Hai la fortuna di conoscere Patrick Pistolesi, il bartender italiano più noto al mondo, proprietario del “Drink Kong” di Roma, nominato dal World’s 50 Best Bars miglior cocktail bar d’Italia nel 2023 e numero 21 al mondo e vuoi non intervistarlo? L’abbiamo incontrato in occasione di “Pink Nite, il Gusto della Notte”, una serata a lui dedicata al Peperosa, ristorante ubicato tra le banchine del moderno porto turistico di Capo d’Orlando, in provincia di Messina, circondato da barche a vela e yacht. Il ristorante, progetto dei fratelli Antonio e Miriam Magistro che lo gestiscono insieme al cognato Giuseppe Migliazzo, dal 2022 è il palcoscenico ideale per la cucina giovane e ricercata dello chef Domenico Perna che si sta distinguendo nel panorama gastronomico siciliano per tecnica e inventiva. Pistolesi, guest star della serata, ha dato il proprio contributo attraverso la produzione di svariati cocktail in abbinamento ai piatti dello chef, offrendo agli ospiti un’esperienza sensoriale davvero interessante. Tra tutti, ci hanno colpito l’equilibrio del Paradox (gin, vermouth, bitter e cordiale alla cicoria-pompelmo-alloro), abbinato all’antipasto “Km 0” (melanzana, ficodindia e caprino); le note delicatamente acetiche del Canova (gin, mediterranean cordial e aceto) che ben si sposavano con “In fondo al mare” (Glacier 51, estratto di mare, prezzemolo e pane all’origano) e naturalmente il Pink Nite (tequila, liquore al mango, cordiale al mango-mela-basilico e soda al pompelmo) cocktail inedito, creato ad hoc per incarnare perfettamente lo spirito della serata.
Abbiamo detto quali sono stati i nostri cocktail preferiti, ma qual è il tuo, Patrick?
“Difficile scegliere. Probabilmente il Gin Tonic, perché è un drink che bevo sempre. E forse anche perché è frizzante e sta bene su tutto”.
Bartender di successo, attore di teatro, per metà italiano e metà irlandese… chi è davvero Patrick Pistolesi?
“Sono un umile barista del quartiere romano di San Giovanni. Dopo l’esperienza di tanti anni fa in teatro, ho scelto un altro palco, quello del bar. Mi piace il mondo della notte e mi ha dato tutto. Mi piace perché nella dimensione notturna si ha la sensazione di essere più in contatto con la parte vera della gente. Ma, se anche così non fosse, ci si ritrova comunque in una dimensione totalmente opposta rispetto a quella diurna, quindi le maschere, gli abiti, i ruoli vengono inghiottiti dalla notte e tutto assume altri contorni. Di notte ci si innamora, si sogna, si esce per il primo appuntamento, si incontra un amico, si ha il coraggio di correre rischi. La notte è una celebrazione di tutto questo, della mia infanzia e della mia vita e di tutto quello che è in contatto con la parte più umana di ognuno di noi. Per me quindi offrire “spirito”, significa offrire qualcosa che è in qualche modo collegato all’anima. Quindi, senza arrivare a citare Hemingway e Bukowski, diciamo che la dimensione notturna del bar è una dimensione onirica, piena di speranze, di passione e di ispirazione”.
Proprio da questa tuo rapporto con la notte nasce lo spin-off di Drink Kong, “Nite Kong”. Come ha avuto origine quest’idea?
“Nite Kong è proprio una celebrazione della notte. Al Drink Kong tutto è pop, è un luogo inclusivo, aperto e grande, uno spazio di 300 metri quadrati su strada, per catturare un pubblico ampio. Il Nite Kong, invece, è un locale piccolo, esclusivo e raccolto dove offriamo delle cose più speciali, dedicato a poche persone che sanno esattamente cosa cercano nella notte. Qui i clienti trovano i classici, ma anche rivisitazioni di drink dimenticati, oltre ad una selezione di champagne per i clienti che amano le bollicine”.
Sappiamo che sei un appassionato di poesia, che ami i libri e la cultura più in generale. Pensi si possa fare cultura attraverso il tuo mestiere?
“Ho studiato letteratura, frequentato l’accademia, quindi sì, la mia stessa vita è intrisa di arte e cultura. Quello che mi fa paura è proprio la mancanza di cultura, ne sono terrorizzato ancora più che mai oggi che ho due bambini piccoli. Ecco perché cerchiamo nel nostro lavoro di fare sempre in modo di diffondere cultura. Sono, come dicevo, un umile barista di San Giovanni, però anche nei bar, trovandosi costantemente a confronto con gli altri, si può ancora fare qualcosa, si ascolta ciò che succede, si discute, si rischia manifestando la propria opinione, sempre senza disturbare il prossimo”.
