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L'azienda

Dal garage ad un’azienda vera e propria. La storia dell’informatico diventato mastro birraio

14 Ottobre 2015
Raimondo_Cetani Raimondo_Cetani


(Raimondo Cetani)

da Milano, Michele Pizzillo

Invece dei tradizionali tre amici al bar, nel caso di Hibu è la storia di tre amici che si ritrovano in casa; spesso nelle cantine; il più delle volte nel garage dove provano e riprovano a fare la birra come migliaia di folli visionari che vogliono farsela in casa. 

Anche Raimondo Cetani parte da un kit per la produzione casalinga. Impara a macinare il malto in pentola. Nel 2003 acquista il primo impianto da un ristoratore. E coinvolge tre amici. Nonostante l’euforia procede a piccoli passi, quasi a rafforzare quel desiderio che si fa sempre più pressante, entrando in collisione con la solidità dell’impiego da informatico. “Hibu nasce dal desiderio di condividere un piacere con persone con cui ami trascorrere il tuo tempo –  dice Cetani -. Perché Hibu è condivisione, una coperta calda che ti avvolge quando più ne hai bisogno, un amico che ti fa compagnia”.
Arriva il primo germoglio, composto di quattro pilastri: l’energia di Raimondo, la meticolosità del vicino di casa, la determinazione del migliore amico, la diplomazia di un collega di lavoro. La vita del futuro mastro birraio è insieme il suo mestiere e le persone che incontra, le esperienze che fa, le emozioni che ne scaturiscono. Quando era informatico si alzava presto al mattino per organizzare le cotte nel garage, dove trascorreva l’intero sabato aiutato dai soci. Parte della domenica era invece dedicata al calcio, ai ragazzi che allenava.


(Orzo da birra)

Passano gli anni, la storia di Hibu si allunga, si fa più forte e nel 2007 si concretizza in un vero e proprio marchio finché quattro stagioni dopo Raimondo decide di dedicare ai luppoli anche il tempo che riservava al lavoro. Al lavoro vero. Diventa mastro birraio e da quel momento Hibu è ufficialmente tutta la sua vita. A Bernareggio, in Brianza, nasce il primo laboratorio per produrre le birre a marchio Hibu. Con profumi, bouquet, aromi, emozioni che si fondono al punto da far crescere un marchio che conquista un ruolo importante nel mondo dei brewer. Nonostante ciò Hibu mantiene in sé lo spirito degli esordi, quello dell’homebrewer, da cui la H del nome, seguita da ibu che per chi non lo sa è il nome dell’unità di misura dell’amaro.

Pur con un nome così strano, a volte anche difficile da ricordare, Hibu riesce a costruirsi un suo mercato così interessante che adesso sta trasferendo la produzione da Bernareggio a Burago di Molgora, sempre in Brianza, in una struttura più grande per aumentare la produzione e soddisfare le richieste dei consumatori. Che sono stati “stregati” da varietà di birra come l’Imperial Porter che si colloca in cima alla classifica delle migliori birre del mondo e la Trhibu, ritenuta una India ale da festa; la Vaitrà, american pale ale profumata e leggera e Gotha che è l’essere della birra insomma l’essenza di questa bevanda; la Eil che si rifà alla famiglia delle belgian ale e l’Entropia, birra leggera dal colore giallo paglierino e ispirata allo stile belgian pale ale.


(Le nuove etichette Hibu)

Con il nuovo stabilimento, Cetani ritiene che “era giunto il momento di rinfrescare l’immagine aziendale, regalando alle etichette un tema conduttore sfilacciatosi nel tempo. L’idea era quella di trasmettere allegria, invitare alla convivialità, sottolineando però la professionalità e la qualità che distinguono i nostri prodotti”. Non a caso per disegnare la linea è stato scelto un affermato fumettista, Giuseppe Ferrario, noto per le migliaia di strisce in cui dà vita ad avventure di Topolino, Scooby Doo, Paperinik, i piccoli Looney Tunes e molti altri ancora, Ferrario si è calato nell’atmosfera forgiando su carta i profumi e gli aromi delle Hibu. Per ora dalla sua matita sono scaturiti otto personaggi, identificati nelle otto etichette “perenni”, le classiche della collezione. Come ad esempio la secca e fruttata Entropia che per chi non lo sa è lamisura del disordine in meccanica statistica, pensata da Cetani durante un barbecue, è un salmone in tenuta da pescatore che arrostisce la zampa di un orso. Elemento in qualche modo collegato alla ‘Ndo Waiss, weizen che indossa i panni di un bonario orso della Foresta Nera. C’è poi il cammello hipster che per affrontare il deserto non ha più bisogno di portarsi sulle spalle la riserva d’acqua perché si sta dissetando con una Gotha, il dj tatuato un po’ dea Calì identificativo della Trhibù, la birra dei giovani. E ancora la prorompente Queen of Hearts affacciata dalle carte da gioco per bere in compagnia, il ciclista belga alla Eddy Merckx della Eil, il portuale di Dublino con la pinta per la Stout Calm.
Ma l’ispirazione sta galoppando e presto prenderanno forma anche gli altri volti Hibu.

Intanto attorno al nuovo stabilimento cresceranno anche i campi, 23 ettari appena acquistati, dove coltivare l’orzo necessario ai fabbisogni di Hibu. Nel futuro è previsto che all’orzo si affiancheranno luppolo, lamponi, fragole e tutti quegli ingredienti che l’estro di Cetani richiede di stagione in stagione. Mentre per l’Imperial Porter, l’orzo sarà sempre coltivato da un’azienda agricola di circa 15 ettari ubicata a Tolve, in Basilicata.