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La degustazione

La “Metamorfosi” di Roy Caceres: un viaggio nel gusto tra Sudamerica e Italia

03 Aprile 2018
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(Enzo Raneri e Roy Caceres)

di Enzo Raneri, Roma

Essendo andato per affari a Roma, da tempo avevo messo fra i miei piani una visita a Roy Caceres, che avevo già conosciuto a Vico Equense qualche anno fa, rimanendo colpito dalla ricercata fantasia nel rendere particolari le sfaccettature di un ingrediente, integrandolo con il contributo degli influssi sudamericani, suo luogo di nascita (Bogotá).

Metamorfosi significa trasformazione di un essere o di un oggetto in un altro di natura diversa, come elemento tipico di racconti mitologici o di fantasia, spesso consacrati in opere letterarie classiche: Roy Caceres applica il concetto nella sua opera gastronomica, fantasiosa, fresca e stimolante. Sicuramente un'esperienza gastronomica sorprendente e unica nel suo genere, con forti elementi di stimolo di allenate papille gustative e di sfrenatamente fantasiose cellule cerebrali. Il menu prescelto, come al solito (per me) più appagante, è quello massimo: 10 assaggi (il tutto presentato in un pranzo di meno di due ore). Ottimo il vino locale consigliato per il tutto pasto (seppur con ricarico un po alto, 285 % per l’annata). Impeccabile e fluido il servizio in sala, privo di appesantimenti comportamentali e con il massimo supporto alle esigenze (spesso ingombranti) delle mie richieste.

Ecco il racconto dei piatti degustati

Una entré confortante ed insolita, che ricorda quelle francesi, fatte con le favolose ciotoline di burro, qui sostituito mirabilmente da una crema emulsionata gelata di olio extra vergine di oliva, da assaggiare sul fantastico pane di grano siciliano madonita cotto a legna, che riesce ad esprimere gli autentici sentori e gusti fra i più ancestrali che abbia mai riconosciuto (parola di siciliano autentico).

Quindi si parte con una confortevole e rinfrescante “Spuma di patate e porri con crostacei e sedano croccante e polvere di nero di seppia”: una prima sorpresa deposta sul fondo di delicati sentori marini, stimolati dalla leggera acidità nera, addolcita dai porri,  prodromo di un esercizio gustativo pronto a ripetersi nel prosieguo.

Subito dopo la “Foglia di grano”: un finto-tacos, costruito con una foglia di bieta leggermente scottata, che serve ad afferrare (letteralmente) con la mano e contenere il gradevole tonno rosso marinato alla soia, condito con alcune erbe locali di campo, una cialda di farina di mais, crema di ceci e gel di limone. Limpida concentrazione di freschezza e levità gustativa, rilanciata dal gesto goliardico di mangiare con le mani.

Quindi, “Funghi porcini, croccante di lino e crema di blu del Monviso”: il croccante costituito da semi di lino fermentato e sesamo viene franto col cucchiaio e miscelato con la sottostante crema di Blu del Monviso con funghi cardoncelli e porcini, crudi e cotti, il cui sapore, piuttosto omologato, viene reso più interessante dal piccante fornito dalla goccia di aglio nero abbandonata quasi pudicamente fuori dal piatto (in bilico sul suo bordo).

E poi l’interessantissimo “Fegato Ficatum, rapa rossa, mirtilli e tartufo”: una deliziosa terrina di foie gras, posta sopra una sottile crosta di biscotto ai fichi e mandorle, ricoperta da veli di rapa rossa fermentata e una foglia di kikuna (una pianta aromatica asiatica dal gusto deciso di carota o di sedano), e condita con aceto di mirtilli e tartufo nero grattugiato. Uno splendido gioco di consistenze, che vale il viaggio.

Successivamente,  il classico più rappresentativo di Roy, l’“Uovo 65° carbonara”: un contenitore di ceramica a forma di uovo maculato, contenente una spuma di parmigiano, di panna, di pecorino e di albume d’uovo,  nella quale viene immerso il tuorlo di uovo precotto a 65°C, per potere poi immergere i pochi pezzi di pasta e di cotenna di maiale in crosta di parmigiano, il tutto pepato. Un simulacro del famoso piatto laziale con una minore incisività dei sapori, ma più delicata  piacevolezza gustativa.

