di Fosca Tortorelli
Il Consorzio Tutela Nebbioli Alto Piemonte ha confermato l’atteso appuntamento nel pieno rispetto della normativa anti-Covid, strutturandolo con due nuove linee: Taste Alto Piemonte Experience e Taste Alto Piemonte Wine Weeks.
Percorsi itineranti che hanno dato la possibilità di approfondire e conoscere da vicino le realtà che rientrano in questa piccola, ma densa area territoriale, culla di ben dieci vini a denominazione d’origine protetta: Boca Doc, Bramaterra Doc, Colline Novaresi Doc, Coste della Sesia Doc, Fara Doc, Gattinara Docg, Ghemme Docg, Lessona Doc, Sizzano Doc, Valli Ossolane Doc. Interessante poter vivere in modo attivo e partecipato la scoperta dei luoghi, ascoltare i racconti dei vignaioli, assaggiare vini e prodotti locali, visitare i vigneti con la guida e il confronto dei produttori stessi, per immergersi nel contesto in modo profondo. Dopo l’esperienza immersiva non è mancato il momento tecnico che per il primo anno, ha visto svolgere la degustazione tecnica a Stresa, perla del lago Maggiore, presso il Grand Hotel Des Iles Borromées, occasione che ha visto protagoniste ben 47 etichette delle aziende vitivinicole aderenti. Questo piccolo territorio vitivinicolo, un lembo di terra situato nella parte più a nord del Piemonte, che abbraccia le province di Biella, Novara, Vercelli e Verbano-Cusio-Ossola, con Verbania capoluogo, è caratterizzato da tante le denominazioni, ognuna capace di raccontare la propria identità. Novara è la provincia che conta la maggior estensione vitivinicola con 281 ettari, mentre la più piccola è quella di Verbano-Cusio-Ossola con meno di 9 ettari. Durante la tre giorni il dato importante da mettere in luce è la grande crescita riscontrata a livello generale delle diverse denominazioni; crescita derivante sicuramente anche dal cambio generazionale, che dimostra la sempre maggiore attenzione nei confronti del patrimonio trasmesso e dell’ambiente.
(Cantina di Crola)
Per entrare nel vivo di questo territorio non si può non parlare della realtà geologica di questo areale, che – come dimostrano i diversi colori della terra e della roccia – è molto diversificata. Importanza va riconosciuta al Supervulcano valsesiano, collocato in un’area che va dal comune di Balmuccia a quello di Prato Sesia, attivo 290 milioni di anni fa. Le sue importanti e notevoli eruzioni hanno portato alla formazione di una caldera (ovvero uno sprofondamento) del diametro di diversi chilometri; dopo 10 milioni di anni di attività il vulcano è entrato in una fase di inattività fino a collassare su se stesso. Quando circa 60 milioni di anni fa Africa e Europa sono entrate in collisione si sono formate le Alpi, ma in corrispondenza della Valsesia il rivoltamento della crosta terrestre ha fatto emergere le parti più profonde del sistema di alimentazione del vulcano, svelando tutto il suo apparato magmatico che un tempo si trovava a una profondità di circa 25 chilometri. Nel 2010 si è dato avvio alle procedure per l’istituzione di un Geoparco in Valsesia riconosciuto dall’Unesco che a settembre 2013 ha visto il suo inserimento come “Sesia – Val Grande Geopark” – costituito dall’area del Supervulcano, nella Rete Internazionale dei Geoparchi Unesco.
