(Le dodici bottiglie di Amarone in degustazione con il sommelier Alessio Fiorino)
Nella sala Symposium del Padiglione del Vino a Expo, si è tenuta e si ripeterà il 24 ottobre la degustazione di diverse annate delle 12 cantine che hanno dato vita nel 2009 all’Associazione delle Famiglie dell’Amarone d’Arte.
I visitatori, gli appassionati hanno potuto e potranno intraprendere un viaggio di conoscenza nella tradizione custodita dalle 12 Famiglie. L’Associazione fonda le proprie radici nei valori di storicità e arte espressa in ogni sua accezione e, da generazioni, promuovono i loro vini che provengono dalla Valpolicella zona di produzione vitivinicola di qualità. Lo scopo dell’Associazione è di mettere a frutto il patrimonio di sapere consolidato nel tempo da ognuno dei soci con un impegno rivolto alla qualità e all’innovazione, per testimoniare la tradizione di questo grande vino. Per garantire elevati standard qualitativi dal 2009, si sono date precise regole produttive con l’obiettivo di onorare la loro lunga storia. Le Famiglie dell’Amarone d’Arte appongono un ologramma esclusivo e distintivo sulle loro bottiglie di Amarone, per renderle riconoscibili e dare un visibile senso di appartenenza all’Associazione. I dodici appartenenti sono Allegrini, Begali, Brigaldara, Guerrieri Rizzardi, Masi, Musella, Speri, Tedeschi, Tenuta Sant’Antonio, Tommasi, Venturini e Zenato.
(Fruttaio con uve in appassimento)
“Come Associazione Le Famiglie dell'Amarone – commenta Sabrina Tedeschi dell’omonima famiglia presente alla prima iniziativa – abbiamo deciso di organizzare questa degustazione per far conoscere il vino di eccellenza del territorio della Valpolicella, l'Amarone appunto, e per far conoscere la nostra storia, le nostre tradizioni e la nostra cultura. È importante che ognuno di noi contribuisca a far conoscere la cultura del vino Italiano e per noi è importante far conoscere tutto il lavoro e il sapere di noi produttori dietro ad una bottiglia di Amarone”.
Durante la prima serata c’è stato un buon afflusso di visitatori. Abbiamo voluto approfondire la conoscenza di sette delle dodici presenti. Alcune riportano in etichetta la Docg attribuita all’Amarone a partire dal 2010.
(Veduta dei vigneti di Maternigo nella zona est della Valpolicella)
L’amarone di Tenuta Sant’Antonio Campo dei Gigli 2011 unisce nell’uvaggio le uve autoctone Croatine e Oseleta entrambe al 5%. L’azienda della zona ad est esegue un passaggio in botte grande di rovere francese da 500 litri. Il vino tra i più giovani aveva note distintive di frutta selvatica, di liquerizia, tabacco, spezie, cioccolato. Equilibrato nell’assaggio era intenso e persistente.
Il successivo Brigaldara dello stesso millesimo proviene da San Pietro in Cariano della zona classica. I sentori di frutta surmatura dati dall’appassimento, note speziate e profumi terziari già evidenti erano messi in risalto l’affinamento di 1 anno in barrique e di 2 in botti di rovere da 25 ettolitri. Senza dubbio nell’assaggio è risultato un più vino complesso del precedente. La nostra scelta poi è passata a Begali dello stesso comune del precedente. La famiglia proprietaria di 10 ettari produce un Amarone soprattutto con Corvina e Rondinella. Il vino affina in botti da 20 ettolitri e tonneaux per tre anni con una successiva permanenza in bottiglia per almeno 6 mesi. Nella degustazione era morbido, asciutto, con un corpo pieno e vigoroso.
L’Amarone di Zenato dell’annata 2010 comprende le uve Oseleta e Croatina oltre le tradizionali Corvina e Rondinella dai vigneti di proprietà nella zona classica. Il vino dopo 36 mesi di botti di rovere era al naso elegante, speziato, con sentori di frutta rossa matura e secca. In bocca era vellutato, avvolgente, morbido.
(Vigneto La Fabriseria di Tedeschi in Valpolicella classica)
Il nostro viaggio degustativo è proseguito con Venturini Campomasua 2009. Realizzato nella zona classica a San Floriano è ottenuta da vigneti di 30 anni di Corvina, Rondinella e Corvinone. Vinificato nel rispetto della tradizione aveva profumi intensi e una beva mordida con tannini vellutati.
Gli ultimi due vini assaggiati erano due riserve: Musella dell’omonima e Capitel Monte Olmi di Tedeschi del 2009. Il primo con il vitigno Oseleta abbinato alle predominanti Corvina, Corvinone e Rondinella affina 24 mesi in tonneau di rovere francese e in botti di maggiori dimensioni, dopo l’imbottigliamento riposa per almeno un anno prima della messa in commercio. Abbiamo preferito la degustazione olfattiva di ottima complessità rispetto all’assaggio piacevole, ma squilibrato sull’alcolicità.
L’ultimo vino prodotto anche con uve autoctone poco conosciute Negrara, Dindarella, Forsellina è ottenuto da un affinamento in botti di Slavonia per 4 anni seguiti da 6 mesi di bottiglia. I profumi di piccola frutta rossa erano ben amalgamati sia al naso che in bocca. Vino di struttura era elegante e persistente.
Tutte le etichette degustate avevano ognuna personalità ben distinte a conferma che ogni territorio ha prerogative diverse. A questo si aggiunge la scelta di ogni produttore della tipologie di uve da appassire nei tempi previsti dal disciplinare e poi vinificare.
Giovanna Moldenhauer