24 anni non ancora compiuti, il premio Best in Sicily e un ristorante l'Eolian di Milazzo da gestire. Eppure lo chef giovanissimo siciliano non si è mai perso d'animo. Ed ad un veneto a Barcellona ha mostrato tutto il suo talento
(Lo chef Davide Guidara con i giornalisti ospiti dell'evento)
di Alessandra Meldolesi
Ci sono giorni che segnano tappe nella carriera di un cuoco. Come è stato probabilmente per Davide Guidara, chef non ancora ventiquattrenne dell’Eolian di Milazzo, in provincia di Messina.
Il cerchio sul calendario indica la città di Barcellona, dove ha avuto occasione di presentare la sua cucina a un parterre di giornalisti internazionali nell’ambito della settimana della cucina italiana nel mondo. Sui tavolini del Cotton House, per la precisione, delizioso ristorante del centro di Barcellona dall’atmosfera retro e dalle suggestioni coloniali. “Sono stato contattato dall’Istituto Italiano di Cultura a fine agosto e per me è stato molto interessante coinvolgere produttori e autorità, come Pagnotta è salute, Annalisa di Benedetto del mulino La Timpa, Pippo Ricciardi per l’olio, i fratelli Borrello per il prosciutto dei Nebrodi e Planeta. Sono molto freddo, mi emoziono solo a evento finito. Ma i giri nei bar di tapas mi hanno offerto molti spunti, che sicuramente orienteranno la mia cucina”. Tutto merito di un’altra data: il 29 gennaio 2017, quando Guidara ha vinto il premio Best in Sicily conferito da Cronache di Gusto, confrontandosi con colleghi ben più maturi.
È stato grazie a quel risalto che è stato invitato dagli organizzatori, nonostante il colpevole ritardo delle guide italiane nel registrare il suo talento. Quella di Davide è infatti una cucina straordinariamente consapevole e matura, grazie alla formazione con personalità quali Alfonso Iaccarino, il neostellato Fabio Ciervo, René Redzepi, Michel Bras, e all’affiancamento di un secondo altrettanto titolato, Francesco Coppola, che ha conosciuto al Don Alfonso e tiene il suo stesso passo negli stages. Dal 2016 una proprietà illuminata, grazie a una serie di circostanze fortunate, gli ha offerto la possibilità di servire la sua cucina in totale libertà, all’interno di un bell’albergo affacciato sul mare. E questa ha preso sempre più forma, dismettendo qualche tentazione dimostrativa e qualche tecnicismo di troppo in favore della materia, di una spontaneità ritrovata e della centralità del gusto. Quasi a rituffarsi nel Mediterraneo dopo una lunga traversata. E i piatti, approntati con materie prime procacciate in loco, gli hanno dato ragione.
Fulminanti i gamberi rossi crudi con acqua di mare (una macerazione sottovuoto di limoni tagliati a metà con wakame, kombu e nori, tecnica prediletta di Guidara) sotto un velo di lattuga di mare fritta, la cui grassezza nel connubio con le polpe sveglia una sensazione di frittura di mare. Per un kick di freschezza a inizio pasto.
La ricciola in oliocottura è servita con una crema di mandorle, scaldate fino a 62 °C sottovuoto perché rilascino i loro oli e poi frullate, pomodori sempre macerati di diverse varietà e salicornia. Con un ricordo di insalata estiva e reminescenze arcaiche nel connubio fra frutta secca e pesce, familiare in Spagna grazie all’ajo blanco.
Ottime le lenticchie cotte nel fondo bruno di vitello con cotenna e lardo di maiale, per un’esplosione di umami, servite su una crema di cozze agli aromi mediterranei di capperi e acciughe, più mitili sgusciati e un ciuffo di alga mauro, tipicità di Catania, per il gioco di consistenze.
I ravioli di pasta senz’uovo, fondente alla maniera di Don Alfonso grazie all’acqua caldissima, sono farciti di genovese di tonno, cotti al vapore e serviti con una glassa di soia, aceto di lamponi e ostriche e un’altra salsa di provola affumicata. Fra Milazzo, Napoli e il Giappone.
E ancora gli gnocchi tipo gnudi di crema di carota e ricotta con scampi crudi, la loro bisque, finger lime e scarola alla griglia per il contrasto acido e amaro.
Il calamaro, marinato per tre giorni con coriandolo, ginepro, olio e aceto, è servito grigliato con la salsa dei suoi tentacoli e del suo fegato al nero, più una cascata di spinaci per il tintinnare del ferro su ferro.
Classico il dessert di mousse al gianduia con biscotto al riso soffiato, arachidi, gel di more, lamponi e granita di ribes. In abbinamenti sono stati serviti vini spagnoli.