(La degustazione tecnica a Stresa)
Pertanto la variabilità dei suoli spazia dalle pietre di origine vulcanica ai sedimenti marini, dai porfidi rosa di Boca, ai terreni poco compatti e ghiaiosi molto ricchi di ferro e magnesio, fino alle morene, con grande concentrazione granitica e una complessa ricchezza minerale delle Valli Ossolane. Le morene, le sabbie e i porfidi dell’Alto Piemonte sono terreni molto acidi e conferiscono a vino strutture complesse e molto minerali. I venti freddi che vengono dal Monte Rosa e dalle Alpi determinano forti escursioni termiche e favoriscono lo sviluppo di profili aromatici singolari, che spaziano da floreale, passando per le erbe officinali e finache le spezie. Di seguito i vini che durante la degustazione hanno incarnato e sottolineato in modo puntuale le sfumature delle diverse denominazioni coinvolte:
VALLI OSSOLANE
Certo, il Prunent se ne produce ancora: bel vino, perdio, rosso rubino; secco con piacevole fondo acidulo; grana fine e scorrevole; corpo lieve ma elegante. Fino a quando? I vignaioli, incapaci di valorizzarlo – il vitigno richiede cure particolari, la produzione d’uva non è così abbondante, la vinificazione non ammette errori – si orientano su vitigni di altre qualità; al diavolo se si ottiene un vino inferiore. Hanno l’oro e lo gettano.” (L. Veronelli – Guide Veronelli all’Italia Piacevole, 1968)
Valli Ossolane Nebbiolo Superiore Prünent 2018 Cà da L’Era
Mara Toscani, figlia di viticoltori, si è trasferita in Val d’Ossola per amore; insieme al marito Marco Martini gestisce scarsi 2,5 ettari di vigneti situati tra Pieve Vergonte, Valle Anzasca e i paesi di Trontano, Crossiggia e Campoccio, con una produzione di scarse 6000 bottiglie. Il loro Prünent 2018 porta nel calice i profumi di questa splendida realtà, con le sue note di frutti aciduli, dal lampone al ribes rosso, a cui si sommano le tinte floreali e speziate. Il sorso è fresco e verticale, con un ritorno speziato di liquerizia; un vino vibrante e coerente, già godibile ma con un ottimo potenziale evolutivo.
Valli Ossolane Nebbiolo Superiore Prünent Diecibrente 2016 Cantine Garrone
Piccola realtà familiare presente in Val d’Ossola da oltre cento anni, che con cura e attenzione ha tenuto in vita la cultura agricola di questa zona continuando a vinificare le uve provenienti da 14 ettari con età superiore ai 40 anni. Tre ettari di proprietà e i restanti 11 suddivisi tra circa quaranta piccoli viticoltori. Un livello qualitativo delle uve molto alto, una vinificazione di impronta tradizionale, che vede fermentazioni delicate senza eccedere nelle estrazioni. Il risultato nel calice è evidente. Il loro Prünent Diecibrente (dove le brente sono i contenitori usati per il trasporto dell’uva) è un vino di grande eleganza e ampiezza, di grande bevibilità e lunghezza. Il profilo olfattivo dichiara la sua complessità con un intreccio di frutto dolce e scuro, floreale e di intrigante balsamicità; un vini carezzevole e intenso.
COLLINE NOVARESI
Nel I secolo d.C. Plinio lasciò una preziosa e significativa testimonianza, scrivendo: “Novariensis agricola traducum turba non contentus nec copia ramorum, impositis etiam num patibulis, palmites circumvolvit; itaque praeter soli vitia cultura quoque torva fiunt vina”. (“L‘agricoltore novarese, non contento del groviglio dei tralci, nè dell’abbondanza dei rami, dopo aver piantato nuovi pali fa scorrere i tralci sugli stessi, inoltre anche a causa di uno sbagliato uso del suolo, i vini diventano aspri”). La denominazione, riconosciuta nel 1994, comprende numerose tipologie di vino, dal Nebbiolo alla vespolina, dalla croatina al Bianco. L’area di produzione si inserisce tra i rilievi collinari adagiati tra i fiumi Sesia e Ticino dove la coltivazione delle viti è presente sin dall’epoca preromana.
Colline Novaresi Bianco Costa di Sera dei Tabacchei 2020 Alfonso Rinaldi
Alfonso Rinaldi è un rockettaro nell’anima, uno di quei vignaioli personaggi che tutti dovrebbero conoscere. Il Colline Novaresi Doc Bianco Costa di Sera dei Tabacchei è l’unico suo vino prodotto, si tratta di pochissimi esemplari di un 100% erbaluce, le viti della vigna di scarsi due ettari, guardano al tramonto e sono state piantate attorno al 1986. Da qui il nome Costa di sera perchè la vigna è rivolta verso il tramonto e Tabacchei che riprende il nome della località a Suno, paesino della provincia di Novara. Un Erbaluce esemplare e coinvolgente che profuma di fiori freschi, di agrumi ed erbe mediterranee. Coerente nel sorso, un vino di luce e di eleganza, di lunghezza e di instancabile bevibilità.
