Se non fosse stato per la lungimiranza di Gianni Mazzocchi, editore delle riviste Quattroruote e Quattrosoldi, di Castello di Meleto sarebbe rimasto solo un rudere, visto lo stato di abbandono in cui si trovava nel 1968. Quell’anno, infatti, Mazzocchi lanciò l’”Operazione Vigneti”, praticamente il primo crowdfunding italiano nel mondo del vino. Infatti, dalle colonne di Quattrosoldi, rivista dedicata ad appassionati di economia e finanza, propose ai suoi lettori di acquistare delle quote di un patrimonio italiano che rischiava di venire abbandonato. La risposta fu entusiasta, tanto che la raccolta fu addirittura superiore alla somma necessaria per acquistare il castello e i 1.100 ettari di terreno circostanti. Nacque così Viticola Toscana, oggi Castello di Meleto Società Agricola, proprietaria del Castello e dei terreni, impegnata a proseguire il legame con il vino che risale al XI secolo con i monaci benedettini. Da allora la fisionomia esterna del castello è rimasta quasi immutata: alla vista il maniero si presenta perfettamente integro. Molto, invece, è cambiato nella sua storia recente, una vera e propria rivoluzione – grazie ad un sogno di persone che mettendo assieme le forze e i propri risparmi, hanno realizzato qualcosa di straordinario – che ha fatto di Castello Meleto un’azienda particolare ed anche molto articolata, che unisce la vocazione turistica a quella vitivinicola e agricola, tutto improntato alla conservazione del paesaggio e alla tutela della diversità, nonché la creazione del parco delle api che ospita più di 90 famiglie, per un totale di 3,2 milioni di api all’anno, da cui si produce un ottimo miele. D’altronde Castello di Meleto è la più grande azienda biologica vitata del Chianti Classico. Poi c’è l’ospitalità con l’agriturismo, gli appartamenti nel borgo medievale, una struttura ricettiva di charme, le piscine, il ristorante, l’osteria e l’enoteca. Attualmente i soci sono 1.600, mentre la maggioranza è detenuta dall’importatore svizzero dei vini di Castello Meleto. Il presidente è Stefano Ilari.
Tutto questo è stato rammentato a Milano, nel corso dell’incontro conviviale organizzato presso il ristorante [bu:r] di Eugenio Boer, per presentare il nuovo direttore generale, Francesco Montalbano, che affiancato dall’enologo Valentino Ciarda e dagli agronomi Mattia Achenza e Giacomi Sensi, ha presentato le nuove annate di Chianti e le novità pronte per essere immesse sul mercato nonché i progetti per la parte agricola e tutto quello che riguarda l’enoturismo. Sei i vini proposti in degustazione con i piatti studiati dallo chef Boer, molto apprezzati per aver esaltato l’armonia cibo-vino. I vini degustati a Milano rappresentano una sorta di “missione Sangiovese” tant’è che alcuni anni fa fu intrapresa una sperimentazione con l’Università di Firenze per individuare i cloni che meglio si adattano alle cinque macroaree all’interno della proprietà. 130 ettari di vigneti, un uliveto di 6,4 ettari, oltre 900 ettari di bosco. La produzione media annuale è di circa 700.000 bottiglie di cui il 28% destinato al mercato italiano e il resto all’export con quote del 30% negli Stati Uniti, 20% in Asia, 10% nel Regno Unito, 7% Germania e 5% Svizzera.