Tappo a vite: è il momento del riscatto.
Non hanno dubbi Walter Massa e Graziano Prà che presso la sede Ais di Brescia, sono stati protagonisti di una degustazione comparativa molto interessante e per certi versi anche provocatoria. I due produttori, amici di lunga data e nomi di spicco ciascuno per le proprie tipologie, Derthona e Soave, avevano un obiettivo preciso: dimostrare che il tappo a vite (Stelvin) sia una chiusura migliore rispetto al tappo di sughero naturale.
Una tesi controversa e a lungo dibattuta questa, che tuttora fa alzare il sopracciglio ai puristi del vino che vedono nel tappo a vite la fine di una tradizione, di uno stile e anche di una gestualità quasi rituale nella stappatura e nel servizio. Non aiuta, tra le altre cose, il fatto che una volta si utilizzasse il tappo a vite solo per i vini da pochi soldi, essendo più economico: un passato che questa chiusura si trascina dietro come un’onta.
(Graziano Prà e Walter Massa)
Oggi la situazione è cambiata e il tappo a vite sta iniziando gradualmente a prendere piede anche in Italia per i vini di qualità. Graziano Prà e Walter Massa già da diversi anni chiudono il proprio vino sia con il tappo a vite che con il tradizionale tappo in sughero. Per soddisfare i diversi gusti dei consumatori, ma anche per dimostrare la propria teoria, ovvero che certi vini sono più autentici e si conservano meglio con il tappo a vite, il quale, a loro dire, garantisce una maggiore durata, una linearità e una omogeneità qualitativa che non è possibile avere con il sughero naturale.
“La microssigenazione che avviene con il tappo in sughero naturale – spiega Prà – per forza di cose non può essere identica per ogni bottiglia, inoltre il sughero altera il sapore del vino in vari modi e gradi che non sono prevedibili. Mi è capitato di degustare i miei vini tappati con il sughero ad alcuni anni di distanza e di non riconoscerli. Non perché sapessero di tappo, come si usa dire, ma semplicemente perché erano cambiati, non erano più gli stessi”. “Sono abituato a sentirmi definire in ogni modo – spiega Massa con la sua celebre autoironia – all’inizio ero un pazzo perché credevo in una cosa in cui non credeva nessuno, poi un eretico, poi quando le cose hanno iniziato ad andare bene sono diventato un visionario e infine uno stronzo quando ho sostenuto la necessità di mettere il blocco agli impianti per la tipologia Derthona, in modo da salvaguardarne qualità e valore. Ma io credo moltissimo in questo vino, ho cominciato a studiare tappature alternative più di trent’anni fae oggi dichiaro apertamente che la chiusura migliore per il Derthona è il tappo a vite e obbligherei tutti a produrlo solo così”.
Entrando nel vivo della degustazione, abbiamo assaggiato bottiglie “doppie” per ciascun produttore, ovvero lo stesso vino della stessa annata, tappato con le due diverse chiusure:
- Vigneti Massa – Derthona 2016
- Vigneti Massa – Montecitorio Derthona 2016
- Prà – Otto Soave 2014
- Prà – Otto Soave 2012
È innegabile che i vini abbiano avuto evoluzioni diverse a seconda del tappo utilizzato: non sottili sfumature da intenditori, proprio differenze nette, sia per quanto riguarda il colore che il profumo che il gusto. In generale quelli tappati con il sughero si presentavano più evoluti e maturi dei loro gemelli chiusi con tappo a vite, i quali rimanevano invece più freschi e agili, con spiccate sensazioni minerali. Di tutte le coppie in esame noi abbiamo sempre preferito la versione con il tappo a vite. Qualcuno potrebbe chiedersi se c’è un rovescio della medaglia. Certo, c’è sempre un prezzo da pagare per la giovinezza. Dorian Gray insegna. La scelta del tappo a vite preclude inevitabilmente certe evoluzioni che potrebbero avere i vini se tappati con il sughero naturale. Quella particolare morbidezza, quelle sfumature non prevedibili, ma proprio per questo affascinanti e preziose…
Quindi tappo a vite o sughero naturale? Il dibattito rimane aperto.
C.d.G.