Una passione che diventa un lavoro. Una “resilienza” ed un attaccamento alla sua terra che lo hanno convinto a rimanere. Con i piedi ben ancorati a quella che ha sempre chiamato “casa”. Il protagonista di questa storia si chiama Francesco Cilia. Anni 25. Un diploma di perito meccanico in tasca, ma una vita passata tra botti, fermentazioni e profumi di mosti. Già, perché nella sua famiglia c’era una piccola produzione di vino “home-made”. Niente di impegnativo, ma tanto basta ad inculcare questa passione al giovane Francesco. Che già appena maggiorenne decide di intraprendere una piccola produzione di birra fatta in casa. A dargli i giudizi, amici e parenti, certo. Ma anche i docenti stessi della scuola che lo spingono ad andare avanti e trasformare la passione in lavoro. Siamo nel 2018 e comincia a nascere il progetto di “Onei”. Un nome che è tutto un programma, ma che racconta per filo e per segno la filosofia di Francesco nel mondo della birra.
“Onei” è il modo italianizzato della pronuncia del termine inglese “honey”, miele. Perché il miele è l’ingrediente “segreto” di tutta la linea di birra prodotta da Francesco. Sei referenze sempre disponibili, più le speciali (in genere circa 4 l’anno). Tutte diverse, certo, ma con un unico filo conduttore: quello del miele. “Il progetto Onei è nato nel 2018 con le prime sperimentazioni – racconta – Abbiamo iniziato a produrre le nostre birre attraverso ricette che contenevano il miele. Ufficialmente la nostra azienda è nata nel 2022, ma il birrificio vero e proprio (con tanto di tap room e cucina) è stato aperto poco meno di un anno fa”. Già, perché Francesco capisce che per fare questo mestiere alla grande bisogna formarsi. E così iniziano gli studi per diventare un mastro birraio certificato e poi le esperienze alla Yblon di Ragusa, all’accademia Dieffe di Padova e a Londra. Il ritorno nella sua Ragusa dove oltre al progetto del birrificio, impianta, con gli amici Diego Micieli e Simone Iacono, una piccola produzione di luppolo: “Poca roba, ancora, circa 100 piante impiantate nel 2021 di tre varietà diverse – spiega Francesco – ma tanto basta per produrre una birra speciale ogni anno. In futuro vedremo. In questo momento, per noi, è davvero bello produrre una nostra birra con il nostro luppolo fresco”.
Il locale, piano piano, sta diventando un punto di riferimento sul territorio. Oltre a poter degustare le referenze del birrificio (di solito una decina), si può mangiare nella tap room: dai burger alle alette di pollo, passando per le insalate e i tacos. Curiosa la scelta di Francesco, che ha deciso di proporre le sue birre solo in lattine. “Il materiale migliore – dice – ma con una sola eccezione: la birra dedicata al progetto con i vignaioli”. Ogni anno, infatti, viene prodotta una Iga, Italian Grae ale, ossia una birra a cui viene aggiunto il mosto di uva, in collaborazione con un produttore di vino naturale siciliano. Il “primo capitolo” è stato realizzato con Turi Marino, una birra a cui è stato aggiunto il 35 per cento di mostro di Syrah. “Ci piace creare ogni anno una Iga diversa e dal numero di bottiglie molto limitato – dice – Un connubio vino-birra per un progetto che credo non esista in altri posti”. Il miele, come detto, rimane la caratteristica principale delle birre prodotte da Francesco: “Usiamo solo due tipologie di miele millefiori – dice – questo per le difficoltà di reperire miele in questo periodo. Abbiamo usato quello di carrubo o castagno, ma solo per delle edizioni limitate. Per il resto, il millefiori dona una maggiore secchezza al prodotto, rendendo la birra beverina, molto aromatica, fruttata e floreale”.