Sorta tra i resti dell’antica Daunia, San Severo – che vede il primo affaccio al Mediterraneo con Marina di Lesina a una trentina di chilometri – è una delle province più popolose delle Puglia foggiana con Manfredonia e Cerignola a seguire. Di storico qui, dopo il catastrofico terremoto del 1627, è rimasto davvero ben poco. Ma è quel tanto che sa lasciare agli occhi del visitatore scorci di una storica bellezza tra edifici signorili, fregi in pietra e chiese che, saltando dal rococò al barocco, riflettono sulle facciate il bianco delle caratteristiche chianche in pietra locale che lastricano le strade del piccolo abitato cittadino. Quanto è rimasto è oggi simbolo di resistenza culturale e di tale se ne fa portatrice l’associazione Gal Daunia rurale, esempio virtuoso di come valorizzare un patrimonio di un territorio recuperando il passato, in modo da fruirne in chiave turistica.
In primis c’è allora da custodire alacremente quel senso culturale da riconoscere all’agricoltura pugliese, che dall’olivo, al grano arso, passa, poi, per il vino: con la Doc San Severo a rappresentare il più grande bagaglio della tradizione di questa terra. Nata nel 1968, la denominazione oltre a comprendere l’omonimo comune, estende il suo areale di produzione anche ai territori di San Paolo di Civitate, Torremaggiore e parte dei territori dei comuni di Apricena, Lucera, Poggio Imperiale e Lesina. In queste terre a spiccare per personalità e indubbia territorialità è, fuor dubbio, il Bombino Bianco, autoctono per eccellenza della Capitanata di Puglia. La conferma è arrivata con la kermesse “Doc Sansevero” organizzata da Pugliaidea di Ester Fracasso che tra visite e degustazioni nelle aziende aderenti al progetto pare aver dimostrato che l’alfiere del successo, per questa parte delle Puglia, sembri passare proprio da due capisaldi: il Bombino Bianco e la sua spumantizzazione.