“Il Gaglioppo è un vitigno unico per i rosati e unico per i rossi”. Così nella seconda giornata del Vinitaly 2023, il giornalista Antonio Boco apre la masterclass “Rosa Relativo. Tradizione, Vignaioli e vini a Cirò”. Cirò, terra calabra di resilienze storiche prima ancora che denominazione di tutela di un vitigno autoctono per eccellenza come il Gaglioppo. Cirò, dove prima ancora che apprezzare la diversità di un territorio – che si legge per stratificazioni e macchie di terre rosse, di calcare e sabbie, e poi di argille e arenarie – di rilevante c’è, anzitutto, il fattore umano. E a dirlo sarebbe il suo stesso disciplinare: “l’apporto umano per consolidata tradizione ha contribuito ad ottenere il vino Cirò”. Ma a dimostralo, in realtà, sono soprattutto i suoi vini. Quelli di oggi però e non quelli di ieri.
Perché strano a dirsi, ma stavolta non c’è da prendere molto spunto dal passato. Come da quel vecchio disciplinare del ‘69 che consentiva di utilizzare, per il Rosso e il Rosato Doc, tutte le uve (a bacca rossa o nera) considerate idonee, in Calabria, per la coltivazione. Li chiamavano vitigni migliorativi. Tra questi figurava non solo il Gaglioppo, il Magliocco e il Greco nero, ma anche il Merlot, il Cabernet Sauvignon e il Cabernet Franc (il cui utilizzo era, comunque, consentito fino ad un massimo del 10%). E col tempo, a ben vedere, sono stati soltanto peggiorativi. Mistificando il colore e il sapore e rendendo questo vino quanto più lontano dal vero Cirò. Né dolo né colpa, erano semplicemente quelle le tendenze del mercato degli anni ’90. Che avevano fatto perdere anche l’ultima traccia del Cirò: scarico ed essenziale nei profumi; tonico e pienamente tannico nei sapori.
Eppure “c’è un insita intimità tra la vigna e il vignaiolo in questa terra. Il Gaglioppo non è solo un vitigno, ma un elemento culturale per noi cirotani” precisa Francesco De Franco dell’azienda A Vita di Cirò. Ed è stato così che già durante la prima decade degli anni duemila la reazione all’omologazione non è stentata ad arrivare. La città calabra non faceva più solo da sfondo al mar Jonio e alle montagne della Sila, ma ad un vero e proprio cambiamento di mentalità tra vini prodotti – salvo rare eccezioni – quasi interamente da Gaglioppo. E oggi il rosato di Cirò è tutto, fuorché l’idea di un vino rosato della Provenza. Le sue cromie sembrano capovolte rispetto al luogo comune: il rosato è scuro, anzi quasi rosso, mentre il suo rosso è scarico. E sono vini che, poi, nel minore dei casi sono sapidi, fino a diventare, iodati o finanche salmastri.
E anche qui diversamente non potrebbe essere, con vigne la cui anima identitaria è dettata proprio dalla vicinanza al mare. In alcuni vigneti il Mar Ionio sfiora, infatti, il Gaglioppo e va da sé, allora, che più che di un sorso di vino, è giusto aspettarsi un sorso di mare null’affatto mediato.
Così proprio partendo da questo indice di salinità il Consorzio di Tutela Vini Doc Cirò e Melissa ha deciso, nell’edizione 2023 del Vinitaly, di offrire tre degustazioni d’autore tra il 3 e il 4 aprile che vedranno come protagoniste 22 cantine della denominazione a testimoniare tanto un’unica identità territoriale tanto una multitudine disciplinata ma autentica di singole firme stilistiche. Nella prima degustazione “Rosa Relativo” una carrellata di rosati in degustazione:
- Fezzigna – Cirò Doc Rosato 2022
- Vigneti Vumbaca – Cirò Doc Rosato 2022
- Brigante – “Zero” Calabria Igt Rosato 2022
- Dell’Acquila – Cirò Rosato Rosemanno 2021
- Cote di Franze – Cirò Dop Rosato “Cote di Franze” 2021
- Cataldo Calabretta Viticoltore – Cirò Rosato 2021
- ‘A Vita – Cirò Doc Rosato 2021
- Tenuta del Conte – “Mani contadine” Cirò Doc rosato 2021