Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
La degustazione

Nell’isola d’Elba il progetto “Nesos”: ecco il vino prodotto con l’uva affinata in mare

19 Novembre 2019
immersione immersione


(Sub recupera le nasse con l'uva)

Tornare indietro nel tempo solo grazie ad un bicchiere di vino e ad un esperimento scientifico unico al mondo condotto sull’isola d’Elba? 

Tutto questo è stato possibile assaggiando in anteprima Nesos, il vino marino presentato a Firenze a Villa Fabbricotti, sede di Toscana Promozione. Parliamo di un esperimento enologico condotto dall’azienda agricola Arrighi dell’isola d’Elba in collaborazione con Attilio Scienza, Angela Zinnai e Francesca Venturi, del corso di viticoltura ed enologia dell’università di Pisa. L’idea è stata quella di ripercorrere quelli che erano i sistemi di affinamento e di conservazione delle uve dei vini antichi, nello specifico dei vini di Chio, isola dell’Egeo orientale che produceva oltre 2500 anni fa vini Greci già allora considerati di lusso e per soli ricchi. Questi vini, dolci e particolarmente alcolici (caratteristica fondamentale per la sopportazione del trasporto in mare) infatti nascondevano un grande segreto: le loro uve venivano immerse dopo essere state chiuse in ceste di vimini chiamate Nasse, proprio nel mare dell’isola. 


(L'isola d'Elba dall'alto)

Questa pratica, consentiva infatti una sorta di sterilizzazione delle uve, che al momento della macerazione, della vinificazione e del loro affinamento, riuscivano a mantenere intatte tutte le sfaccettature aromatiche e tutte le loro caratteristiche varietali. Perché non provarci? Questo è proprio quello che si è chiesto Stefano Arrighi, proprietario della azienda agricola. Quello che nasce dopo anni di sperimentazioni è proprio Nesos, una produzione di sole 40 bottiglie (che abbiamo avuto l’onore di assaggiare) di annata 2018, dove l’Ansonica, uva bianca tipica dell’isola d’Elba, è stata immersa nel mare per 5 giorni circa a dieci metri di profondità, protetta proprio dalle storiche nasse, le ceste in vimini che sono state recuperate per l’occasione da una piccola azienda della Sardegna. Il sale marino in questo caso, oltre ad accelerare il successivo appassimento dell’uva sui graticci, per osmosi penetra anche all’interno dell’acino senza danneggiarlo, donando al vino un aroma di mare unico ed inimitabile. 


(Nasse in mare)

Quello che si ottiene è un vino dal carattere unico, dalla sapidità ovviamente molto importante e con il doppio dei fenoli totali rispetto a quello prodotto tradizionalmente (dati dell’Università di Pisa). Il risultato quindi, racconta di un meraviglioso vino ma anche di una storia di 2500 anni. Racconta il magnifico territorio dell’isola e le sue ricchezze.  La viticoltura è eroica, e grazie al grandissimo lavoro che si nasconde dietro questi prodotti, viene sottiolineato e rivalutato anche lo spirito rurale e campagnolo di queste persone. “Il mio non è stato un esperimento commerciale, infatti queste bottiglie non le ho mai messe in vendita” racconta Stefano Arrighi, che ci riproverà però anche il prossimo anno perfezionando la tecnica e aumentando leggermente la produzione che, comunque, non potrà superare le 120 bottiglie. 

Durante il convegno è stato poi proiettato in anteprima italiana il documentario Vinum Insulae diretto e prodotto da Stefano Muti (Cosmomedia), che racconta l’esperimento enologico di Nesos. Questo cortometraggio è reduce dai successi del 26° Festival internazionale di Marsiglia (premio riconosciuto per l’originalità e per il valore della sperimentazione) ed è in concorso anche alla IX edizione del Most Festival 2019, festival internazionale del cinema del vino e della cava che si sta svolgendo in Spagna. Un’opera emozionante che meglio di tutti gli altri ha saputo farci vivere parte delle difficoltà e del duro lavoro che è servito per portare in bottiglia un vino storico, un vino marino come Nesos. Un’opera che ci ha raccontato la passione di una famiglia che ama la sua isola, che ne studia la sua storia e che vuole mostrare le meraviglie del territorio a chi magari la conosce meno. 

Gianluca Rossetti