(Luciano Piona, presidente del consorzio del Custoza Doc)
di Michele Pizzillo
Forse è nel destino di Custoza dover far parlare dello stesso avvenimento almeno due volte.
Prima con le infauste battaglie – 1848 e 1866 – che lasciarono uno scia di sangue, delle guerre di indipendenza. Adesso con qualcosa di più piacevole, di più gioioso, il vino; anzi, il bianco leggero, delicatamente aromatico che si produce sulle colline moreniche della provincia di Verona che si affacciano sul lago di Garda. Un vino che negli anni ‘70 a Milano era molto rispettato. Si può dire così? Lo chiediamo al presidente del Consorzio di tutela del Custoza Doc, Luciano Piona: “Certamente, perché era presente nelle carte dei vini dei più importanti ristoranti milanesi e, per esempio, sia Gualtiero Marchesi sia Peck non lo facevano mancare mai nelle occasioni importanti”. Poi la decadenza o, meglio, un declassamento non tanto a vino semplice e senza pretese, quanto a prodotto banale. Fu una scelta di alcune grosse aziende interessate a fare solo fatturato, a prescindere dalla qualità del prodotto. E, così, la prima battaglia è persa.
Adesso inizia la seconda battaglia, “che vogliamo vincere, perché abbiamo un prodotto veramente valido e la cui semplicità è solo rappresentata della facilità di abbinamento con i piatti, semplici o elaborati che siano – commenta Piona -. La conferma della nostra voglia di riscatto parte dal luogo scelto per la verticale di Custoza, il ristorante Vun dell’elegante Park Hyatt hotel, con uno chef come Andrea Aprea che lo abbina alle sue proposte più raffinate”.
A Milano il consorzio ha portato sei vini a partire dal millesimo 2004, sino al 2013, per dimostrare che il bianco Custoza è un grande vino che presenta caratteristiche come la freschezza, la leggera aromaticità, la considerevole bevibilità e abbinabilità, dice il direttore del consorzio, Costantino Gabardi, che ha guidato la verticale. E, poi, quando proveniente da particolari selezioni di uve effettuate nei vigneti, il Custoza mostra anche buone capacità di affinamento nel tempo. Una conferma si è avuto con la verticale milanese. Tant’è vero che il primo vino degustato, Custoza del Magro 2013 dell’azienda Monte del Fra, è un vino che qualcuno ha definito “ancora un bambino” perché necessita di qualche per esprimere tutte le caratteristiche tipiche di questo bianco veronese. Poi è il turno di due vini dell’ottima vendemmia 2011: il Custoza superiore di Villa Medici e il Custoza doc dell’azienda agricola Albino Piona, la più antica della zona, che sono già esempi di vini di buona struttura e “spiegati” dai produttori, Luigi Caprara e Silvio Piona. Il superiore ha una bella struttura e anticipa le note balsamiche che si faranno più accentuate nei vini più vecchi. Silvio Piona, invece, ha illustrato le finalità del progetto finalizzato, diciamo, a forzare la mano sulle caratteristiche del Custoza per esaltarne la struttura e la capacità di invecchiamento attraverso l’utilizzo migliore delle quattro uve – Trebbiano, Trebbianello, Cortese e Garganica – utilizzate per la produzione; e, infatti, nel suo vino si avvertono già delle bellissime note di zafferano che invogliano ad abbinarlo ad un ottimo risotto alla milanese, oltretutto giochiamo in casa. Ed è proprio Piona che consiglia di consumare il Custoza almeno dopo due anni dalla vendemmia per apprezzare tutta la sua sapidità. E, un’ulteriore conferma arriva con altri due vini della vendemmia 2008: Elianto Custoza superiore dei Fratelli Menegotti e Téra del vignaiolo Massimo Ronca che a Milano ha mandato il suo enologo, Lorenzo Dionisi, con un vino che avrebbe avviata la tropicalizzazione del frutto visto come sono accentuate le note della frutta tropicale, piena e piacevolissima. Il vino di Ronca ha un’altra caratteristica, è l’unico a non essere tappato con il sughero, ma con tappo a vite per scelta aziendale ed anche per rispondere alle richieste dei mercati esteri che praticamente assorbono tutta la produzione: Olanda, Germania, Belgio e Gran Bretagna. Infine, il “vecchio” Custoza superiore Amedeo 2004 dell’azienda agricola Cavalchina, una delle più grandi di questa doc. Con questo vino c’è la conferma che anche con l’invecchiamento l’acidità tipica del Custoza resta ancora integra. In questo caso c’è l’utilizzo del legno. Poi anche in questa cantina privilegerà l’acciaio che, a quanto pare, resta il miglior contenitore per la lavorazione delle uve utilizzate per la produzione del bianco che porta il nome di una località storica.
A sostegno della versatilità e della capacità di invecchiamento del Custoza – prima dei due anni non si avvertano difetti ma solo perché è un vino beverino – c’è la manifestazione Fish & Chef che a fine aprile chiama a raccolta un po’ di chef stellati che preparano piatti da abbinare a questo vino. Dopo la verticale c’è stato il normale invito ai giornalisti a fare qualche domanda. Abbiamo chiesto: “non è stata una scelta scellerata quella di banalizzare vini con una così ben accentuata personalità oltre alla capacità di invecchiare senza perdere le sue caratteristiche più salienti?”. Risposta? Uno spontaneo applauso di produttori e colleghi che, secondo Gabardi, racchiude la risposta da dare a chi ha capito tutto della nostra voglia di riscatto.
E, quindi, da Milano parte la seconda battaglia di Custoza, che coinvolge 1.200 ettari di vigne che danno le uve necessarie per produrre 12 milioni di bottiglie di Custoza vendute quasi prevalentemente nel Nord Italia, confida il presidente Piona. E, aggiunge: “Adesso abbiamo due obiettivi da perseguire: incrementare le vendite all’estero e ammodernare la doc Custoza”. Un denominazione che comprende il “Bianco di Custoza” o “Custoza”, “Bianco di Custoza Superiore” o “Custoza Superiore”, “Bianco di Custoza passito” o “Custoza passito” e “Bianco di Custoza spumante” o “Custoza spumante”, tutti vini ottenuti da uve Trebbiano toscano, Trebbianello (biotipo locale del Tocai friulano/Tai), Bianca Fernanda (clone locale del Cortese), Malvasia, Riesling Italico, Pinot bianco, Chardonnay e Manzoni Bianco da soli o congiuntamente presenti nel settore meridionale della fascia di colline moreniche che si sviluppano tra le vicinanze della città di Verona e il lago di Garda. A sud ovest la zona è delimitata dal fiume Mincio. Comprende in tutto o in parte i territori dei comuni di Sommacampagna, Villafranca di Verona, Valeggio sul Mincio, Peschiera del Garda, Lazise, Castelnuovo del Garda, Pastrengo, Bussolengo e Sona.
I VINI DEGUSTATI
(Albino Piona)
(Amedeo)
(Ca' del Magro)
(Elianto)
(Massimo Ronca)
(Villa Medici)