalla terra, non per omologare ma per fare l’esatto opposto: definire il carattere atemporale, inimitabile e la riconoscibilità dei nostri vini”.