Da sinistra Domenico, Angelo e Carmelo Bonetta
di Giovanni Paternò
Il nome dell’azienda è di quelli impegnativi, ma non è di ardita fantasia.
A pochi passi dal vecchio baglio di campagna esiste un grande crocifisso, piantato per terra, molto venerato nella zona, tanto che la contrada, che di suo sarebbe Favarotta, viene comunemente conosciuta come “a cuntrada du Cristu”.
Pellegrinaggio al Cristo
Da questo e dal rispetto verso il simbolo religioso viene spontaneo ad Angelo Bonetta e ai figli Carmelo e Domenico come appellare l’azienda.
I Bonetta sono viticoltori da tempo e le loro vigne, in terreni calcarei e specie gessosi.
Terreno gessoso
Si estendono per 30 ettari a quote sui 250 metri e a circa 8 km dalla costa.
La cantina e i vigneti
Vendevano l’uva, coltivata con grande maestria e attenta cura, ma pagata in maniera irrisoria per cui all’inizio del millennio decidono di fare il grande salto diventando anche cantinieri. Allora cominciano col migliorare le vigne, arricchendole di Nero d’Avola ricavato dalle loro migliori piante, introducendo il Cabernet e il Syrah. Realizzano una moderna e razionale cantina, con attrezzature all’avanguardia, controlli computerizzati.
I tini legno-acciaio
Computer di controllo
La prima annata di produzione nella nuova cantina è il 2007 e mentre con l’enologo Giuseppe Lentini e la consulenza di Riccardo Cotarella trattano il vino con delicatezza e attenzione, da contadini si inventano designer, esperti di marketing e curatori di immagine. Studiano le etichette, si inventano i nomi da dare ai vini, nomi che abbiano un profondo nesso con la loro terra, ma che diano anche la sensazione di quello che desiderano che il loro vino sia. Nel 2009 comincia la commercializzazione ed è subito un successo insperato ma consapevole in quanto i Bonetta conoscono bene con quanta esperienza e sacrifici hanno prodotto l’uva e con quanta maestria e tecnologia l’abbiano trasformato in vino.
La vendemmia
Vigneti selezionati, attenti diradamenti, basse produzioni, vendemmie precise, raccolta delicata, pressature soffici, lunghe macerazioni, affinamenti sulle fecce fini, travasi, batonnages, controllo delle temperature e dell’evoluzione sia nelle botti che nell’acciaio, ma specialmente l’aver saputo interpretare le caratteristiche della terra sono i motivi del successo.
Diradamento del Nero d’Avola
Il pensiero di Carmelo Bonetta si può riassumere nelle seguenti parole: “Il nostro quotidiano impegno è nella costante ricerca di poter fare vini che abbiano sempre più un forte carattere e una spiccata personalità, che siano espressione del nostro territorio e trovino l’apprezzamento di chi li berrà”.
Carmelo Bonetta
Oggi producono 260.000 bottiglie, hanno ottenuto tanti riconoscimenti e premi il cui elenco riempie tre pagine, sono apprezzati sia in Italia che all’estero tanto da non avere invenduto. Le prospettive immediate sono di arrivare a regime di 300.000 pezzi.
Ecco le principali etichette:
Lu Patri: (dal siciliano il padre, il capostipite, il degno di rispetto) Nero d’Avola puro, macerato per 18 giorni, 14 mesi di barriques di vari legni e varie annate e affinamento di almeno un anno in bottiglia.
Lu Patri e i gessi
Lusira’: il Syrah in purezza, vinificato allo stesso modo del Nero d’Avola. Laudari: (lodare specie in senso mistico) Chardonnay in purezza che completa la fermentazione in legno, affinato in acciaio sulle fecce fini e in bottiglia per 8 mesi. Laluci: (la luce) Grillo al 100%, affinamento per 4 mesi sui lieviti e 3 in bottiglia. Adenzia (cura, attenzione) rosso: Nero d’Avola, Syrah e Cabernet, affinato per 10 mesi nei tini legno-acciaio e un anno in bottiglia. Adenzia bianco: Grillo e Chardonnay, affinato 5 mesi in acciaio sulle fecce fini e 4 in bottiglia.
Abbiamo degustato“en primeur” Lu patri 2010, Lusirà 2010 e Laluci 2011, prelevati direttamente dalle barriques e dai serbatoi, vini che ancora devono completare il loro ciclo evolutivo, ma che per le loro qualità, che riescono già ad esprimere, sicuramente non potranno che continuare, se non addirittura migliorare, i successi della cantina.