Colline Novaresi Rosato Nebbiolo Roshé 2019 Enrico Crola
L’Azienda Vitivinicola Enrico Crola nasce nel 2006 coltivando uve di proprietà e integra successivamente la lavorazione e la vinificazione di queste, la preparazione dei vini e la vendita del prodotto finito. Il sogno di Enrico di realizzare un’azienda partendo da zero diventa concreto con la realizzazione nel 2009 della prima cantina, piccola ma sufficiente per poter accogliere la prima vendemmia. Il 2014 è l’anno della svolta con la decisione di investire sempre di più, realizzando una nuova cantina molto più grande, completamente immersa nel verde e circondata dai vigneti di proprietà. La parte interrata per la lavorazione dei prodotti e la costruzione fuori terra, realizzata in legno per minor impatto ambientale, che rispecchia la filosofia di rispetto del territorio. Innovativo da sempre con la realizzazione della loro versione spumante di Nebbiolo, a cui si affianca il Colline Novaresi Rosato Nebbiolo Roshè 2019; un rosato dal carattere incisivo, caratterizzato dal profumo fruttato di ciliegia croccante e lampone, rosa e agrumi. Il sorso è teso e sapido, connotato da sensazioni di grande freschezza che rendono la beva gradevole e dinamica.
GHEMME
“Il Ghemme: eccellente, di prim’ordine. Lo definirei un Gattinara più spesso, più scuro, più violento. Meno trasparente, meno liquoroso meno raffinato: ma forse più genuino’’ (Mario Soldati). Celebrato da Fogazzaro in “Piccolo mondo antico” (il Ghemme era il vino del banchetto di gala), questo nobile vino è stato riconosciuto a Docg nel 1997. Questo storico vino del Piemonte ha un’origine risalente al IV-V millennio a.C. ed è prodotto sui rilievi collinari generati dallo scioglimento di antichi ghiacciai alpini. Si narra che in epoca romana, la produzione di questo vino fosse tale che la città di Agamium, ora Ghemme, aveva come simbolo comunale un grappolo d’uva e un mazzo di spighe di grano.
Ghemme dei Mazzoni 2017 Tiziano Mazzoni
Nel 1999 Tiziano oltre ad ereditare dal padre Natalino una vigna in zona Franconi a Cavaglio d’Agogna, acquista dei vigneti storici in zona Livelli a Ghemme e avvia l’attività di viticoltore. Dal 2005 suo figlio Gilles, spinto dalla passione per il mondo agricolo ed enologico, inizia a coltivare e vinificare con il padre. Tiziano con Rita e Gilles seguono interamente i processi delle proprie uve dalla coltivazione dei vigneti, alla vinificazione, imbottigliamento e vendita diretta dei propri prodotti. Si tratta di una piccola realtà familiare concentrata sulla qualità del prodotto, ottenuto rispettando le tradizioni tramandate di padre in figlio con un’attenzione particolare alle nuove tecnologie. Il loro Ghemme dei Mazzoni 2017 è un vino di famiglia e tradizione, proviene da una zona caratterizzata da terreni morenici e argillosi, ben drenanti e ricchi di minerali benefici. Un nebbiolo floreale, dal frutto carnoso dalla intrigante traccia balsamica, un vino, di grande eleganza e coinvolgente; succoso, ampio, agile e di buon equilibrio.
