di Marco Sciarrini
Quando ci capita di raccontare la storia di cantine acquistate da grandi marchi ci troviamo di fronte sempre a territori blasonati che garantiscono “la diversificazione” per l’investimento effettuato.
In questo caso invece ci troviamo di fronte ad una scelta di un territorio di una Toscana diciamo impropriamente “minore”, che di minore ha solo la conoscenza del grande pubblico. Stiamo parlando dell’azienda Podernuovo a Palazzone, frazione del comune di San Casciano dei Bagni, in provincia di Siena di proprietà della famiglia Bulgari. La tenuta è protetta dal Monte Cetona, il punto più a Sud della Toscana, poco conosciuta da un punto di vista vinicolo, uno spicchio di terra, un crocevia che va ad intersecarsi tra Toscana, Umbria e Lazio, una terra di confini, in un triangolo di territori che portano culture diverse.
(La cantina vista dall’alto)
Era una stazione di posta, lungo la famosa “Via Cassia”, poi divenuto un avamposto commerciale del Castello di Fighine, che ne deteneva la proprietà agricola. Diventa una proprietà Bulgari nel 2004 con l’intenzione di iniziare un progetto da zero un’azienda giovane posta su solide basi, Paolo Bulgari, il padre di Giovanni fece reinnestare le vecchie vigne abbandonate degli anni ’70 con Sangiovese, Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Merlot e Petit Verdot. Si è trattato di una scelta e non di un investimento, una scelta di vita che Giovanni Bulgari ha deciso di fare a contatto con la natura, di una vita immersa in un contesto del silenzio della campagna. L’azienda ha due proprietà per un totale di 50 ettari, una a Palazzone, a 400 metri sul livello del mare di cui 22 vitati e mille piante di ulivo; l’altra è la Tenuta di Corbara in Umbria dove ci sono 2.200 piante con cultivar di Moraiolo, Leccino e Frantoio e dove viene allevato, negli ulteriori 4 ettari, anche il Grechetto e lo Chardonnay per un blend che produce l’etichetta Nicoleo, l’unico bianco prodotto dall’azienda. La prima vendemmia è del 2007 e le prime vinificazioni sono del 2009.
(La bottaia)
La storia dei Bulgari nasce da lontano come imprenditori, è infatti il 1881 quando Sotiris Boulgaris, nome poi italianizzato in Sortirio Bulgari, discendente da una famiglia greca di argentieri, approda in Italia a Napoli dall’Epiro fuggendo dalla guerra fra greci e turchi. Nel 1884 si trasferisce a Roma ed apre una Casa di gioielleria, prima in via Sistina, successivamente nel 1905 si trasferisce nella prestigiosa sede di via dei Condotti, ancor oggi principale sede dell’azienda. Inizialmente dedito esclusivamente all’argento successivamente decise di includere nella propria produzione anche i gioielli e una gamma svariata di accessori di lusso tra cui profumi, occhiali e porcellane. Il progetto di simbiosi con la natura non poteva avere anche un aspetto di sostenibilità cercando di conservare l’ambiente in cui la cantina è inserita, una mentalità che non si basa al solo sfruttamento, ma al rispetto della natura, riducendo al minimo l’impatto sull’ambiente, donando quel valore aggiunto al prodotto. Oltre duemila metri quadri di estensione costruiti nella collina con gli spazi della produzione parzialmente incassati nel terreno, mimetizzata nel paesaggio, mantenendo temperatura e umidità costanti che sfruttano la geotermia e il fotovoltaico per ridurre quasi al minimo le emissioni di anidride carbonica, che garantiscono la quasi totale autonomia energetica. L’azienda, proprio per la sua filosofia, ha sempre condotto la sua opera con i dettami biologici e ha avviato quindi la pratica per la conversione biologica. Nella cantina, progettata e realizzata nel 2012 dallo studio italo-giapponese AlvisiKirimoto & Partners, di Massimo Alvisi e Junko Kirimoto, si è preferito scegliere la funzionalità al design. La produzione è di circa centomila bottiglie, molte meno della potenzialità produttiva. Da circa tre mesi è stato posto alla guida della produzione l’enologo Jacopo Felici che sostituisce il suo predecessore Stefano Piccio, che con il suo entusiasmo e sapere porterà verso un restyling dei vini ed il processo produttivo a pieno regime. All’interno della struttura è possibile, su prenotazione, effettuare visite guidate, mentre è in fase di ultimazione un resort con relativa Spa, concepita come Wine Resort, un luogo di fascino e di riservatezza. I prodotti Podernuovo potrebbero fregiarsi della Denominazione Chianti Colli Senesi, che non è mai stata, fino ad adesso, mai rivendicata, proprio per essere un punto di riferimento di questo territorio affermando un’identità e contribuire a valorizzarla nel tempo.
La degustazione ha visto nel calice questi vini:
NicoLeo Vino bianco Toscana 2020
Grechetto di Todi e di Orvieto e Chardonnay. Colore giallo paglierino con riflessi verdognoli, al naso intenso fruttato con note di mela verde, pesca, e agrumi e frutta esotica, accompagnati a delicati fiori bianchi e leggere sensazioni vanigliate, al palato bella struttura con dinamica freschezza sulle note olfattive con finale e piacevole sapido. Ha la potenzialità di tenere il tempo. 20.000 bottiglie prodotte.
Therra Igt Rosso Toscana 2018
Sangiovese 60%, Cabernet Sauvignon 20% e Merlot 20%. Colore rosso rubino intenso e luminoso, al naso fruttato di piccoli frutti maturi con mirtillo e confettura di frutti di bosco e sensazioni di spezie dolci di tabacco e foglie bagnate, alcune sensazioni fumée e tostate, al palato succoso, con tannino compensato dalla parte acida che esalta la parte fruttata succosa delle note olfattive, lungo e persistente. 50.000 bottiglie prodotte.
Argirio Igt Rosso Toscana 2017
Cabernet Franc in purezza. Colore rosso rubino scuro ma vivace al naso nota vegetale erbacea non invasiva e di peperone sensazioni speziate balsamiche, al palato leggera astringenza con un tannino elegante ed un’acidità viva su note balsamiche e minerali, con una bella persistenza finale. Fresco del riconoscimento della gran medaglia d’oro del Concours Mondial de Bruxelles 2022. 22.000 bottiglie prodotte.
Sotirio Igt Rosso Toscana 2017
Sangiovese in purezza. Rosso rubino luminoso, al naso sensazioni fruttate di piccoli frutti sensazioni speziate dolci di tabacco e vaniglia e leggere note balsamiche, al palato fresco, con tannini presenti ben amalgamati ad una viva acidità sorretta da un finale persistente su note balsamiche e speziate. 8.000 bottiglie prodotte.
G33 2018
Vino non ancora in commercio con ancora un nome tecnico. La storia di questo vino ha dell’incredibile, infatti si trovava in 3 barrique nuove “dimenticate” da due anni in cantina contenenti ciascuna in egual quantità Petit Verdot, Sangiovese e Merlot vinificati separatamente e successivamente in blend. Si tratta di un vino sperimentale che una volta imbottigliato rimane li. Una volta assaggiato ci si rende conto del gioiello di vino che si ha tra le mani. Diventerà sicuramente il cru dell’Azienda. Intorno alle mille bottiglie in cantina. Colore rosso rubino intenso, al naso nonostante la lunga sosta sui legni la parte vanigliata presente non è incisiva, con il rotear del calice escono e si mescolano sensazioni fruttate mature, floreali e speziate, al palato fresco bella persistenza e trama tannica delicata, dove tornano le sensazioni olfattive, lungo ed intensamente persistente il finale.