Poi, “Anti-pasta”: una sorprendente finta pasta, derivata da un concentrato di zuppa di pesce, legata con una salsa di teste di gambero crude, gelificato con agar-agar ed essiccato a 66°C, quindi tagliato a mo’ di tagliatelle, per essere reidratate in acqua fredda e condita con gamberi gobbetti e cannolicchi crudi, gel al limone, e olio evo e completata con polvere di lattuga di mare disidratata: un esercizio tecnico di abilità con un completo appagamento del più esigente dei gourmet, essendo completamente ravvisabile la gamma completa delle componenti del gusto (dolce dei frutti di mare, salato della salsa, delicatamente amaro delle tagliatelle e acido del condimento vegetale). Un altro piatto per cui vale il viaggio.

E poi arriva un altro piatto sorprendente, anche per la sua semplicità, i “Pomodori di pasta”: tre gnocchi di polvere di pomodoro al 60%, conditi alla base con una crema fredda di ricotta di bufala, una emulsione di alici e sedano croccante e sormontati da aria di levistico. Una ennesima dimostrazione di semplicità nella applicazione di tecniche particolari, per l’ottenimento di contrasti gustativi estremamente equilibrati, seppur con una connotazione decisamente riferita a sensazioni intense. 

Un altro classico è il “Risotto opercolato”, una ciotola di legno coperta da una membrana sottilissima di funghi shiitake, che all’interno contiene risotto condito con crema di burro, funghi cardoncelli e shiitake, nocciole croccanti, foglie fresche di dragoncello e di kikuna; si serve facendo colare una crema calda di caprino, che una volta “opercolata” la membrana attraverso l’uso del cucchiaio, allaga il sottostante risotto, aggiungendogli una componente di umami al riso, mantenendone la delicatezza di base ed ottenendo una sorta di mantecatura più consistente ed una esaltazione dei sapori forti forniti dalle nocciole e dai funghi. Una curiosita sta nel fatto che, per gustarlo, viene fornito un cucchiaio di ulivo che Roy Caceres pare abbia intagliato personalmente

Quindi un dei piatti più celebri l’ “Anguilla di Comacchio”. Viene cotta lentamente alla brace per 45 minuti e glassata con salsa tara (radice fresca di zenzero, saba, aglio, cipollotto, mezzo bicchiere di Mirin, zucchero grezzo e una tazza di soia) e condita con farro franto cotto a vapore, olio sale e pepe, lische di anguilla, cipolla rossa di Tropea arrostita piastrata, polvere di Sancho e geranio odoroso e viene accompagnata da un insolito sorbetto di carpione: una esplosione di gusto di grande equilibrio di dolcezze ed acidità.

Infine la “Spalla di Agnello e mole” (peperoncini spezie e cioccolato ) con avocado crema di yogurt e foglia di lattuga cosparsa con paprica affumicata, curcuma, sesamo bianco, succo di limone e semi di chia: un gioco di acidità delicate per coprire l’intensità opposta dei tre bocconcini di carne posti sotto la foglia.

Quindi il predessert “Cioccolato bianco, blu del Monviso e gel di Porto”, una specie di cioccolatino di vera bontà e poco stucchevole, munito di forte intensità aromatica.

Infine, il dessert “Yuzu, mandorla, e camomilla”: yuzu è un agrume molto aromatico distribuito nell'Asia orientale, probabilmente un ibrido tra il mandarino e il papeda, che qui viene lavorato e, insieme ad un gelato alla camomilla e biscotti al burro noisette, posto al di sotto di un velo di latte di mandorla. Eccezionale conclusione di una pasto imperniato sulle scale russe delle delicatezze. 

E alla fine, c’erano pure i dolcini dello chef: • Savarin di mandorle crema alla vaniglia e ribes: gelatina di arancia e gel di tamarindo; lecca lecca di fondente e liquirizia 

Metamorfosi di Roy Salomon Caceres
Via Giovanni Antonelli, 30  Roma
Tel. 06 807 6839
www.metamorfosiroma.it