Ghemme Santa Fé 2015 F.lli Ioppa
Situata nel territorio del comune di Romagnano Sesia, tipico paese viticolo alle porte della Valsesia, da cui si può ammirare lo splendido panorama del Monte Rosa, l’azienda vitivinicola Ioppa è nella zona collinare di produzione del vino Ghemme DOCG (denominazione di origine controllata e garantita), che comprende parte del territorio di Ghemme e parte di Romagnano Sesia. Una famiglia che ha una lunga storia nel settore agricolo e vitivinicolo, sancita da un atto risalente al 1852 che attesta l’acquisto da parte di Michelangelo Ioppa di colline nelle migliori zone del comune (tra cui la Balsina) e il suo impegno a vinificare le uve raccolte. Il documento di valore storico è conservato negli archivi di famiglia, e gli appezzamenti collinari sono ancora oggi coltivati a vigneto. Gianpiero e Giorgio Ioppa sono la 6° generazione e continuano il duro lavoro portato avanti dal padre; hanno contribuito ad ottenere la denominazione DOCG per il Ghemme nel 1996, triplicato gli ettari vitati della proprietà superando i 20 ha, e costruito la nuova struttura in Frazione Mauletta, nella zona periferica di Romagnano Sesia. Questo loro Ghemme proviene da un vigneto dove l’argilla è dominante, un vino che dimostra di avere tutte le carte per una lunga evoluzione e coinvolge per il profilo olfattivo davvero intrigante, dove si alternano note floreali, di piccoli frutti rossi e neri e ancora sottobosco e spezie. Un vino che dimostra tutta la sua energia, deciso e dirompente, con un tannino setoso e fine.
Ghemme Costa del Salmino Riserva 2015 Rovellotti
La loro attività è iniziata in modo spontaneo nella vecchia cantina del nonno, con la storica finestra in cotto e tortiglione, che si trovava nel Recetto, all’Interno Castello n. 19. Oggi il ciclo produttivo è dislocato in diverse cantine, raggruppate all’interno delle mura dell’antico Recetto, nelle quali hanno luogo le diverse fasi della produzione. La loro priorità è sempre stata quella di adeguarsi alla disponibilità del Ricetto per non abbandonarlo, ritenendo di rappresentare in questo modo, sempre di più e meglio, la tradizione enoica di Ghemme. Il loro Ghemme Costa del Salmino incarna tutta la profondità di questa storica realtà, dando vita a un vino pieno, carnoso, saporito, minerale, sapido e fresco. L’olfatto rivela un frutto croccante a cui si sommano nuances floreali di lavanda e di erbe officinali. Al palato è ampio, elegante e di grande persistenza.
(Degustazione tecnica)
SIZZANO
Simile a Ghemme e Fara per tipologia di terreno ed esposizione, il Sizzano era già amato da Camillo Benso Conte di Cavour, che ne paragonò il bouquet quello del celebre Borgogna ed amava abbinarlo alla finanziera uno dei piatti tipici piemontesi. Riconosciuto Doc dal 1969, è un vino con profonde radici storiche. La viticoltura di Sizzano si sviluppa sul versante orientale della valle del Sesia, una lunga e regolare collina che si sviluppa su un asse nord-sud: un altopiano prevalentemente argilloso diviso in due strisce collinari, con colline costituite da depositi fluvio glaciali antichi di età Pleistocenica (circa 400.000 anni) con composizione eterogenea. Terreni profondi ed argillosi nella parte superiore (quella in piano), più ciottolosi e più sciolti lungo i versanti esposti a ovest, materiale ghiaioso in profondità.
Sizzano 2015 Chiovini & Randetti – Paride Chiovini
Come racconta il loro sito:”I vini di Paride Chiovini dal 1997 rappresentano l’antica tradizione agricola del territorio dell’Alto Piemonte, in tre ettari di vigneto nelle varietà di: Nebbiolo, (il nome locale è Spanna); Vespolina (detta anche Ughetta), autoctono di bacca rossa del Novarese; Uva Rara (detta anche Bonarda Novarese), anch’essa autoctona a bacca rossa ed Erbaluce Novarese. I vigneti sono condotti tra Sizzano e Ghemme, con le tecniche di conduzione stabilite dal disciplinare di produzione del Sizzano Doc, del Colline Novaresi Doc e del Docg, secondo il regolamento europeo di lotta integrata nel rispetto dell’ambiente. A partire da Febbraio 2021, la nascita della nuova Società Azienda Agricola Chiovini & Randetti, segna un’importate traguardo ma al tempo stesso una nuova sfida, con l’obiettivo di incrementare la produzione dei vini Doc e Docg e di portare l’introduzione di nuove coltivazioni tra cui lo Zafferano dell’Alto Piemonte”. Il loro Sizzano 2015 Chiovini & Randetti è un vino complesso da frutto pieno, pungente e acidulo. Regala note di ciliegia, prugna, amarena e grafite, cacao, cenni terrosi. Intenso e fine al palato, mostra un tannino presente, ma ben integrato.
