di Michele Pizzillo
E’ la prima degustazione in Italia di vini prodotti in Albania, premette Antonello Maietta, presidente nazionale dell’Ais accogliendo gli ospiti nella nuova sede dell’associazione.
Aggiungendo che sono vini da degustare con grande attenzione intanto per il loro profilo molto originale e poi perché prodotti con uve di vitigni presenti solo in quel Paese; ed anche per valutare il comportamento di un vitigno come lo chardonnay, unico “estraneo” all’ampelografia del Paese delle Aquile; e, non ultimo, per il gesto di generosità trasmesso con questo evento, visto che i fondi raccolti saranno destinati ad Organizata Shqiptare e Dhuruesve Vullnetarë të Gjakut, organizzazione dei donatori volontari di sangue fondata a Tirana nel 2005 da Natale Capodicasa, medico originario di Pachino che vive lì da trent’anni. Come ringraziamento al premier Edi Rama che allo scoppio della pandemia, mise a disposizione dell’Italia medici e personale paramedico, sottolinea Vincenzo Vitale, sommelier originario di Palermo, impegnato a fare conoscere da noi l’enologia albanese dopo essersi trasferito a Tirana per lavoro, diventando grande conoscitore di territorio e vino albanese e, potremmo definirlo “innamorato pazzo” anche dei suoi produttori, alcuni hanno partecipato alle varie tappe delle degustazioni che si sono concluse a Milano nel “luogo sacro” della sommellerie italiana, accogliente sede nazionale Ais che si accinge ad ospitare eventi di grande rilevanza per il mondo del vino. Dove, ha confidato Maietta, abbiamo rilevato che i partecipanti alle due masterclass rappresentavano ben nove nazionalità e, quindi, la conferma che il mondo del vino è talmente unito che non conosce steccati.
(Vincenzo Vitale e Antonello Maietta)
Prima dell’avvio della degustazione, Vitale, sommelier e relatore Ais, ha tratteggiato il profilo della viticoltura albanese che nel secolo scorso, dopo la liberazione dall’occupazione dell’impero ottomano, è passata da 2.000 a 15.000 ettari vitati per ritornare ad estensioni inferiori ai 2mila ettari con l’avvento, nel 1945, della dittatura comunista a cui è seguito, a partire dal 1991, un rilancio che ha portato l’estensione del vigneto ad oltre 25.000 ettari. Molto variegato anche il territorio dove si coltiva la vite, con vigne che superano i 1.100 metri sul livello del mare mentre sulla costa, quella che più si avvicina alla Puglia, c’è una grande diffusione dell’alberello. I vitigni più diffusi sono Shesh i Bardhe e Sheshi i Zi (cioè, uve a bacca bianca e uva a bacca nera) che rappresentano il 35% della superficie vitata, seguita dai rossi Kallmet (20%) e Vlosk (7%), mentre il bianco Pules (uva utilizzata per produrre il primo metodo classico) e Serina e Zeze (entrambi nelle versioni bianche e rosse) rappresentano il 5% per concludere con Debina (sia bianco che rosso) per il 3% e la bianca Ceruja, allevata anche a pergola, per il 2%. Una caratteristica della vigna albanese è quella di non avere mai conosciuta la fillossera. Questi i vini degustati.
Pulez 2019 – Kantina Uka Farm
100% di uve Pules, con fermentazione a temperatura controllata. Il vino matura 8-10 mesi in acciaio a cui segue un affinamento di 4 mesi in bottiglia. Il colore è giallo paglierino che tende al dorato. Al naso prevalgono i sentori di frutta esotica matura e quelli di albicocca essiccata. Al palato è gradevole, con un’acidità che pur non essendo molto accentuata è ben equilibrata, assicurando al vino una buona freschezza. A presentare la cantina ai partecipanti alla degustazione è stato Flori Uka, giovane viticoltore che si è laureato a Udine per poi tornare in Albania per seguire l’azienda creata dal padre che è stato ministro dell’agricoltura dopo la caduta della dittatura comunista. Flori racconta che i suoi vini sono prodotti con uve di vigneti che non superano mai i due ettari di estensione.
Shesh i Bardhe 2018 – Kantina Alimani
La vigna è ubicata a 3 chilometri dal mare e il vino matura per 8-10 mesi in acciaio a cui segue l’affinamento per 3 mesi in bottiglia. E’ ritenuto un vino semplice con un bel colore paglierino. Al naso si sente un profumo di affumicatura, pur essendo un vino che non viene a contatto con il legno. Anche in bocca è ben presente la nota di affumicatura, unitamente ad un’acidità davvero interessante. Il produttore è Rezart Alimani che lavora anche nel Lazio, presso l’azienda Poggio delle Volpi dove aveva seguito il padre che dopo l’esproprio delle proprie vigne da parte del governo comunista, era stato costretto ad emigrare.
