Il futuro del Lambrusco? Da un lato proteggere la propria autenticità all’estero tramite un sistema anticontraffazione attualmente allo studio. Dall’altro, far conoscere le proprie varianti, di profumi, di persistenza e di colore ma non solo, ancora poco note, rispetto alla versione “mainstream” del vitigno emiliano: rosso, fresco, frizzante e semi-dolce. Varianti che un gruppo di operatori del settore ha potuto assaggiare in occasione della masterclass “Tutte le sfumature del lambrusco doc”, che si è tenuta alla Città del gusto del Gambero Rosso di Palermo, a Palazzo Branciforte. I 14 vini proposti, con le loro profonde differenze, fanno a pezzi un cliché. “Il Lambrusco non è più solo il vino che era 40 anni fa, oggi è il vino dei colori, dal bianco al rosso scuro”, ha spiegato Giacomo Savorini, direttore del consorzio di tutela del Lambrusco doc, che ha guidato la degustazione insieme a Giuseppe Carrus, curatore della guida “Vini d’Italia” del Gambero Rosso. “Dato che abbiamo una gamma di colori così diversi, abbiamo deciso di non catalogarli più e di lasciarli alla libera interpretazione del consumatore”, ha aggiunto.
Insomma, il ventaglio di caratteristiche che emergono dalle varietà di un solo vitigno è così ampio che non si parla più di Lambrusco, ma di “lambruschi”: si va dalla sapidità e acidità del Sorbara doc “L’Eclisse” di Paltrinieri, alla morbidezza, alla complessità e alle note fruttate del Reggiano doc “Il Ligabue” di Cantina di Gualtieri, fino alla sapidità e all’impronta tannica ben bilanciata del Grasparossa di Castelvetro doc “Sudigiri” di Pezzuoli. L’evoluzione del Lambrusco è da attribuire anche alle nuove generazioni che hanno preso il testimone di aziende storiche dell’Emilia-Romagna, come la Cleto Chiarli o che hanno fondato nuove piccole cantine, come la Ventiventi (nome dell’anno di fondazione) e la Fattoria Moretto, o ancora, dando vita a cooperative, come la Settecani o la cantina di Carpi e Sorbara. Spesso con uno sguardo attento alla sostenibilità. Sta a loro oggi la responsabilità di tutelare l’originalità di un prodotto che viene esportato in 90 paesi del mondo. Per questo, “il consorzio di tutela del Lambrusco doc sta studiando e porterà avanti una sperimentazione per la tracciabilità dei vini Igt Emilia, in particolare per la tipologia Lambrusco – conclude Savorini – in modo da garantire al consumatore, tramite un ‘bollino’ anticontraffazione, l’autenticità del prodotto fatto nel nostro territorio”.