FARA
Il Fara era molto apprezzato da abati, vescovi e signori che, in età medievale, si dedicavano alla coltura dei suoi vitigni non solo per fini liturgici, ma anche per assicurarsi una rendita indispensabile al sostentamento della comunità ecclesiastica, attraverso la vendita del prodotto. Nonostante la base di Nebbiolo sia percentualmente inferiore rispetto ad altri vini della zona, il Fara è molto apprezzato come prodotto da gustare “con immediatezza” e “attenzione”. È stato riconosciuto Doc nel 1969.
Fara Barton 2017 Gilberto Boniperti
L’azienda si trova a Barengo (NO), dal connubio di Sole, Terra e Tradizione nasce l’ambizione del loro progetto di lavoro e di vita, basato essenzialmente sulla ricerca della qualità. Tale progetto trova concretezza a partire dal 2003 quando, con il reimpianto del vigneto “Barton”, viene fondata l’azienda, che oggi conta 3 ettari vitati nel Comune di Barengo, impiantati a Nebbiolo, Vespolina e Barbera. Come recita il loro sito: “Sole.. Terra e Tradizione. L’intrecciarsi di passato e presente, di cultura antica e tecnica moderna in nome di un unico amore per il lavoro, la terra e i suoi frutti”. Il Fara Barton nasce dalla vigna omonima, nel comune di Briona, per circa 0,5 ettaro. Un vino dai profumi ampiamente floreali e fruttati di lampone, amarena e cassis, a cui si aggiunge la nota speziata di cardamomo e liquerizia. Delicato e profondo nel sorso, sapido e lungo.
Fara 2016 Francesca Castaldi
Sulle colline di Briona, dominate dall’imponente Rocca Sforzesca, la coltivazione della vite ha da sempre trovato un territorio ideale. Antiche testimonianze, datate intorno all’anno 1100, documentano la presenza proprio nel paese di Briona della cosiddetta Caneva di San Gaudenzio, ovvero la cantina che serviva il vescovado di Novara. La cantina Castaldi sorge oggi proprio in quelle stesse corti e dal 1997 Francesca inizia ad occuparsi dei vigneti di famiglia e comincia un’opera di rinnovamento dell’azienda. Dal 2016 Francesca è supportata da suo figlio Marco, garantendo così la continuazione della tradizione vitivinicola della famiglia. Il loro Fara 2016 è un vino espressivo, energetico ed elegante. Connotato da nuances floreali e fruttate che gli danno garbo. Al palato ha carattere e freschezza, seppur giovane dimostra tutte le potenzialità per una piena espressività futura.
BOCA
Già nel 1300 le cronache lo riportavano come “rinomato fin dall’antichità”, qui le condizioni pedoclimatiche sono favorevoli sia per il Nebbiolo che per le sue tradizionali varietà complementari quali Uva Rara e Vespolina. Le caratteristiche uniche di Boca derivano dal terreno peculiare, dominato da rocce vulcaniche (porfidi) dall’esplosione del Supervulcano Valsesia (circa 280 Ma). Le rocce sono «nude» e facilmente friabili, i colori vanno dal viola all’arancio e al rosa.
Boca 2016 Barbaglia
Siamo a Cavallirio, a pochi passi da Gattinara e Ghemme, in quella zona collinare che si trova a ridosso del Monte Fenera, dove la Valsesia prende i suoi natali e ci regala un panorama fantastico, con il Monte Rosa a dominare ogni vista. La realtà aziendale è guidata da Sergio, che è affiancato in questo suo percorso dalla figlia Silvia, donna dinamica, energetica e determinata. Quello di Sergio e Silvia Barbaglia è un Boca dalla personalità straripante, elegantissimo e complesso. L’olfatto gioca sulle note speziate di pepe senza trascurare le tracce floreali di violetta e quelle fruttate di mirtillo, lampone e ciliegia. Un vino completo e importante, complesso con la sua traccia sapida e una leggera austerità che gli dona fascino.
