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L'azienda

Dalla Franciacorta alle Marche, così Barone Pizzini ha scommesso sul Verdicchio

03 Aprile 2019
Silvano_Brescianini_e_Alessandro_Fenino Silvano_Brescianini_e_Alessandro_Fenino


(Silvano Brescianini e Alessandro Fenino)

di Michele Pizzillo

Più c’è vita sotto la terra dei vigneti, migliori sono i vini. La conferma arriva dall’area delle Marche vocata per la produzione di vino bianco, i Castelli di Jesi. 

Qui, a Maiolati Spontini, c’è l’azienda agricola Pievalta che nell’arco di 15 anni la franciacortina Barone Pizzini, pioniera della coltura biologica delle vigne, ha sanificato terreni induriti dall’uso eccessivo di fertilizzanti. Adesso i terreni delle vigne di Pievalta oltre ad essere friabili, leggeri, facile da lavorare, sono anche un brulicare di fauna sotterranea che fa bene alla vite stessa. Tanto che l’azienda acquisita nel 2002 da Barone Pizzini, dopo che uno dei suoi soci, Silvano Brescianini era capitato da queste parti e qualcuno – pare il giornalaio del paese -, riconoscendolo, pensò di avvisarlo che c’erano vigne in vendita. Ricorda Brescianini “ne fui così abbagliato da questo vigneto che ai miei soci posi l’aut-aut di farlo acquistare da Barone Pizzini; altrimenti lo avrei acquistato da solo”. Decisiva la scelta di Ugo Colombo, presidente della cantina lombarda che ha ammesso di “avere sempre creduto in Pievalta, nella grande potenzialità del territorio e nella qualità dei suoi vini, per questo non temo il tempo che sarà necessario a raccogliere i frutti delle mie convinzioni”. Intanto il Verdicchio dell’azienda jesina, adesso va a passeggio con i grandi cru francesi, perché è stata accolta nel Syndacat International des Vignerons en Culture Bio-Dynamique, conosciuto anche come Associazione Biodyvin che vanta tra i suoi membri 148 tra i migliori viticoltori francesi, tedeschi, portoghesi, svizzeri e italiani come, tanto per citare qualche nome, Romanèe Conti, Zind Humbrecht, Maison M.Chapoutier, Domaine Le Flasve e le toscane Avignonesi, Tenuta La Ripa, Tenuta La Novella. 

Per festeggiare questo importante traguardo, l’azienda jesina, pioniera della viticoltura biodinamica nelle Marche, ha chiamato a raccolta un po’ di amici per portarli a spasso nella vigna e fare la prova della vanga sotto l’occhio vigile di Alessandro Fenino (enologo spedito qui da Barone Pizzini), per avere un’idea del lavoro fatto per trasformare un terreno indurito da concimi e anticrittogamici, in “paradiso” della viticoltura biodinamica. Proseguire l’esperienza in cantina, con una degustazione di otto Verdicchio delle due vigne più importanti – Dominè e San Paolo – di vendemmie 2010, 2015, 2017 e 2018 affinati in acciaio e in legno di rovere tostato e non tostato con il “colpo di grazia” che sarà poi riservato con il “Verdicchio dei Castelli di Jesi doc classico riserva San Paolo 2004” che lo chef Alessandro Rapisarda del ristorante Casa Rapisarda di Numana, ha abbinato al suo eccellente ed originale risotto alla “marinara”.  


(Ugo Colombo)

Una “bomba” questo 2004 che insieme ad un fratello un po’ più giovane, quello della vendemmia 2010, hanno praticamente dominato la colazione servita nell’ufficio di Pievalta con magnifica vista sulle vigne di Verdicchio, che a cantina completata, sarà destinato ad enoteca aperta al pubblico e, probabilmente, in una sorta di centro-studi, visto che con l’ingresso in Biodyvin Colombo, Brescianini e Fenino, hanno messo a punto un programma di degustazioni, incontri e corsi di formazione e aggiornamento per incrementare il confronto con gli altri viticoltori biodinamici. Anche perché “la pratica di questo tipo di agricoltura è piuttosto complessa e acquisire le conoscenze necessarie per padroneggiare tutte le tecniche può richiedere anni – affermano Fenini e Brescianini -. Adottare un approccio biodinamico in viticoltura richiede una conoscenza approfondita dei principi fondanti e quindi la capacità di interpretarli e applicarli in vigna. Un lavoro attento e costante, in cui accompagniamo l’uva nel suo divenire vino, lasciando esprimere l’armonia del luogo, e che ci ha permesso di entrare a far parte dell’associazione di cui fanno parte aziende che sono di ispirazione per noi quando abbiamo deciso di lavorare seguendo il metodo biodinamico e che producono alcuni dei vini più apprezzati nel mondo. Siamo perciò orgogliosi di questo nuovo riconoscimento che è un attestato di valore anche per i Castelli di Jesi e per la sua vocazione vinicola”.

Sia la degustazione, sia la colazione, siamo convinti che hanno rappresentato anche un momento didattico di approccio al Verdicchio – dimostrando di essere il più importante vino bianco italiano e, oltretutto, con una grande vocazione ad invecchiare bene -, proveniente da due vigne diverse, la Dominè che circonda la cantina, a Maiolati Spontini, che è anche la più vecchia e la San Poalo di Jesi, nonché capire il percorso, in cantina, seguito da Barone Pizzini che per gestire il progetto Pievalta ha mandato prima Fenino e poi, in affiancamento, Silvia Loschi, ricostruendo il binomio che ha lavorato molto bene in Franciacorta, prima di scegliere il metodo di affinamento ritenuto più adatto per il suo Verdicchio classico superiore o riserva. E, cioè, la barrique – che, però, può dominare il vino – il rovere dei Vosgi tostato e non tostato, l’acciaio e il legno grande tenendo sempre presente che il contributo del legno può essere importante per un vino come il Verdicchio, specialmente adesso che si sta riprendendo il ruolo che merita nelle carte dei vini di importanti ristoranti di tutto il mondo. E, contestualmente, comincia a non essere più il vino pagato meno di quello che vale.

Verdicchio dei Castelli di Jesi classico riserva San Paolo 2018

Di colore giallo paglierino brillante, all’olfatto è, a dir poco, incantevole per il bouquet di sensazioni tra anice, finocchietto, pietra focaia, pepe bianco. In bocca è succoso per sapidità e freschezza ma anche dotato di una sontuosa struttura. Un vino pronto per confermare la vocazione del Verdicchio ad invecchiare. E’ affinato in acciaio per almeno 18 mesi.

Verdicchio dei Castelli di Jesi classico superiore Dominè 2017

Già il colore, paglierino brillante, anticipa la grandezza di questo vino che sarà ancora buono fra un bel po’ di anni. I profumi, infatti, sono eleganti ed espressione di quello che potremmo definire un bel mazzo di fiori di campo, sostenuti da note fruttate molto belle. In bocca alla sapidità e freschezza, aggiunge un’ottima morbidezza e una lunga persistenza agrumata. 

Perlugo zero

Potrebbe essere definito una propaggine della Franciacorta visto la formazione di Fenino e Loschi, ma fatta con uve Verdicchio, che alla degustazione rivela profumi di erbe aromatiche e una persistenza di mandorla dolce. In bocca è sapido, secco, fresco e ricco di sentori erbacei e fruttati con una forte impronta di frutta bianca ben matura ma, anche, di alcune caratteristiche delle uve come una sorta di amaricante.

Pievalta
Maiolati Spontini (An)
Tel. 0731.705199
pievalta@baronepizzini.it