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La degustazione

La storia di Vigna Paronza in una verticale unica: sette annate di Chianti Classico a Milano

28 Gennaio 2016
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(I Chianti classico Vigna Paronza degustati)

di Michele Pizzillo

“Abbiamo sempre vendemmiato noi, vendendo il vino sfuso, tranne qualche centinaia di bottiglie regalate agli amici”.

Esordisce Ada Andrighetti raccontando la storia di Casale dello Sparviero. E se ne produceva parecchio vino, perché è un’azienda di 380 ettari di cui 90 vitati, collocata nel bellissimo paesaggio collinare di Castellina in Chianti, nella parte senese del Chianti classico. A metà degli anni ‘90, Ada Andrighetti decide di imbottigliare puntando solo sulla produzione tradizionale locale, il Chianti classico, invece di inseguire la moda dei supertuscan. Scelta premiante, a quanto pare, visto che i Chianti di Casale dello Sparviero, prevalentemente venduti all’estero, sono molto apprezzati in Francia. E, d’estate, poi, si può assistere ad una sorta di processione di autovetture con targhe straniere che percorrono gli 800 metri del bel vialetto costeggiato dai cipressi, per raggiungere la cantina nella speranza di conquistare qualche confezione di vino.
Non sempre è facile trovare vino disponibile – conviene telefonare prima -, perché la produzione è rigidamente controllata “sia per rispetto della vite, sia per conservare il giusto equilibrio tra la natura e gli animali del territorio, perché la natura non fa nulla di inutile”, dice la signora Ada, addentrandosi nella descrizione della sua bella proprietà ubicata nel cuore della Toscana.


(Ada Andrighetti)

Poi, argomenta “se ti accorgi che una vigna, anche piccola, di due ettari, ti da un Sangiovese unico, allora la produzione di vino diventa quasi macroscopica: 3.000 bottiglie, quando la vendemmia è eccezionale”. Questo è Vigna Paronza, un Chianti classico imbottigliato la prima volta nel 2003 e sino al 2012, non sono state imbottigliate tre vendemmie – 2005, 2009, 2011 – perché l’enologo, Attilio Paglia, non li ha ritenute all’altezza di quello che è la tipologia di vino che si vuole proporre ai consumatori. Nel frattempo arriva l’indicazione “gran selezione” e il 2012 di Vigna Paronza, in distribuzione in questi giorni, è il primo a fregiarsi di questa indicazione. Una novità che ha invogliato Ada Andrighetti ad organizzare a Milano una verticale delle sette annate del suo Chianti più raro. Un’esperienza entusiasmante perché ha permesso di seguire l’evoluzione di questo grande Chianti che, a partire da quello del 2003, non ha perduto nessuna delle sue peculiarità come austerità, struttura, personalità, equilibrio e capacità di sfidare il tempo. Tant’è vero che i fortunati degustatori partecipanti alla verticale – sarà ripetuta a Firenze il prossimo 4 febbraio, poi basta, la scorta di vecchie bottiglie è quasi esaurita – sono rimasti affascinati dalla giovanilità delle prime annate: sembrano che siano uscite dalla suggestiva cantina toscana costantemente sorvolata dagli sparvieri, da poco tempo. E con Stefano Baldinu dell’Enoteca Wine intrigato dal millesimo 2008 e si lascia scappare: “Chissà che prodotto straordinario era al suo debutto”.

Sono Chianti straordinari i prodotti di Castello dello Sparviero, che prima di essere immessi sul mercato trascorrono 18 mesi in barrique di Allier, 6 mesi in botte grande di Slavonia e 12 mesi in bottiglia. Percorso che all’ultimo millesimo, il 2012, permette di offrire al naso sentori di ciliegia sottospirito, note di vaniglia, ribes e un piacevole caramellato di fondo; al palato è potente, giustamente tannico, asciutto e con un bel retrogusto di more e tabacco. Ottimo vino per accompagnare piatti importanti di carni rosse come quello preparato da Luigi Batzella dell’Hallbar che nella Chinatown milanese difende il fortino della cucina italiana: punte di maiale cucinate per circa tre ore e servite su un risotto di fregola con zucca e mantecato con burro e salvia. Provocando una simpatica gara per individuare il millesimo giusto per questo piatto. Alla fine, ecumenicamente, si è deciso che tutte e 7 le annate di Vigna Paronza andavano bene per il piatto della cucina sostenibile di Batzella.

Mentre si discuteva dell’abbinamento, il vino rimasto nei bicchieri continuava ad aprirsi e così il sales manager dell’azienda toscana, Marco Giacopelli, ha proposto di svuotarli giustamente per l’impossibilità di poterli riassaggiare: un’idea geniale visto che si è avuto la sensazione di degustare un altro prodotto, perché il vino aveva cambiato fisionomia per i travolgenti profumi che esprimeva, l’eleganza esplosa con l’ossigenazione, e una eccezionale austerità da scaldare il cuore.
Insomma, un vino difficile da dimenticare questo Vigna Paronza.