Boca Vigna Cristiana 2012 Podere ai Valloni
Podere ai Valloni è un’interessante realtà familiare che coltiva le sue vigne e produce vino nell’area di Boca. Una produzione di circa 10.000 bottiglie all’anno situata in cima a una collina con le vigne circondate dai boschi del Parco Naturale del Monte Fenera, che garantiscono una straordinaria ricchezza e biodiversità ambientale. Il loro Boca Vigna Cristiana 2012 è un rosso garbato e saporito connotato, da una bella salinità e una piacevole freschezza. All’olfatto si susseguono richiami alla frutta matura, alla cannella e al pepe, delineando un profilo profondo e dinamico.
(Un momento della degustazione)
COSTE DELLA SESIA
La Doc è stata riconosciuta nel 1996 e viene prodotta sulle colline che si affacciano tra la Dora Baltea ed il fiume Sesia, tra paesaggi naturali di inestimabile valore.
Coste della Sesia Nebbiolo Castellengo 2015 Centovigne
Alessandro Ciccioni vanta una tradizione vitivinicola di lungo corso che risale alla seconda metà del 1600; siamo in frazione Castellengo nel Comune di Cossato (BI sulle prealpi biellesi sotto il Monte Rosa), dove domina il Castello di Castellengo di sua proprietà che da secoli ospita la produzione di vini. Le vigne circostanti si trovano su terreni di origine glaciale marina, dove da sempre si coltivano principalmente Nebbiolo ed Erbaluce. Magda e Alessandro Ciccioni reinterpretano questa tradizione con cura e precisione, recuperando le antiche vigne e ricostituendo la storica proprietà chiamata oggi Centovigne perché composta da piccoli vigneti distribuiti sulle colline tra il Castello di Castellengo e Mottalciata, in Alto Piemonte. Il loro Nebbiolo è pulito, elegante, complesso e coinvolgente, ampio e godibile.
BRAMATERRA
Bramaterra è prodotto nel territorio di sette paesi della zona collinare sopra le Baragge, protetta dal Monte Rosa. Pare che la sua origine sia dovuta ai servi della gleba che, divenuti liberi, si stabilirono in quel territorio e coltivarono la vite, ottenendo un vino di grande pregio; il suo nome compare per la prima volta in una pergamena del 1447 e sembra voler significare l’affinità e la vocazione agricola di questo territorio. Nella parte settentrionale prevalgono suoli sabbiosi con ciottoli di porfido, mentre nella parte inferiore si possono trovare addirittura dei calcari, abbastanza insoliti nell’ Alto Piemonte. Chiamato “Vino dei Canonici” in quanto particolarmente gradito alla curia vercellese, gli viene riconosciuta la Doc nel 1979.
Bramaterra 2017 Antoniotti
La cantina Antoniotti è portata avanti da sette generazioni a partire dal 1861, Odilio ha ripreso l’attività di famiglia nel 1997 e oggi, insieme al figlio Mattia porta avanti questa tradizione familiare nei quasi 5 ettari di vigneto di proprietà. Da sempre si dedicano alla produzione di Bramaterra, il loro Bramaterra 2017 è un vino ampio e profondo, deciso ed espressivo, sa di rosa canina e viola, di frutta rossa matura e rabarbaro; di grande bevibilità, tutto giocato sulla perfetta fusione tra durezze e morbidezze. Un vino pieno, saporito, lungo e di grande eleganza.
Bramaterra 2016 Roccia Rossa
L’azienda di Gianni Boscolo è una realtà abbastanza giovane, la cui cantina si trova nel Comune di Brusnengo, quasi al centro del paese. Buona parte delle vigne acquisite hanno più di venti e sono distribuite in frazione Pianelle a Villa del Bosco. Il suo Bramaterra 2016 è davvero sorprendente, sottile e profondo, con un profilo fruttato delicato, dove emerge la nota floreale e poi balsamica e speziata di liquirizia. Un vino interessante dal sorso intenso e persistente.
LESSONA
Fu proprio con questo vino che Quintino Sella, illustre statista e più volte ministro, brindò al primo governo dell’Italia unita. Oltre un secolo dopo, nel 1976, la grande eccellenza di questo vino è stata riconosciuta con l’assegnazione della Doc. Da un punto di vista geologico Lessona è una lingua di sedimenti marini che poggia su di una roccia porfirica profonda con le sabbie del Pliocene dominano la scena. Le altitudini medie sono attorno ai 350 m slm ed il clima è abbastanza mite, perché anche qui la vicinanza del Monte Rosa contribuisce quale riparo delle correnti nordiche.
