(Marco Nicolosi con la moglie e il figlio)
di Marco Sciarrini, Roma
Origini antiche quelle dell’azienda e famiglia siciliana Barone di Villagrande sull'Etna e che oggi, generazione dopo generazione, vive sul territorio da oltre trecento anni, e che vede Marco Nicolosi, laureato in viticoltura ed enologia, al suo timone.
Il titolare ha l’onere e l’onore, con l’aiuto della moglie per la parte commerciale e del marketing, di portare avanti la produzione dei vini ”di famiglia”, e come dice lui “la mia famiglia si è affinata in 10 generazioni sull’Etna.”. Produzione che si aggira intorno alle settantamila bottiglie che provengono da circa venti ettari di vigneti che si estendono in un ampio anfiteatro etneo, che degrada verso sud, ad una quota compresa tra i 650 ed i 700 metri sul livello del mare. Il terreno, ovviamente, è di matrice vulcanica ricco di microelementi, tra cui ferro e rame e mediamente dotato di potassio, fosforo e magnesio. L’ubicazione dell’azienda e dei suoi vigneti a Milo in provincia di Catania per la produzione del Carricante risente sia della sua altezza che delle escursioni termiche che ne conseguono, ma anche della vicinanza del mare, della sua salinità, ma anche della luce che emana. Le temperature in questo versante sono fresche e piove dieci volte di più di qualsiasi altro posto della Sicilia.
L’Etna bianco superiore ha un’appellazione comunale, quello delle contrade che possono somigliare alle zone dei Grand Cru francesi. Gli altri vigneti che producono Nerello Mascalese sono nel versante nord del vulcano tipico per l’allevamento di questo vitigno insieme al Nerello Cappuccio. Dal 1989 l’azienda è Bio e aderisce ad un progetto di sostenibilità in cui riducono il loro impatto ambientale. Il loro motto, e lo dice con orgoglio Nicolosi, “conoscere per combattere e per controbilanciare”, è un senso di responsabilità per il proprio territorio “per lasciare meglio ciò che abbiamo trovato”. La famiglia già dal 1968 aveva stilato un disciplinare di produzione, che poi è stato aggiornato. La storia dell’Etna, quella conosciuta, nasce negli anni 2000, ma uno dei momenti più interessanti è il 1888, quando l’Etna era tutto coltivato a vigneto. Si vendeva vino in Francia e in America, i vini venivano bevuti tal quali, a differenza di quanto avveniva per gli altri vini della Sicilia che erano destinati al taglio. Poi la Francia proclamò una specie di embargo e a seguire la fillossera e le due guerre mondiali hanno fatto sì che le popolazioni, per l’elevato costo della manodopera, causato dalla maggiore cura che si doveva avere per i terreni così fatti e del tempo che ci si impiegava a lavorarli, ha spopolato il territorio, con conseguente abbandono delle coltivazioni.
(I vigneti)
Ora c’è una nuova primavera sul vulcano e non è una moda di passaggio. Per quanto riguarda la produzione sull’isola di Salina, la storia racconta che nel 1900 più di cento navi partivano per esportare la Malvasia tipica isolana e nessuno pensava mai che la fillossera sarebbe sbarcata sull’isola, ma dopo quindici anni quando fece capolino anche nelle isole arrivata dai pali di castagno, si pensò che mai si sarebbe potuto ripiantare. Il conseguente spopolamento avvenne in modo completamente diverso da tutti gli altri luoghi siciliani, perché, tanto era redditizia questa attività, e il prodotto era ben retribuito all’estero, che consentì un esodo non drammatico, chi espatriò lo fece “con il portafogli pieno” e gli consentì di approdare in particolare in Australia e Canada facendo fortuna. Il Seminario di degustazione è stato condotto da Daniela Scrobogna docente della Fondazione Italiana Sommelier e dal titolare Marco Nicolosi, che è anche l’enologo.
Ecco l’elenco dei sette vini in degustazione:
Etna Rosato Doc 2018
Nerello Mascalese 90% Carricante 10%, impianto a Guyot, di colore buccia di cipolla, con sentori sentori floreali e fruttati lampone ciliegia e arancia sanguinella, al gusto entrata decisa ed elegante con una buona complessità di facile beva con finale di fragola. Acidità e salinità prolungata gli assi portanti
Etna Bianco Doc Superiore 2017
Annata delle migliori solo 2 pioggie nella stagione estiva una a luglio l’altra l’8 settembre, non c’era un’acino con la muffa ci racconta Nicolosi. Carricante 90% 10 % vitigni autoctoni etnei, impianti a Guyot 7.000 ceppi/ettaro, fermentazione in acciaio e imbottigliamento a 10 mesi dalla vendemmia, giallo paglierino, brillante, al naso sentori floreali e agrumate, al gusto spiccata acidità e mineralità che vira su incenso e cenere chiudendo con una nota fumè
Etna Bianco Doc Superiore Contrada Villagrande 2015
Carricante 90%, 10 % vitigni autoctoni etnei, fermentazione in botti di rovere da 500 litri. per 12 mesi e affinamento in bottiglia per un anno, giallo paglierino, luminoso e denso, al naso agrume, rosa, erbe aromatiche di macchia mediterranea, nota salina avvolgente, acidità e freschezza
Salina Bianco Igp Salina 2018
Due ettari di vigneto sopra il porto turistico di Santa Maria, 1.200 bottiglie, malvasia delle Lipari 40%, Catarratto e altri vitigni autoctoni 60%, solo acciaio, impianto a Guyot 7.500 ceppi/ettaro, giallo dorato, sentori floreali di zagara rosa bianca e poi macchia mediterranea e cappero per poi finire con sentori aromatici e salmastri come salvia e rosmarino, persistenza prolungata, con sentori agrumati
Etna Rosso Doc 2016
Annata piovosa, Nerello Mascalese 90%, Nerello cappuccio e Nerello mantellato 10%, fermentazione in acciaio per 6/10 giorni poi un anno in botti di castagno da 500 litri, di castagno perché stabilizza meglio il colore, colore rosso rubino, con sentori floreali di viola e di frutti di bosco seguiti da note erbacee tannico ma non aggressivo compensato da una spalla acida ed un frutto fresco e persistente, bilanciata acidità e sapidità
Etna Rosso Doc Contrada Villagrande 2014
Nerello mascalese 80%, nerello cappuccio 10%, nerello mantellato 10%, vinificato in acciaio e affinato per due anni in botti di castagno e un altro anno in bottiglia, alla vista colore rosso rubino, intenso e brillante, al naso note speziate e balsamiche e di erbe aromatiche con sentori di violetta, prugna, incenso, rabarbaro e arancia rossa, al palato l’acidità tiene testa al tannino rivela eleganza ed equilibrio, frutta rossa, erba e spezie è lungo e persistente
Malvasia delle Lipari Doc Passito
Malvasia delle Lipari 95%, Corinto nero 5%, 2.500 bottiglie prodotte, impianti Guyot 7.500 ceppi /E con resa 20 hl/ettaro, appassimento delle uve per 20/30 giorni giorni e fermentazione in acciaio, imbottigliamento dopo dodici mesi dalla vendemmia. Colore dorato, denso e luminoso, al naso sentori floreali, agrumi, erbe mediterranee, mirto, mandorla, al gusto grande eleganza sentori balsamici di agrumi e miele. 100g/lt di zucchero.