E’ una storia di mezzadria che nell’arco di un ventennio si trasforma in storia di vigna e di successo. Tant’è che Vittorio Monchiero, erede dei fratelli Maggiorino (il suo papà) e Remo che a Castiglione Falletto iniziarono a coltivare la vigna come mezzadri per poi arrivare alla trasformazione, imbottigliamento e vendita del vino – o meglio, del Barolo -, con un po’ di – giusto, diciamo noi – orgoglio, supportato da un esperto comunicatore come Riccardo Gabriele. E che ha voluto essere protagonista della verticale di uno dei suoi vini prodotti dalle uve di un vigneto che non raggiunge l’ettaro di superficie ed oltretutto distribuito su tre luoghi che diventano altrettanti cru che per effetto della presenza di sabbia nella conformità del terreno, ottenendo un Barolo caratterizzato da una bellissima morbidezza. Si tratta del Barolo Rocche di Castiglione (lo producono solo 7 cantine) che dalla vigna ubicata a ridosso di un dirupo, riesce a produrre al massimo 7.000 bottiglie quando la vendemmia assicura uve che possano dare vini di ottima qualità. Come l’ultima, la vendemmia 2019 che per Monchiero è così interessante da pensare già ad una riserva di questo Barolo.
Di ogni annata che ha proposto in degustazione – 2019, 2018, 2017 e la riserva 2015 – il vignaiolo piemontese è stato molto dettagliato nel raccontare l’andamento climatico, l’evoluzione dell’annata e quindi la qualità del vino imbottigliato e ha fatto anche una sorta di sintesi di un argomento molto attuale non solo nelle terre del Nebbiolo, come il cambiamento climatico. Sembra proprio che il vignaiolo di Castiglione Falletto si sia applicato nello studio del fenomeno visto come ha raccontato le singole vendemmie e la necessità di sopperire alla carenza di acqua con l’autorizzazione di irrigare i vigneti. “Noi non possiamo ricorrere all’irrigazione perché i vigneti sono tutti ubicati in zone impervie e, quindi, impossibile portare l’acqua ma, ormai, se si vuole ottenere un raccolto interessante, il soccorso dell’acqua è necessario”. Prima di affrontare la degustazione, Vittorio Monchiero ha dato anche un piccolo assaggio della storia della sua azienda – aiutato dalla moglie Daniela e dal 2017 dai figli Luca e Stefano – e sua personale perché la prima scelta è stata quella di portare la cantina Monchiero alle fiere e nelle degustazioni in giro per il mondo. Praticamente la seconda rivoluzione dopo il passaggio dalla vendita delle uve alla successiva trasformazione per produrre vino. Una scelta che ha dato l’input ad acquistare altri appezzamenti di terreni – arrivando così ad una superficie vitata di 12 ettari – per la produzione di Barolo nel comune di Castiglione Falletto e di quello di La Morra nonché i Barolo Montanello, la riserva Pernanno, poi Barbera e Dolcetto d’Alba, i bianchi Arneis e Quattro Filari per un totale di 40.000 bottiglie all’anno di cui l’80% venduto all’estero.
Nell’accogliente “Il Liberty”, il ristorante milanese dove Monchiero ha organizzato la verticale del suo Barolo Rocche di Castiglione, con lui c’era Mattero De Padova, un manager di origini pugliesi che ha girato il mondo e una volta che ha scelto di vivere in Svizzera, ha creato Winetage, azienda che attraverso il riutilizzo dei legni dismessi dalle cantine, recupera i segni e i profumi impressi nel legno di botte, creando complementi d’arredo unici. De Padova è partito dalla domanda “cosa accade al rovere delle botti una volta svuotate? Dopo aver custodito per lungo tempo il vino, scambiandosi reciprocamente profumi e sapori?”, per arrivare alla produzione di complementi di arredo sostenibili, innovativi e nel rispetto della tradizione artigiana. Alla verticale milanese di Monchiero, De Padova si è presentato con quattro lampade (i tavolini sono un po’ ingombranti) ottenuti dai legni dismessi dalla cantina piemontese e indicate con nomi di piccole località come Flussio, Ales, Ibla, Nuri, Bosa. E’ prevista e, forse, proprio a breve anche la descrizione del vino che questi legni hanno custodito perché a De Padova piace raccontare storie e questa scelta ritiene che incontrerà molto interesse. I vini sono stati accompagnati ai piatti proposti da Andrea Provenzali, chef-patron del ristorante Liberty scelto per la degustazione (asparagi, parmigiano e uovo come antipasto; mezze candele con Genovese alla Napoletana come primo; rostin negàa al Marsala e fave di miele come secondo piatto).