di Simone Cantoni
Nella scuola culinaria italiana, un autentico “sempreverde”.
Espressione quanto mai appropriata, in questo caso: perché quel colore è letteralmente il suo, in virtù di uno degli ingredienti cardine, cioè il basilico; e poi perché si tratta di un condimento non solo intramontabile negli anni, ma anche assai duttile nell’intercettare i diversi “sentimenti” della tavola stagionale, attraverso applicazioni che vanno da quella, classica e fresca, sulla pasta a quelle (altrettanto tipiche, ma più dotate di “calore” metaforico) sulla lasagna e sulla frittata. Parliamo del “pesto” nella sua codificazione più autorevole e consacrata: quella “alla genovese”. Una salsa cruda, ovvero amalgamata a freddo: i cui primordi (versioni prototipiche, ovvio) sembrano poter datarsi già in epoca romana; la cui prima puntuale documentazione scritta viene fatta risalire alla metà del XIX secolo; e la cui ricetta, oggi, è classificata tra i “Prodotti agroalimentari tradizionali” (Pat) riconosciuti per la Liguria.
PESTO ALLA GENOVESE: LA FORMULA
In questa sua “canonizzazione”, la lavorazione delle materie prime prevede di procedere come segue. Procurarsi foglioline di basilico e sciacquarle velocemente in un colino sotto acqua fredda; quindi asciugarle accuratamente con uno strofinaccio. In un mortaio adagiare spicchi d’aglio riducendoli, con il pestello, a consistenza cremosa; quindi aggiungere pinoli e ripetere l’operazione, ottenendone un composto meno fluido, ma comunque morbido. A quel punto unire il basilico e del sale grosso, per poi darci dentro ancora di pestello. Ottenuto di nuovo un composto pastoso, far entrare in scena, entrambi a cubetti, prima del pecorino Fiore Sardo e, poi, del Parmigiano Reggiano (di almeno 30 mesi): replicando, con ciascuno dei due formaggi separatamente, la mantecatura “per percussione”. Infine versare olio extravergine d’oliva (ligure) e completare l’amalgama.
IN TAVOLA SUGLI GNOCCHI DI PATATE
Tra gli impieghi possibili di questa salsa (tanti, come detto), si è scelto, stavolta, quello che la vuole a guarnire una bella porzione di gnocchi di patata. Se ne ottiene una pietanza di buona densità sensoriale; caratterizzata da un profumo fortemente orientato al vegetale aromatico di stampo mediterraneo (il basilico), con venature di affumicato (il Fiore Sardo) e un solido fondo agliaceo (da gestire con sorsate rinfrescanti); un boccone, poi, dotato di un robusto nucleo grasso (formaggi, olio) e amidaceo (gli gnocchi); e incline a esprimere, in masticazione, uno slancio dolce-sapido con spunti di certa piccantezza: il che caldeggia uno sguardo rivolto a bevute di timbro morbido e rotondo-abboccato, prive di parti dure realmente sensibili. Insomma, un “tema” articolato e appetitoso; sul quale, in abbinamento, si è lavorato con tre approcci diversi: tutti, però, accomunati dall’appena sottolineata assenza di espressioni gustative amaricanti, legate all’incisività del luppolo o di malti tostato-torrefatti.
CON LA MUNICH HELLES
Partenza decisamente soffice: in mescita la “Pozzo 16” firmata, a Guspini (Medio Campidano), dal marchio sardo “4 Mori”. Il suo naso, intonato al miele e al prato falciato, non riprende esattamente le dominanti olfattive del pesto, ma le avvicina e le affianca in un armonico profumo campestre; la sua bocca, decisamente conciliante e scarica in amaro, asseconda le estroversioni sapido-piccanti degli gnocchi; il suo combinato alcol-bollicina (benché la gradazione sia su un valore di appena 4 e 7) massaggia e alla fine scioglie la materia grasso-amidacea del boccone, pur mettendoci un po’ di… sudore.
CON LA BIERE BLANCHE
Si prosegue con un connubio collaudato: che chiama in causa la tipologia delle Bière Blanche (o Witbier) belghe; nello specifico la versione recante il sigillo della scuderia “5+”, a Mattarello (Trento). Nel suo caso – grazie alla bollicina e all’acidulità più arzille, a fronte di una gradazione sostanzialmente pari a quella della birra precedente: siamo a 4.4 – migliora la capacità di gestione lipidica e carboidratica operata sullo gnocco; e parimenti cresce l’efficacia nel limitare la potenziale insistenza delle sensazioni agliacee. Quanto alle traccianti aromatiche, abbiamo – di nuovo – non un allineamento totale, ma un intreccio comunque “intonato” fra la macchia mediterranea del piatto e le speziature della bevuta, in primis quelle da ingredienti in aggiunta diretta: coriandolo, scorze d’arancia e bergamotto. Infine la sorsata: chiusa, sì, da lievi sensazioni amaricanti e tannicità; ma davvero minime e perciò assolutamente irrilevanti in ordine a rischi di frizione con la sapidità del boccone.
CON LA BELGIAN BLOND
Si chiude con una Belgian Blond “elaborata”. Nel senso che la “Vale” targata “Saragiolino” (con base nell’omonima località della provincia di Siena) presenta nel proprio Dna una speziatura in aggiunta diretta: in particolare, una speziatura da Blanche d’impostazione canonica, affidata cioè al rituale binomio arancia amara-coriandolo. Simili dunque, rispetto a quanto rilavato in occasione della seconda prova d’abbinamento, gli esiti dell’interazione nasale tra piatto e bicchiere. Il “balletto” dei quali si giova al palato, nell’incrocio con le sapidità del pesto, di una crescita, manifestata da parte della birra, del peso specifico espresso dalle parti morbide: un certo residuo zuccherino (dosato, chiaramente) e un pelo di alcol, il cui contatore sale al 5% netto. Quei pochi decimali di grado che aiutano anche nell’assimilazione dei contenuti amidaceo-lipidici del boccone, sebbene a fronte di valori in calo – rispetto alla Witbier precedente – circa i parametri di acidulità e carbonazione.
BIRRIFICIO 4 MORI
Località Scirìa-Montevecchio-Levante,
Strada Provinciale 66, km 5,6 – Guspini (Medio Campidano)
T. 347 4023577
luppoloebirra@gmail.com
www.birrificio4mori.it
BIRRIFICI0 5+
Via Nazionale, 210 – Mattarello (Trento)
T. 377 1197197
info@5piu.com
www.5piu.com
BIRRIFICIO SARAGIOLINO
Località Saragiolino, 50 – Torrita (Siena)
T. 347 3342038; 339 1704668
info@saragiolino.it
www.saragiolino.it