L’arancia rossa parla catanese.
Almeno quella che può vantare il marchio Igp del consorzio di tutela che si trova a Catania. E che a Berlino, nella manifestazione Fruit Logistica ha avuto anche un’ologramam in 3D che ha attirato l’attenzione di tanti curiosi che passeggiavano tra gli stand. “La manifestazione di Berlino è senza dubbio una splendida iniziativa – dice Alessandro Scuderi, presidente del consorzio – ma, in Germania più che altrove, ci siamo resi conto di quanto la Sicilia prima, l’Italia poi, debbano essere in maggiore sinergia per competere con i mercati internazionali”. Per Scuderi è stata importante la presenza a Berlino della regione Sicilia con i suoi prodotti: “Se non ci sei vieni automaticamente cancellato dal sistema – dice –. Invece è necessario mantenere i rapporti, presentare il tuo prodotto ai possibili acquirenti e cercare di conquistare nuove fette di mercato. Anche se servono strategie molto complesse”.
Il consorzio produce tre specialità che vengono coltivate da 435 aziende in oltre 5.600 ettari di territorio siciliano: tarocco (90%), moro (7%) e sanguinello (3%). A far fare il salto di qualità all’arancia rossa è stato lo stesso Scuderi che ha raccolto un fadello pesante per tentare di risollevare le sorti dell’arancia rossa. Che nel 1996 ha ricevuto il marchio Igp. Ma che in pratica per quasi dieci anni, è rimasta confinata nell’anonimato. Fino al giorno in cui Scuderi ha preso in mano le redini del consorzio.
“È stato un decennio buio – racconta –. Gli affiliati al consorzio si contavano sulla dita di una mano. Oggi il nostro consorzio produce il 20 % del totale delle arance rosse prodotte in Sicilia. Un prodotto che ha una qualità elevatissima e che è sempre sottoposto a controlli severissimi”. Oltre ai 435 produttori ci sono 60 aziende confezionatrici, che lavorano 180 mila tonnellate di arance rosse all’anno.
“Quest’anno, però, stiamo attraversando un periodo di crisi nerissima – spiega Scuderi- perché le piogge non sono state abbondanti e non abbiamo un prodotto che garantisce gli standard di qualità che di solito otteniamo”. In pratica, paradossalmente, le arance ci sono, ma sono quelle che non hanno la grandezza voluta e che quindi non possono essere vendute con i soliti standard. Quindi il prezzo di vendita sarà minore. E le perdite saranno maggiori. “Speriamo di riuscire a coprire i costi di produzione, almeno”.
Poi punta il dito sull’apertura delle frontiere con il Marocco: “Si tratta di concorrenza sleale – dice Scuderi –. E fino ad oggi questo Paese non ha ancora raggiunto le quote massime che può esportare. Soluzioni? Credo che bisognerebbe informare le persone che quello del Maroccco è un prodotto diverso, che è giusto pagarlo meno, perché il nostro è supeiore dal punto di vista qualitativo”. Il consorzio, però, punta al futuro. “Continuiamo la strada intrapresa – dice – ma serve innovazione sugli impianti di produzione. L’obiettivo è quello di fare buone quantità ad altissima qualità con costi bassi. Si può fare”.
Il consorzio, intanto, continua le ricerche di nuovi mercati. “Il nostro è un mercato prevalentemente nazionale – dice Scuderi –. Anche se siamo presenti in Svezia, Danimarca, Germania, Belgio e Gran Bretagna. Ci siamo accorti che l’arancia rossa non è molto conosciuta. Ma quando la facciamo “provare” diventa molto richiesta”.
Giorgio Vaiana