di Simone Cantoni
Occhio a non far confusione.
Primo, con la lonza di cui si sta per parlare quella di Dante (Inferno, canto primo, versi 31 e 32: Ed ecco quasi al cominciar de l’erta, una lonza leggera e presta molto) non ha niente a che vedere: ché l’Alighieri si riferisce a una lince (anche se poi si tratta di una allegoria della lussuria: e questo vizio – pur in senso strettamente alimentare – con il racconto di oggi c’entra eccome!). Secondo, in alcune aree del nostro Paese – tra cui certamente Lazio, Marche e Abruzzo (nelle ultime due con il diminutivo lonzino) – la lonza può indicare anche un insaccato ricavato dalla porzione superiore del collo del maiale: in sostanza quel prodotto che, nel resto dello Stivale, va sotto il nome di coppa o capocollo. In generale, invece, un po’ a tutte le latitudini della Penisola, per lonza (o, di nuovo, lonzino) s’intende il salume ottenuto dal lombo del suino (la regione dorsale del quarto posteriore dell’animale), dopo averlo speziato, salato e avviato a non lunga stagionatura, tra due e i quattro mesi (naturalmente esistono varianti geografiche: in Toscana, ad esempio, la carne viene posta in infusione nel Vin Santo. Mentre in Umbria e nelle tre regioni di quella che, per capirci, possiamo chiamare lonza di capocollo, l’insaccato a base di lombo viene spesso designato come, appunto, lombetto). Insomma, giova ripeterlo: attenzione a non equivocare.
LA LONZA… SOTTO IL DENTE
Di sicuro c’è un punto fermo: la specialità alimentare che è al centro della nostra attenzione – diversamente da quanto non di rado può avvenire esplorando la tradizione norcina nazionale – si caratterizza, sì, per un’alta densità sensoriale, ma, al contempo, per un moderato contenuto in grassi: poco più di 15 su 100 grammi totali; con le proteine attestate sui 30. Dunque, in termini di radiografia organolettica, si ha che fare con un boccone consistente (ma non necessariamente tiglioso: anche perché di norma porzionato in fette sottili); dotato di un’intensità gustativa di taglio prevalentemente sapido (con bordature piccanti); la cui frazione lipidica, giudiziosa come detto, non richiede, al bicchiere abbinato, eccessivi sforzi di slancio acido, effervescente, alcolico o tannico. Gira che ti rigira, il Sommo Poeta, pur alludendo a tutt’altro che alla mandibola, ci aveva visto giusto: la lonza è in qualche modo leggera, sebbene assai appagante al palato. Ed è stato un piacere metterne alla prova le virtù con quattro birre di altrettante tipologie diverse.
LONZA E TRADITION BOCK
Si comincia con una bassa fermentazione targata La Rü (Cornuda, Treviso): la Clitia, una Bock in versione Tradition ovvero ambrata (d’aspetto pulito e schiuma avorio) e meno aitante in alcol rispetto al disciplinare corrente: in questo caso siamo sui 5 gradi e 6. Contrassegnata alle narici da note di caramello, biscotto e nocciola, la nostra Lager presenta un’inclinazione tra morbido e abboccato che centra in pieno le istanze di mitigazione richieste dal binomio sapido-pepato del salume; il quale, è vero, in progressione tende a prevalere leggermente, quanto a profondità della traccia gustativa: ma si tratta di un’asimmetria più da cultori della pignoleria che non di effettiva incidenza pratica. Buona la prima, insomma…
LONZA E DOPPELBOCK
Si prosegue sul binario Lager scendendo di un 150 chilometri verso sud: nello specifico a Dosso (Ferrara), per idealmente bussare alle porte del BiRen, Birrificio Renazzese. Qui, tra numerose altre etichette, viene forgiata la vigorosa Sylvie, una Doppelbock da 7 gradi, il cui profilo, rispetto a quello della birra precedente, lo ricalca quasi identicamente per quanto riguarda l’estetica; e poco se ne discosta relativamente al naso, se si escludono le più incisive tendenze caramellate ed (elegantemente) etiliche. La forbice si manifesta al palato: qui la nerboruta emiliana si rivela decisamente abboccata e, insieme (il che giova al suo equilibrio intrinseco), dotata di un finale leggermente più incline all’amaricante. Ebbene, la prima peculiarità doma ancor meglio il combinato di salatura e piccantezza della lonza, in particolare tenendogli testa nella persistenza post deglutizione; mentre al contrario – in frizione con la stessa, appena citata, generosità della lonza in fatto di… cloruro di sodio – l’amaricatura della sorsata tende a recalcitrare un po’. Anche, qui, del resto, solo minime discrepanze, in un twist nell’insieme assai armonico.
LONZA E BRITISH STRONG ALE
Si passa alle alte fermentazioni, con una prima tappa in territorio anglosassone, per sorseggiare la Winston, British Strong Ale (stile assai poco praticato in Italia) firmata a Sovizzo (Vicenza) dal marchio artigianale Ofelia. Essa stessa ambrata (ma di trama visiva dosatamente velata e di schiuma più sottile) ed essa stessa di 7 gradi alcolici, questa inglesona in salsa veneta denota un olfatto lievemente più fruttato (mela e la sua buccia) rispetto alle due basse fermentazioni precedenti; e, soprattutto, per quel che c’interessa, mostra nella corporatura fianchi più stretti: nel senso di una maggiore asciuttezza, tanto da scoprire, sul centro bocca, qualche vibrazione di tendenza acida, a sollecitare la salivazione; e, a fine corsa, una curvatura amaricante (di timbro terroso) leggermente più pronunciata. Dunque, cambiano ancora le regole d’ingaggio: mentre l’appena menzionata allusione acidula dialoga (positivamente, in sovrapposizione attenuativa) con quella del salume, le luppolature della chiusura di bocca si trovano in parziale attrito con la sapidità del boccone. A smussare ogni contrasto, comunque, provvede la mano santa del lubrificante etilico… Cheers!
BIRRA E BELGIAN GOLDEN STRONG ALE
Ultima, ma non (certo) per importanza, a salire sul ring è la Toccadibò, muscolare (8.4 la gradazione) Belgian Golden Strong Ale targata Barley, firma sarda di Maracalagonis (Cagliari). Colore dorato chiaro, sottili velature, ampia schiuma bianca: questo il biglietto da visita; poi il riscaldamento prima del gong ovvero gli argomenti olfattivi: pasta frolla, frutta matura (pesca, banana e pera), fiori (zagara), miele (acacia), frutta secca (anacardo), resine (incenso) e spezie (pepe, curcuma). Infine il corpo a corpo con l’insaccato, affidato alle energie gustative di una sorsata che, sebbene di taglio secco e leggermente amaricante (il che torna a urtare la salagione del lonzino), sfrutta al meglio il proprio levigante calore etilico per chiudere in fretta ogni contraddittorio. Finale col botto per una quaterna di assoluto divertimento…
BIRRA LA RÜ
Via Bosco del Fagarè, 4 – Cornuda (Treviso)
T. 0423 839762
www.birralaru.it
info@birralaru.it
BIRRIFICIO BIREN
Via Statale 365/G – Località Dosso, Sant’Agostino (Ferrara)
T. 0532 848010
info@labirrabiren.it
www.labirrabiren.it
BIRRIFICIO OFELIA
Via dell’Artigianato, 22 – Sovizzo (Vicenza)
T. 340 4002458
info@birraofelia.it
www.birraofelia.it
BIRRIFICIO BARLEY
Zona PIP, lotto N.62/B – località Is Tramatzus, Maracalagonis (Cagliari)
T. 070 789496
info@barley.it
www.barley.it