Sei qui in Sicilia per questo evento, ma sappiamo che vieni spesso anche per motivi familiari. C’è un legame dunque con la Sicilia. In quale sfaccettatura del tuo essere pensi di ritrovarlo?
“Il mio essere in qualche modo “siciliano” nasce, appunto, da mia moglie che è catanese. Quindi, questo legame è collegato con l’amore, e di conseguenza vedo la Sicilia ancora con occhi romantici, non notando i suoi difetti. Per me è un luogo in cui mi sento sempre bene perché appunto è legato alla memoria del cuore: sono innamorato e lo sono di conseguenza anche di questi luoghi. Anche i prodotti di questa terra entrano nei miei cocktail. Ho lavorato in tutto il mondo e avrei avuto l’opportunità di fermarmi ovunque all’estero, ma ho deciso di aprire il mio bar a Roma proprio per rappresentare l’Italia di questo settore a livello internazionale e sono quindi felice che adesso sia considerato uno dei migliori al mondo. In futuro mi piacerebbe avere qualcosa di mio anche in Sicilia. Mi piacerebbe espandere vari concetti e divulgare il più possibile il mio messaggio. Per me la mixology è una ricerca costante ed è quindi intrisa dei luoghi che visito e che mi restano nel cuore. Canova, uno dei cocktail che ho presentato stasera, per esempio, racchiude la macchia mediterranea, tutti quei prodotti che crescono spontaneamente in questa terra così bella: le olive, il rosmarino, il basilico. Ed è proprio questo che voglio portare con me quando giro il mondo per far conoscere il mio lavoro. L’evocazione dei luoghi della propria memoria, quindi del proprio essere. Allo stesso modo, nei miei cocktail porto a casa quello che trovo nei miei viaggi. Vado in Giappone ormai almeno una volta all’anno e metà dei miei drink che avete assaggiato stasera sono ispirati proprio alla cultura giapponese e prodotti con ingredienti giapponesi. Sono innamorato del Giappone, della loro estetica, della loro precisione e della loro cultura e, al contempo, amo il loro essere fuori dagli schemi sotto tanti aspetti”.
Sappiamo che Nite Kong non è il tuo punto d’arrivo. Per esempio, dallo scorso giugno stai portando avanti un programma su Sky. Cos’altro vedi nel tuo futuro?
“Il nuovo programma che va in onda su Sky, “Cocktail Tour. L’arte dell’aperitivo italiano”, è un format di divulgazione che per me è molto importante. In questo modo spero di arrivar a far comprendere a più persone cosa sia un cocktail e la cultura che c’è dietro. Al contempo spero di riuscire a far arrivare cosa significhi lavorare al bancone di un bar. È qui che ti ritrovi a parlare di tutte le bellezze del mondo o anche delle cose più terribili, come quando Churchill si recava al Savoy e davanti ad un Martini rifletteva o parlava di questioni inerenti al secondo conflitto mondiale. Ecco, è un’esperienza molto particolare che secondo me va divulgata. Novità dell’estate 2024 poi è Wunder Kong, grazie al quale porto i miei drink outdoor nel giardino della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. Questo spazio è stato inaugurato il 17 luglio e resterà aperto fino al 30 settembre, con diversi dj e musicisti internazionali che si alterneranno”.
Come dicevamo, sei per metà irlandese. Cosa persiste di irlandese nella tua vita?
“Tutto. Qualcuno dice che gli irlandesi siano i siciliani d’Europa, forse perché ci accomuna l’essere isolani. Sono irlandese perché mia mamma è di Dublino e ho vissuto e lavorato là. Sono praticamente cresciuto dentro i pub irlandesi, quindi ho da sempre assorbito i valori dell’ospitalità irlandese e dell’abbattimento delle differenze sociali. Non solo, in Irlanda non esiste il concetto di età. Esiste il bar inteso come un luogo pubblico in cui diverse generazioni si scambiano idee senza giudizio, ci si confronta e c’è interesse reciproco. Il sessantenne è interessato a ciò che succede alle nuove generazioni e il ventenne è interessato al consiglio di quella persona più grande e con più esperienza. Questo modus vivendi mi ha sempre affascinato e ho notato che purtroppo in Italia spesso manca. Poi l’Irlanda è un posto meraviglioso, il suo verde sconfinato per me rappresenta la libertà”.
Chiudiamo con tre aggettivi attraverso i quali ti senti di definirti.
“Facciamo quattro: sono curioso e innamorato del genere umano, soprattutto dei suoi difetti; e poi sono testardo e anche un buono”. (Ha collaborato Stefania Petrotta)