Shesh i Bardhe 2020 – Duka Winery
100% di uva Shesh i Bardhe proveniente da una vigna che si trova a 3 chilometri dalla costa. Il vino matura 8-10 mesi in acciaio e affina 3 mesi in bottiglia. Il colore è paglierino ma molto limpido. Al naso prevale la nota fumè sostenuta, però, da sentori agrumati. Al palato si impone la straordinaria pulizia del vino e, a seguire, una bella acidità e un finale con delicati sentori di mandorla dolce. Il gran lavoro del giovane enologo Evalt Domi è quello di fare vini semplici, di facile interpretazione e molto puliti.
Ceruja 2018 – Kantina Uka
100% di Ceruja allevata a pergola maritata in una vigna secolare che non è stata mai colpita dalla peronospera. La fermentazione avviene a temperatura controllata e criomacerazione per 48 ore. Il vino matura 8-10 mesi in acciaio e affina 3 mesi in bottiglia. Colore paglierino con riflessi verdolini. Il profumo ha qualcosa di selvatico e forse un po’ difficile da identificare. Mentre al palato si avverte un po’ di mineralità mentre la presenza di acidità si fa strada a poco a poco.
E’ un vino unico perché lo produce solo la famiglia Uka (che in albanese significa lupo, oltretutto riprodotto in etichetta) e, nello stesso tempo, anche emozionante anche per come lo ha raccontato Flori.
Chardonnay 2018 – Kantina Medaur
Lo “straniero” è “figlio” dell’enologo toscano Federico Cerelli e matura per 6 mesi in acciaio a cui segue un affinamento di 12 mesi in barrique francese. Colore paglierino limpido (si può dire che è veramente molto lucido). Anche se manca la nota agrumata, il profumo è tipico del vitigno. E’ uno chardonnay didattico che ha solo fatto un po’ di legno però, per essere fuori territorio, ha un buon bilanciamento e una bella acidità.
Shesh i Bardhe 2017 – Kantina Balaj
E qui arriviamo al vino naturale perché Artan Balaj utilizza solo uva molto matura (proveniente da una vigna sottoposta ad una temperatura che arriva ai 40° e non piove quasi mai) secondo il metodo sloveno dove ha lavorato per diversi anni; privilegia, inoltre, la macerazione lunga 30 giorni, con il vino che matura in acciaio per 8-10 mesi e affina in bottiglia per 3 mesi nella cantina ricavata in una galleria che era stata costruita per il passaggio della ferrovia. Il colore è ambrato, quasi da vino passito. Al naso prevalgono le note iodate forse dovute al fatto che la vigna è ha ridosso di una salina. Molto particolare è, poi, la nota tannica che si sente in bocca e la bella acidità che rende il vino ancora più interessante.
Shesh i Zi 2016 – Kantina Balaj
Macerazione di 35 giorni e senza controllo della temperatura. Il vino matura 12 mesi in acciaio e affina per almeno 6 mesi in bottiglia. Il colore è un rosso molto carico. Al naso è un’esplosione di fiori e di frutti rossi appena raccolti e un leggero sentore di spezie dolci. Sapidità, mineralità, speziatura e balsamicità sono i sentori che si avvertono al palato, insieme ad un tannino tendenzialmente dolce. E’ un vino che assicura delle belle emozioni.
Tempranillo 2017 – Duka Winery
Ha qualche somiglianza con il vitigno presente dalle nostre parti che in questa cantina matura 12 mesi in acciaio e affina 6 mesi in bottiglia. Il colore è rosso rubino con riflessi granato. Al naso si sentono profumi di fichi secchi e di datteri. Al palato è avvolgente, con un bel carattere che, detto alla romana da un albanese “te mbriachi manco t’accorgi” tanto è gradevole e beverino.
Medaur 2018 – Kantina Medaur
La vigna di Kallmet è allevata ad alberello e il vino matura 8 mesi in acciaio e affina 12 mesi in barrique francese con legno che fa sentire al sua presenza senza essere invadente. Il colore è rosso intenso che conserva anche per molti anni. Al naso è ben presente la rosa tipa del Kallmet oltre a delicate note del legno. In bocca è un vino avvolgente, anche se il tannino è un po’ polveroso ma controbilanciato da un finale che offre un piacevole sentore di tartufo.