Beppe Rinaldi ed il suo Dolcetto d’Alba 2014
di Daniele Cernilli, Doctor Wine
Che la vendemmia del 2014 non sia stata una di quelle da ricordare lo sappiamo tutti, credo. Soprattutto è noto che mentre in alcune zone la produzione di bianchi è stata talvolta di discreta qualità, quella dei rossi, e in particolare di quelli che derivano da vitigni precoci, è risultata davvero poco interessante. Questo è quello che pensavo, e che in buona parte continuo a pensare.
Senonché alcuni giorni fa pranzando a Roma nel ristorante Arcangelo ho notato in carta un vino che mi ha incuriosito. Era il Dolcetto d’Alba 2014 di Beppe Rinaldi. Dolcetto, quindi vino rosso da uve precoci. Annata 2014, quindi inadatta a quelle varietà. Certo, Beppe Rinaldi è uno che fa parte dell’aristocrazia contadina italiana, un bravo agricoltore e un fantastico viticoltore. “Sarà un po’ meglio degli altri” mi sono detto “ma anche uno come lui non può fare miracoli contro Giove Pluvio”.
Nonostante questo, spinto anche da un prezzo abbordabile, che in epoca di crisi è sempre un fatto da considerare, e vinto dalla curiosità, l’ho ordinato e me lo sono fatto portare. Colore rubino violaceo intenso, profumi nitidi, tipici, intensamente fruttati, sapore pieno, piacevolissimo, senza asperità acide, discreta alcolicità, ottima lunghezza, bevibilità pericolosa. Una meraviglia, insomma, da rimanerci a bocca aperta. Non un vino complesso, certo, ma quale Dolcetto lo deve essere? Però fragrante, agile, armonico. Da berne un secchio, insomma.
Come mai, mi sono chiesto? Forse la risposta è semplice. Un grande vignaiolo sa come intervenire quando la vendemmia è difficile. Seleziona, sfoglia, fa i trattamenti giusti e vendemmia quando deve. Come diceva John Belushi, quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare, e i preconcetti vanno a farsi benedire.