Lessona Riserva 2014 Massimo Clerico
Massimo Clerico è senza dubbio un’istituzione a Lessona, si tratta di azienda fondata nel 2004 per volontà di Massimo; la produzione si attesta su circa 10.000 bottiglie con circa 2 ettari di superficie vitata. Siamo a Lessona, comune situato ad un’altitudine compresa fra i 280 e 350 metri slm nella Provincia di Biella. Il suo Lessona Riserva è un vino coinvolgente ed espressivo, fitto nella sua trama gustativa, di grande mineralità, con una dolcezza e acidità del frutto che gli dona una personalità unica e per nulla banale.
Lessona San Sebastiano allo Zoppo 2012 Tenute Sella
Nel 1671, Comino Sella acquisisce una vigna a Lessona, le generazioni della famiglia Sella per 350 anni curano le vigne delle tenute conservandole in modo attento e rispettoso. Il loro Lessona proveniente dalla vigna omonima di proprietà rivela subito la sua eleganza e il suo essere disteso ed espressivo, coinvolgente e saporito con richiami speziati e terrosi che gli danno profondità e ampiezza.
GATTINARA
“Un sorso di Gattinara. Purché vero, si intende, non chiedo di più”. Così scriveva Mario Soldati in uno dei suoi brevi racconti dedicati ai luoghi di Piemonte a lui cari. Il Gattinara è un vino di antiche origini, i cui vigneti furono impiantati dai romani nel II secolo a.C.. Si ritiene, peraltro, che l’abitato di Gattinara sorga nel luogo dove il proconsole Quinto Lutazio Catulo sacrificò alle divinità le spoglie di guerra dei Cimbri, vinti nell’estate del 101 a.C. nei pressi di Vercelli; qui venne eretta la “Catuli Ara”, Ara di Catulo, da cui presero il nome la città ed il vino. Qualche secolo dopo, nel 1518, il cardinale Mercurino Arborio, marchese di Gattinara e Cancelliere di Carlo V, lo presentò alla Corte del Re di Spagna, facendolo conoscere alla nobiltà europea. La Docg è stata riconosciuta nel 1990.
Gattinara San Francesco 2015 Antoniolo
La Cantina Antoniolo nasce nel 1948 a Gattinara, nel Piemonte settentrionale, per opera di Mario Antoniolo. I loro 11 ettari hanno dai 35 ai 40 anni di età e crescono in zone particolarmente vocate con clima ventilato, esposizione a Sud ed un terreno porfirico di origine morenico-vulcanica. Il loro Gattinara San Francesco è un vino complesso, ampio nei profumi, coinvolgente e intrigante dove emerge l’amore per la loro terra che da sempre li caratterizza.
Gattinara 2015 Stefano Vegis
Stefano Vegis è un vero e proprio di Gattinara, le uve sono tutte di proprietà, e provengono da microparcelle di vigneti posti nei migliori terroir della denominazione, incluso mezzo ettaro circa dalla zona cru chiamata Osso. Il suo Gattinara ha un olfatto di grande eleganza, espressivo e convincente, succoso e intrigante nella sua trama gustativa, profondo e coinvolgente.
Gattinara Riserva 2015 Travaglini
La cantina Travaglini è senza dubbio una realtà di riferimenti, fondata con lungimiranza da Giancarlo nel 1958, epoca in cui i terreni venivano abbandonati a favore dell’industrializzazione. Oggi c’è la figlia Cinzia a guidare la cantina insieme al marito ed enologo Massimo Collaudo. I loro terreni sono situati a 400 metri di altitudine ai piedi della catena del Monte Rosa e sono tendenzialmente acidi, ricchi di minerali ferrosi, rocciosi e con alta presenza di granito, sormontati da un clima asciutto e ventilato e con grandi sbalzi termici. Nel loro Gattinara Riserva ritroviamo struttura e profondità, un olfatto profondo con note ferrose, ematiche. Al palato il tannino è fitto, ma per nulla invadente, fresco e di lunga persistenza. Un’area che ha davvero una pluralità di sfaccettature, come emerge dalla cultura storica di questi luoghi e dall’attenzione alla salvaguardia e alla valorizzazione delle esperienze.