“Chi fa impresa la follia la deve avere, non chiamiamolo ottimismo. Il calo di consumi non ci tocca particolarmente, fa paura il clima ma ci attrezziamo per affrontarlo”. A dirlo è Giacomo Funaro, patron insieme ai fratelli Clemente e Giacomo dell’azienda vinicola Funaro.
Ci troviamo a Santa Ninfa, in provincia di Trapani, dove dal 2003 l’azienda produce vino – rigorosamente bio – nei suoi 50 ettari vitati. “Fare bio, racconta Giacomo a Cronache du Gusto, è una filosofia di vita”. Lo fanno da sempre, fin dall’apertura della cantina. I vigneti sono infatti biologici dal 2006 dopo un’iniziale conversione di tre anni, e dal 2011 lo è anche tutta la produzione in bottiglia. La produzione è di circa 240mila bottiglie l’anno con il mercato principale l’Italia e la Sicilia in testa. Da qualche anno, però, l’azienda inizia a essere presente con costanza anche all’estero, in Giappone, Stati Uniti, Europa e Australia. “Stiamo iniziando a raggiungere traguardi importanti legati al fatto che vinifichiamo sempre le nostre uve aziendali, raggiungendo così un determinato tipo di clientela”.
Ma cosa significa essere un’azienda bio? Funaro non ha dubbi: “È rispetto del territorio e dell’ambiente ma anche del consumatore finale. Abbiamo un impianto fotovoltaico, un solare termico, e un impianto di fitodepurazione che tratta le uve. Le acque reflue vanno a confluire in un laghetto che ci consente di riciclare le acque in maniera circolare, senza avere sprechi. La bassa solforosa entrando in cantina consente al consumatore finale di poter godere di un calice di vino senza poi svegliarsi la mattina con il mal di testa”.
In questo anno particolare c’è però da combattere diverse crisi legate a un generale calo di consumi. L’azienda non sta risentendo particolarmente del problema ma resta la paura per il cambiamento climatico che incombe sempre più: “Questo problema ci fa paura. I bacini di Sicilia e i laghetti sono al 50%, confidiamo quindi che almeno una pioggia l’anno possa riempirli. La produzione, però, ne risente”.